Batteri mangia-petriolio, biodiversità, greggio e ritadanti a due anni dalla marea nera del Golfo del Messico
Ieri abbiamo scritto dell'inquietante esperimento a base di ritardante Corexit fatto dalla Bp sulla marea nera dellla Deepwater Horizon nel Golfo del Messico nell'estate 2010, ma l'inchiesta "An Unsettling Experiment: Dispersants in the Gulf", di Sandy Aylesworth pubblicata da "Sage Magazine" parla anche delle conseguenze subite dall'ecosistema.
GreenReport - Già nel maggio 2010 l'Huffington Post scrisse di tracce di petrolio presenti in quasi tutte le larve di granchio campionate lungo un tratto di costa di 300 miglia di costa e Susan Shaw, una tossicologa che dirige il Marine environmental research institute dice che quando i disperdenti rompono il petrolio in minuscole goccioline, queste sono in grado di permeare più facilmente le pareti cellulari degli organismi planctonici e di danneggiarli: «Il disperdente agisce come un sistema di erogazione di petrolio nell'acqua. E il petrolio contiene centinaia di composti che sono tossici per ogni organo del corpo, compresi molti agenti cancerogeni. In questo caso, il petrolio disperso è penetrato nelle pareti larvali dei granchi, distruggendole, con danni potenzialmente gravi per il loro sviluppo».
Ma i disperdenti come il Corexit 9527 e 9500 usati nel Golfo non trasportano solo il petrolio agli organi interni, possono anche aumentare la concentrazione di sostanze più tossiche del greggio: i composti policiclici aromatici (Ipa). Trasformare le masse di greggio in goccioline minute, come fanno i disperdenti, rende gli Ipa più facilmente ingeribile per piccoli pesci, filtratori, e plancton. Secondo l'oceanografo Richard Camilli, gli Ipa «Sono spesso associate a effetti biologici nocivi» e i campioni d'acqua dal Golfo raccolte due mesi dopo il disastro della piattaforma offshore della Bp hanno rivelato che la presenza di questi composti nocivi «Può essere più abbondante in profondità».
Il problema è che nessuno sembra avere idea di dove è andato a finire il petrolio che non è stato recuperato.
Il premio Nobel per la chimica Eric Adams ha studiato il petrolio disperso sotto il mare per cercare di capire perché la determinazione del destino del greggio trattato con il Corexit sia così difficile. Secondo lui aver trattato con il Corexit direttamente la fuoriuscita di petrolio dalla testata del pozzo ha portato ad una "atomizzazione" in minuscole gocce di greggio che potrebbero aver richiesto un anno per risalire in superficie nelle acque del Golfo del Messico, oppure non l'hanno mai raggiunta. In sostanza il petrolio è ancora nella colonna d'acqua e questo greggio "invisibile" pone altre minacce alla biodiversità, esponendo il esponendo plancton e le larve di pesci e crostacei ad una forte contaminazione di Ipa, a carenza di ossigeno e all'avvelenamento, con impatti duraturi che potrebbero essere gravi, dato che petrolio e disperdenti risalgono la catena alimentare.
Fortunatamente non tutti gli organismi che entrano in contatto con il petrolio ne sono danneggiati: anche greenreport.it ha riferito della scoperta di batteri mangia-petrolio che abbondano nel Golfo, organismi presenti in natura che utilizzano l'ossigeno per trasformare il greggio in componenti meno tossici e biodegradabili. I batteri divora-petrolio del Golfo del Messico si sono adattati a molte fuoriuscite naturali di idrocarburi dai fondali e quindi sono particolarmente abili nella biodegradazione del petrolio. Secondo gli scienziati le popolazioni di questi batteri sarebbe esplosa in risposta all'abbondanza di idrocarburi provocata dal disastro della Bp, come dimostrerebbe lo studio del team guidato da Terry Hazen, pubblicato da Science nell'ottobre 2010, che ha trovato una forte crescita di Proteobacteria all'interno di un "pennacchio" di petrolio a grandi profondità. Ma anche da questa ricerca è venuto fuori un risultato che contraddice la pericolosità del Corexit: il petrolio con disperdenti sembrava biodegradarsi più velocemente del greggio privo di disperdenti degli altri campioni
Ma altri scienziati hanno subito smentito lo studio di Hazen. Nello stesso numero di Science, Camilli e i suoi colleghi presentavano i risultati delle analisi di campioni d'acqua, prelevarti dallo stesso "pennacchio" di greggio in mare profondo, che avevano trovato scarse prove di biodegradazione. Probabilmente le analisi di Hazen erano state compromesse da una contaminazione di uno strumento e secondo David L. Valentine, professore di geochimica microbica all'Università della California di Santa Barbara; «Le capacità di biodegradazione del petrolio da parte dei microbi sono state grossolanamente esagerate».
Mandy Joye, un geochimico microbico dell'università della Georgia, ha detto alla Aylesworth che «Il petrolio non sembra essersi biodegrada dato in fretta. Perché i microbatteri fioriscano e devono consumare vaste chiazze di petrolio,devono essere in grado di banchettare con quantitativi sempre maggiori, sostentandosi con nutrienti per tutta la loro vita, non solo quelli che fornisce il carbon oil. Se è assente solo uno di questi nutrienti limitanti, la popolazione microbica non crescerà e il petrolio disperso non è più velocemente biodegradabile del petrolio senza disperdenti. Questa limitazione di nutrienti può impedire ai batteri del Golfo di realizzare pienamente il loro potenziale di consumatori di petrolio.
Ma se il destino del greggio resta incerto, i disperdenti sono chiaramente persistenti. Nel novembre 2010 Elizabeth Kujawinski, un chimico marino del Woods hole oceanographic institute, disse che il Corexit iniettato nelle profondità marine si era diluito ma aveva «Resistito alla biodegradazione rapida. Non sappiamo se i disperdenti hanno rotto il petrolio. Anche noi abbiamo trovato che il Corexit non se ne è andato, il che era un po' sorprendente». Nei campioni prelevati dalla Kujawinski è stato identificato il Doss, uno dei componenti che hanno causato problemi di salute dei lavoratori che hanno bonificato la marea nera dell' Exxon Valdez. «Chiaramente, l'affermazione secondo la quale il Corexit della Nalco biodegrada completamente in 28 giorni è falsa».
Ma qui stiamo parlando del più grande sversamento di petrolio nella storia della Bp e degli Usa che è avvenuta nel pionieristico offshore in acque profonde e la bonifica effettuata dalla Bp rischia di diventare un precedente per le future maree nere e questo, se continuerà ad essere propagata la favola del successo dell'utilizzo dei disperdenti, potrebbe portare ad un loro massiccio utilizzo nei prossimi sversamenti da parte dell'industria petrolifera. Si pensi che solo nelle acque degli Usa ogni anno ci sono fuoriuscite petrolifere per circa 3 milioni di galloni, con un aumento del 500% tra il 1970 e il 2009. Le fuoriuscite di greggio sono inevitabili, quindi gli investimenti nelle (inadeguate come ha dimostrato il disastro della Deepwater Horizon) tecnologie di bonifica sono indispensabile e il "semplice" Corexit potrebbe essere una tentazione fortissima.
Intanto, nei 18 mesi successivi alla marea nera nel Golfo del Messico, 22 delfini si sono arenati sulle sue spiagge, un aumento di 4 volte rispetto al periodo pre-Deeepwater Horizon, il 60% di questi insoliti decessi è avvenuto 7 mesi dopo la fuoriuscita: abbastanza a lungo perché gli effetti del greggio e dei disperdenti risalissero la catena alimentare. Anche se gli scienziati dicono che non è possibile determinare la causa, questi numeri e l'impatto su altri animali indicano chiaramente un disturbo per l'ecosistema del Golfo.
I vermi nei gorghi di petrolio e le stelle marine "impallidite" che Joye ha osservato vicino al pozzo di Macondo esploso il 20 aprile 2010 potrebbero diventeranno la norma nel Golfo del Messico. «Se gli Stati Uniti continuano a permettere che siano le trivellazioni scarsamente regolamentate a dettare il futuro del Golfo, alla fine il plancton, le larve e gli altri animali marini perderanno la loro capacità di sopravvivere alle perturbazioni degli ecosistemi più importanti», conclude Sandy Aylesworth.
GreenReport - Già nel maggio 2010 l'Huffington Post scrisse di tracce di petrolio presenti in quasi tutte le larve di granchio campionate lungo un tratto di costa di 300 miglia di costa e Susan Shaw, una tossicologa che dirige il Marine environmental research institute dice che quando i disperdenti rompono il petrolio in minuscole goccioline, queste sono in grado di permeare più facilmente le pareti cellulari degli organismi planctonici e di danneggiarli: «Il disperdente agisce come un sistema di erogazione di petrolio nell'acqua. E il petrolio contiene centinaia di composti che sono tossici per ogni organo del corpo, compresi molti agenti cancerogeni. In questo caso, il petrolio disperso è penetrato nelle pareti larvali dei granchi, distruggendole, con danni potenzialmente gravi per il loro sviluppo».
Ma i disperdenti come il Corexit 9527 e 9500 usati nel Golfo non trasportano solo il petrolio agli organi interni, possono anche aumentare la concentrazione di sostanze più tossiche del greggio: i composti policiclici aromatici (Ipa). Trasformare le masse di greggio in goccioline minute, come fanno i disperdenti, rende gli Ipa più facilmente ingeribile per piccoli pesci, filtratori, e plancton. Secondo l'oceanografo Richard Camilli, gli Ipa «Sono spesso associate a effetti biologici nocivi» e i campioni d'acqua dal Golfo raccolte due mesi dopo il disastro della piattaforma offshore della Bp hanno rivelato che la presenza di questi composti nocivi «Può essere più abbondante in profondità».
Il problema è che nessuno sembra avere idea di dove è andato a finire il petrolio che non è stato recuperato.
Il premio Nobel per la chimica Eric Adams ha studiato il petrolio disperso sotto il mare per cercare di capire perché la determinazione del destino del greggio trattato con il Corexit sia così difficile. Secondo lui aver trattato con il Corexit direttamente la fuoriuscita di petrolio dalla testata del pozzo ha portato ad una "atomizzazione" in minuscole gocce di greggio che potrebbero aver richiesto un anno per risalire in superficie nelle acque del Golfo del Messico, oppure non l'hanno mai raggiunta. In sostanza il petrolio è ancora nella colonna d'acqua e questo greggio "invisibile" pone altre minacce alla biodiversità, esponendo il esponendo plancton e le larve di pesci e crostacei ad una forte contaminazione di Ipa, a carenza di ossigeno e all'avvelenamento, con impatti duraturi che potrebbero essere gravi, dato che petrolio e disperdenti risalgono la catena alimentare.
Fortunatamente non tutti gli organismi che entrano in contatto con il petrolio ne sono danneggiati: anche greenreport.it ha riferito della scoperta di batteri mangia-petrolio che abbondano nel Golfo, organismi presenti in natura che utilizzano l'ossigeno per trasformare il greggio in componenti meno tossici e biodegradabili. I batteri divora-petrolio del Golfo del Messico si sono adattati a molte fuoriuscite naturali di idrocarburi dai fondali e quindi sono particolarmente abili nella biodegradazione del petrolio. Secondo gli scienziati le popolazioni di questi batteri sarebbe esplosa in risposta all'abbondanza di idrocarburi provocata dal disastro della Bp, come dimostrerebbe lo studio del team guidato da Terry Hazen, pubblicato da Science nell'ottobre 2010, che ha trovato una forte crescita di Proteobacteria all'interno di un "pennacchio" di petrolio a grandi profondità. Ma anche da questa ricerca è venuto fuori un risultato che contraddice la pericolosità del Corexit: il petrolio con disperdenti sembrava biodegradarsi più velocemente del greggio privo di disperdenti degli altri campioni
Ma altri scienziati hanno subito smentito lo studio di Hazen. Nello stesso numero di Science, Camilli e i suoi colleghi presentavano i risultati delle analisi di campioni d'acqua, prelevarti dallo stesso "pennacchio" di greggio in mare profondo, che avevano trovato scarse prove di biodegradazione. Probabilmente le analisi di Hazen erano state compromesse da una contaminazione di uno strumento e secondo David L. Valentine, professore di geochimica microbica all'Università della California di Santa Barbara; «Le capacità di biodegradazione del petrolio da parte dei microbi sono state grossolanamente esagerate».
