lunedì, maggio 28, 2012
“La giustizia burundese è finita nell’occhio del ciclone: per molti esponenti della società civile, difensori dei diritti umani e giornalisti le ultime sentenze nel processo sull’uccisione di Ernest Manirumva rappresentano l’ennesima prova che il potere esecutivo controlla la magistratura, che ormai ha perso la sua indipendenza”: lo ha detto alla MISNA una fonte della stampa locale, esperta di questioni giudiziarie, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza.

Misna - A tre anni dall’assassinio di Manirumva, noto militante anti-corruzione che al momento della morte stava indagando su presunti acquisti illegali di armi da parte di agenti di polizia, il massimo tribunale di Bujumbura ha emesso otto condanne al carcere a vita, tre a 20 anni di detenzione e altri tre a 10 anni. Una sentenza “vergognosa” e “politicamente motivata” denunciano una quindicina di organizzazioni burundesi e internazionali, secondo le quali “non è stata fatta piena luce su questo crimine” e i “veri colpevoli” sarebbero ancora liberi.

La fonte della MISNA ha sottolineato che “le inchieste sono state svolte in modo superficiale, senza tenere conto della raccomandazione del Fbi statunitense: prelevare il Dna di alcuni responsabili della polizia nazionale e dei servizi segreti sospettati di essere coinvolti nell’omicidio”.

All’origine di critiche alla magistratura e al governo sono anche le rivelazioni sul proscioglimento avvenuto in circostanze oscure, quasi di nascosto, del presidente Pierre Nkurunziza. A denunciare l’accaduto è stato Pierre Claver Mbonimpa, responsabile di una delle principali organizzazioni burundesi per la difesa dei diritti umani, l’Aprodh. Invece di comparire in un’udienza pubblica dinanzi alla Commissione verità e riconciliazione, creata di recente, il capo dello Stato è stato assolto dalla Corte suprema, lo scorso luglio, godendo in qualche modo di un trattamento di favore. Nkurunziza, uno dei principali capi della ribellione hutu del Cndd-Fdd, era stato condannato alla pena capitale per crimini commessi nel 1998, nella fase culminante della guerra civile. Nel 2004 era stato autorizzato a rientrare in patria dopo la firma dell’accordo di pace che comprende una legge di amnistia; eletto presidente nel 2005, è stato riconfermato alla guida del Burundi nel 2010 in un voto contestato dall’opposizione.

Ora a Bujumbura cresce l’attesa per il verdetto, previsto il 20 giugno, del processo a carico di Hassan Ruvakuki, giornalista e produttore dell’emittente privata Bonesha Fm nonché corrispondente di Radio France Internationale in swahili. Arrestato lo scorso novembre nella città orientale di Canzuko, il giornalista è stato incriminato per “partecipazione ad atti di terrorismo”. Per diversi difensori dei diritti umani ed esponenti del mondo dell’informazione, Ruvakukiil sarebbe caduto in una trappola e le accuse nei suoi confronti sarebbero infondate”. In alcuni rapporti stilati negli ultimi da organizzazioni locali e dalle Nazioni Unite si esprimeva preoccupazione per un clima di intimidazione che circonda operatori dei media e gli attivisti della società civile. A essere denunciato erano anche episodi di violenza, accuse reciproche tra opposizione e governo, casi di sparizioni forzate e omicidi.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa