Dopo l’ultimo grave attentato, al centro della scena ancora la violenza e non il bene comune
Il Papa ha espresso, con tutta la comunità cattolica, “una ferma condanna e la commossa vicinanza alle famiglie delle vittime dei tragici attentati che giovedì hanno insanguinato le strade di Damasco”. La nota è stata diffusa da Radio Vaticana, che attraverso il portavoce Padre Lombardi ricorda anche l’appello che il Santo Padre aveva lanciato il giorno di Pasqua: ”Occorre intraprendere senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione”. Il portavoce vaticano considera che gli ultimi tragici avvenimenti dovrebbero “spingere tutti ad operare una svolta per un rafforzato impegno nel dare attuazione al Piano Annan”.
Ma in Siria la situazione non tende a migliorare: dopo i 1.000 kg di esplosivo che hanno seminato morte e distruzione a Damasco tra la gente che si recava a scuola ed a lavoro, ieri un altro attentato kamikaze è stato sventato ad Aleppo. E non è tutto: l’Agenzia Fides riferisce che famiglie cristiane a Hama sono state cacciate dalle loro abitazioni mentre un grave attentato è stato compiuto contro un sacerdote nel centro storico di Qara, in provincia di Damasco. La stessa Agenzia, lanciando un allarme per la continuazione della cosiddetta ‘rivoluzione siriana’, ha riferito che “circolano notizie terribili di famiglie intere massacrate, e vi sono quanti istigano alla guerra confessionale”, e prosegue: “ Il canale Tv salafita Channel TV Safa Cheikh Arour ha invitato l'Esercito di Liberazione siriano ad attaccare i cristiani infedeli e a perseguire i cristiani alleati con il regime”.
I presagi della strage di Damasco erano stati innumerevoli nei giorni precedenti. Poco prima il comandante del cosiddetto “esercito libero” nel corso di un’intervista aveva detto: “Siamo arrivati alla fase di picco, qualunque sia la posizione del Consiglio di Sicurezza non staremo a guardare, non siamo più in grado di sopportare e aspettare”. La comunità internazionale da tempo ha assunto un irragionevole atteggiamento ostile a qualsiasi soluzione negoziata ed ha continuato ad appoggiare unicamente l’opposizione armata, che non ha seguito tra la popolazione. Per la stragrande maggioranza i siriani sono favorevoli a un cambiamento ma contrari a trasformare il paese in un campo di battaglia.
Nonostante queste evidenze, gli organi di informazione continuano a riproporre la copia fotostatica dell’enfatizzazione romantica delle ‘rivoluzioni arabe’. La realtà richiederebbe di essere raccontata con lealtà invece nessun avvenimento sembra sia più sufficiente per portare gli uomini a riflettere, a pensare, a cambiare opinione. I paesi occidentali, in questa situazione, sembrano non sapere più che cosa sia la moralità, la pietà e il bene comune. E’ difficile comprendere come qualcuno può ancora affermare che la pace si possa costruire in questo modo. Pensare che il trionfo del bene e della giustizia possa solo avvenire sradicando il male identificato nel tiranno è un’illusione, e lo stiamo vedendo: si sta andando incontro a mali ben peggiori.
La giustizia può partire solo da un tessuto sociale incline al cambiamento, nell’unità, con la valorizzazione del positivo, è un processo necessariamente lento. L’attentato di Damasco compiuto tra la folla cercando il maggior numero di vittime ci fa comprendere che l’opposizione armata considera ogni altra considerazione etica come insignificante quando ostacola il proprio percorso. Chi ragiona e agisce in questo modo violento non può dire ancora che persegue la giustizia e la democrazia. Se l’uomo è la prima fonte del diritto, perché mai può essere trattato come carne da macello, come elemento trascurabile e sacrificabile? Chi accetta di chiamare ancora l’opposizione armata ‘esercito siriano libero’ accetta evidentemente tutta l’ipocrisia di una contraddizione in termini. E’ come se le Brigate Rosse, all’epoca degli anni di piombo, si fossero proclamate ‘esercito italiano libero’… Come può un fine ritenuto giusto da un isolato gruppo d’individui giustificare l’adozione di metodi peggiori del potere che si vuol combattere?
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