martedì, maggio 29, 2012
Trentasei pagine (LEGGI) per spiegare che “non si è acquisita alcuna prova o indizio di un coinvolgimento decisionale di qualsiasi sorta” da parte dell’ex capo della polizia Gianni De Gennaro “nell’operazione Diaz”.  

E-ilmensile - Così, “in nome del popolo italiano”, la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha assolto quello che attualmente è sottosegretario con delega all’intelligence e che undici anni fa, ai tempi del G8 di Genova, comandava le forze di polizia. Per i giudici, la mattanza della scuola Diaz è stata sì un’operazione di “violenza inusitata” compiuta “in assenza di reali gesti di resistenza nei confronti delle persone, molte straniere, presenti per trascorrervi la notte”. Ma i vertici non c’entravano niente. La colpa, semmai, fu dei “300 agenti operanti”. Parole che sembrano una mitragliata nel mucchio, che colpisce tutti e non colpisce nessuno. Durante la fase processuale, comunque, si stimò che ad intervenire fu un totale di “346 poliziotti, oltre a 149 carabinieri incaricati della cinturazione degli edifici”.

La drammatica notte del 21 luglio 2001 – quando VI reparto mobile della polizia di Stato entrò nella scuola manganellando senza pietà, fermando 93 attivisti e facendo 61 feriti, dei quali 3 finiti in prognosi riservata – rimane appesa soltanto al filo dei ricordi di chi c’era, la tanto sospirata “verità giudiziaria” non è arrivata, sul ruolo che avrebbe – o, a questo punto, non avrebbe – avuto De Gennaro non ci sono prove, niente di niente, quell’operazione di polizia era acefala, coordinata da nessuno, andata in scena così, quasi spontaneamente. I giudici romani – nell’annullare senza rinvio la condanna inflitta in appello a De Gennaro per istigazione alla falsa testimonianza – scrivono che la sentenza di secondo grado “pone confusamente in relazione la vicenda (della falsa testimonianza, ndr) ad una questione di immagine compromessa della Polizia, che, essendosi tradotta in un grave insuccesso (per le inqualificabili violenze compiute sugli occupanti della scuola Pertini), avrebbe indotto l’allora Capo della Polizia De Gennaro a prendere ogni distanza possibile dall’operazione e altresì a persuadere o esortare il Colucci a modificare le anteriori sue dichiarazioni sulla vicenda”.

Era il 17 giugno del 2010 quando De Gennaro fu condannato a un anno e quattro mesi per concorso in falsa testimonianza. L’ex capo della polizia avrebbe indotto il questore Colucci a mentire davanti ai pm che si stavano occupando dell’irruzione nella Diaz. “Rimangono obliterati nell’apprezzamento della posizione del dott. De Gennaro – si legge ancora nella sentenza – prima ancora che la concreta prova di un’effettiva condotta istigatrice” alla falsa testimonianza dell’ex questore genovese Francesco Colucci, “il movente della condotta istigatrice e la stessa rilevanza processuale del supposto falso”. La Cassazione non crede che la presenza del portavoce della polizia davanti alla scuola sia un qualcosa di probante. Lui, Roberto Sgalla, era l’uomo che quella notte di luglio non permetteva il passaggio ai legali e ai parlamentari, sostenendo che si trattasse di una “normale perquisizione” e che tutto il sangue che macchiava le pareti dell’edificio fosse dovuto a “ferite pregresse”.

Sgalla fu anche quello che – il giorno dopo la mattanza – mostrò ai cronisti le false prove che avrebbero dovuto giustificare quella nottata di follia. La storia finisce così: Gianni De Gennaro è al governo come sottosegretario, Spartaco Mortola – coimputato per falsa testimonianza e anche lui assolto – è diventato questore di Torino e porta avanti la guerra al movimento No Tav, mentre Roberto Sgalla è presidente dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive. I comandanti, insomma, sono sempre in sella, sono i fanti quelli che vanno a piedi.

Adesso, l’attesa è tutta per l’11 giugno, quando la Cassazione pronuncerà la sua sentenza sul processo principale sui fatti di Genova, quello che vede imputate 25 persone tra funzionari e agenti di polizia.

Mario Di Vito

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