Mandy Joye, un geochimico microbico dell'università della Georgia, ha detto alla Aylesworth che «Il petrolio non sembra essersi biodegrada dato in fretta. Perché i microbatteri fioriscano e devono consumare vaste chiazze di petrolio,devono essere in grado di banchettare con quantitativi sempre maggiori, sostentandosi con nutrienti per tutta la loro vita, non solo quelli che fornisce il carbon oil. Se è assente solo uno di questi nutrienti limitanti, la popolazione microbica non crescerà e il petrolio disperso non è più velocemente biodegradabile del petrolio senza disperdenti. Questa limitazione di nutrienti può impedire ai batteri del Golfo di realizzare pienamente il loro potenziale di consumatori di petrolio.
Ma se il destino del greggio resta incerto, i disperdenti sono chiaramente persistenti. Nel novembre 2010 Elizabeth Kujawinski, un chimico marino del Woods hole oceanographic institute, disse che il Corexit iniettato nelle profondità marine si era diluito ma aveva «Resistito alla biodegradazione rapida. Non sappiamo se i disperdenti hanno rotto il petrolio. Anche noi abbiamo trovato che il Corexit non se ne è andato, il che era un po' sorprendente». Nei campioni prelevati dalla Kujawinski è stato identificato il Doss, uno dei componenti che hanno causato problemi di salute dei lavoratori che hanno bonificato la marea nera dell' Exxon Valdez. «Chiaramente, l'affermazione secondo la quale il Corexit della Nalco biodegrada completamente in 28 giorni è falsa».
Ma qui stiamo parlando del più grande sversamento di petrolio nella storia della Bp e degli Usa che è avvenuta nel pionieristico offshore in acque profonde e la bonifica effettuata dalla Bp rischia di diventare un precedente per le future maree nere e questo, se continuerà ad essere propagata la favola del successo dell'utilizzo dei disperdenti, potrebbe portare ad un loro massiccio utilizzo nei prossimi sversamenti da parte dell'industria petrolifera. Si pensi che solo nelle acque degli Usa ogni anno ci sono fuoriuscite petrolifere per circa 3 milioni di galloni, con un aumento del 500% tra il 1970 e il 2009. Le fuoriuscite di greggio sono inevitabili, quindi gli investimenti nelle (inadeguate come ha dimostrato il disastro della Deepwater Horizon) tecnologie di bonifica sono indispensabile e il "semplice" Corexit potrebbe essere una tentazione fortissima.
Intanto, nei 18 mesi successivi alla marea nera nel Golfo del Messico, 22 delfini si sono arenati sulle sue spiagge, un aumento di 4 volte rispetto al periodo pre-Deeepwater Horizon, il 60% di questi insoliti decessi è avvenuto 7 mesi dopo la fuoriuscita: abbastanza a lungo perché gli effetti del greggio e dei disperdenti risalissero la catena alimentare. Anche se gli scienziati dicono che non è possibile determinare la causa, questi numeri e l'impatto su altri animali indicano chiaramente un disturbo per l'ecosistema del Golfo.
I vermi nei gorghi di petrolio e le stelle marine "impallidite" che Joye ha osservato vicino al pozzo di Macondo esploso il 20 aprile 2010 potrebbero diventeranno la norma nel Golfo del Messico. «Se gli Stati Uniti continuano a permettere che siano le trivellazioni scarsamente regolamentate a dettare il futuro del Golfo, alla fine il plancton, le larve e gli altri animali marini perderanno la loro capacità di sopravvivere alle perturbazioni degli ecosistemi più importanti», conclude Sandy Aylesworth.
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