Domani, la Fondazione “Pangea” Onlus inaugura a Kabul, dove da anni opera a sostegno di donne e bambini, un asilo-casa accoglienza per piccoli dai 3 mesi ai 5 anni e per le loro mamme
Radio Vaticana - “E’ un segno di speranza per tutta la società afghana e un sostegno alla famiglia”, sottolinea Luca Lo Presti, presidente di Pangea, che al microfono di Gabriella Ceraso parla dei cambiamenti in corso a Kabul:
R. - Il fatto che ci siano oggi tanti mezzi blindati per le strade, ma il fatto che di fianco a loro - e non è forzatura retorica - vi siano tante rose colorate che hanno piantato, come non ho mai visto in 10 anni di Afghanistan, è un forte segno di ricerca di vita, di bellezza che va oltre i bisogni elementari. Nello stesso tempo, ancora tanti bambini per le strade sono un forte rischio perché qui è ancora diffusa la tratta di esseri umani e la tratta di organi.
D. - Il diritto all’infanzia quindi è negato sotto tanti punti di vista?
R. - Oggi muoiono tanti bambini per incuria, per mancanza di igiene, si muore per il morbillo, per la tubercolosi, più che per la guerra. Ci sono bambini che imparano a camminare prima dell’anno e immediatamente vanno in giro da soli, lavorano subito. Per questo, ridare all’infanzia il diritto al gioco, a disegnare, a colorare, per esprimere quelle sensibilità che in futuro creeranno uomini diversi, è veramente importante.
D. - Quindi c’è una voglia di futuro anche proprio, più in generale, della società? Qual è la vostra impressione oggi a Kabul?
R. - Che la vita non si possa fermare e qui lo si vede forte e chiaro. Io oggi ho molta speranza anche se c’è molta titubanza per via del ritiro delle truppe del 2014.
D. - Questa vostra casa sarà un contributo alla vita perché ha proprio l’obiettivo di sostenere da una parte i bambini in vari modi; si potranno curare, distrarsi, coltivare anche questa crescita con le proprie mamme, con la propria famiglia. E' questo l’obiettivo, il senso?
R. - L’obiettivo in sintesi è il recupero dell’infanzia, della vita futura, perché si possa sperare di superare questo dato infernale che vede l’Afghanistan come il Paese con più alta mortalità infantile e la più bassa speranza di vita sopra i 5 anni. Il grosso lavoro che noi iniziamo è un servizio che deve essere riconosciuto e accettato dalla popolazione perché mandino volentieri i loro figli e perché questo lo facciano ci deve essere un accompagnamento per tutta la famiglia e quindi per le donne: igiene, sanità assistenza al parto, scolarizzazione, formazione professionale, un prestito, perché a quel punto sviluppino economia e non debbano più mandare a mendicare i loro figli e i figli possono venire nella nostra casa Pangea.
D. - Come viene intesa e vissuta la famiglia e soprattutto come va sostenuta?
R. - La cosa che noi possiamo sperare di portare è il rispetto. Quando c’è il rispetto, questo viene portato anche dentro casa e dentro casa se c’è il rispetto c’è amore, se c’è amore c’è vita, e se c’è famiglia c’è vita, amore e rispetto.
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