L’allarme terremoti in Italia ci ricorda quanto sia indispensabile adottare delle misure cautelari per evitare le conseguenze irreparabili provocate dagli impianti chimici pericolosi
Una settimana fa, domenica 20 maggio, il nord Italia, in particolare l’Emilia Romagna, ha subito violenti scosse di terremoto. E lì dove è stato localizzato l’epicentro del sisma sarebbe dovuto sorgere un deposito di stoccaggio della Erg. Il megacentro di gas naturale è un progetto fortemente voluto dalla Ers, Erg Rivara Storage, che prevede un investimento di oltre 300 milioni di euro per stoccare 3,2 miliardi di metri cubi di gas. Se il deposito fosse stato funzionante avrebbe generato una catastrofe; fortunatamente così non è stato, ma se si considera che il territorio italiano è altamente sismico (nella storia della nostra nazione si contano circa 30.500 terremoti di media e forte intensità), e che lungo tutta la penisola esistono 1152 stabilimenti che contengono sostanze pericolose, ci si accorge di quanto sia importante non sottovalutare il R.I.R. (Rischio Incidente Rilevante).
Il concetto nacque in seguito all’incidente che si verificò il 10 luglio del 1976 a Meda, al confine di Seveso, dove avvenne un’esplosione presso l’Icmesa, un’industria chimica. Lo scoppio fece saltare la valvola di sicurezza del reattore chimico A101 sprigionando su tutta la Brianza una nube di TCDD contenente 12 chili di diossina. La Comunità Europea allarmata per i gravi danni provocati dall’evento decise di promulgare nel 1982 una normativa che fu recepita in Italia solo nel 1988; successivamente, nel 2005, questa legge fu modificata con l’introduzione di importanti operazioni di trattamento chimico o termico dei minerali e l’impiego di sostanze pericolose. Il decreto, inoltre, rivolge maggiore attenzione agli edifici frequentati dal pubblico oppure situati in aree dove sorgono zone naturali, ma soprattutto prevede il coinvolgimento delle autorità locali che hanno l’obbligo di effettuare dei sopralluoghi nelle aziende insieme alla collaborazione dei Vigili del Fuoco, dell’Ispesl (Istituto per la Sicurezza e la Prevenzione sul Lavoro) e dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la protezione dell’Ambiente). I gestori degli impianti a rischio di incidenti rilevanti, una volta adottate tutte le misure necessarie per prevenire gli eventi dannosi, ricevono il Cpi, un certificato che riporta la data di effettuazione del sopralluogo e l’esito del controllo.
Un aspetto innovativo per la prevenzione del R.I.R. è il nuovo metodo di valutazione basato sul calcolo dei segnali sintetici realistici di un sisma, metodo che è già stato sperimentato in Cina, India, Vietnam, Egitto, Algeria, Bulgaria, Romania, Spagna. In Italia ad occuparsene è la squadra seguita dal prof. Giuliano Panza del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, che impiega l’attrezzatura Apdim che consente di riprodurre gli effetti reali delle scosse di terremoto testando le caratteristiche nonché l’affidabilità dei prototipi dei dispositivi antisismici attraverso la nuova metodologia denominato Ndsha.
Quanto sia indispensabile prevenire il R.I.R. ce lo dice anche Alessandro Martelli, direttore del Centro ricerche di Bologna dell’Enea, che punta l’attenzione in particolar modo sulla Sicilia, ricordando il terribile maremoto che un secolo fa gettò onde di 11,7 metri su Messina. Le aree industriali siciliane, dichiara Martelli, sono le più esposte: Milazzo, che sta davanti alle isole Eolie, potrebbe essere colpita dall’eruzione dei vulcani sottomarini così come Priolo, nella Piana di Catania, che già nel 1963 fu distrutta da uno dei più terrificanti terremoti della storia italiana.
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