martedì, giugno 19, 2012
Secondo la testimonianza di Jo Chung-Hee, ex membro del Partito, convertito al cristianesimo, nei 6 campi di lavoro sparsi per il Paese lavorano leader religiosi (per la maggior parte cristiani) e detenuti politici. Nel 2008 i detenuti erano almeno 900mila, ma la carestia li ha decimati. 

Seoul (AsiaNews) - Almeno 200mila persone sono rinchiuse nei campi di lavoro del regime della Corea del Nord. Di questi, circa il 20 % è di fede cristiana e vive nei campi da più di un decennio. Inoltre, molti dei detenuti non hanno alcuna speranza di uscire vivi da questa situazione, dato che secondo l'ideologia coreana un criminale rimane tale "per almeno 3 generazioni". È quanto emerge dalla testimonianza di Jo Chung-Hee, ex membro del Partito comunista coreano fuggito in Occidente e convertito al cristianesimo.

Secondo i dati in suo possesso, nel Paese sono in attività 6 campi di lavoro. Di questi il più temibile è il Campo 14, conosciuto come Distretto di controllo totale: da questo posto, dove vivono come schiavi almeno 50mila prigionieri, non si può uscire vivi.

Esiste poi il Campo 22, di un'estensione pari a quella di Los Angeles, dove si praticano esperimenti sui prigionieri. Anche qui, i detenuti sono circa 50mila. Infine c'è il Campo 25, gestito dalla polizia segreta, dove sono imprigionati leader religiosi e presunte spie occidentali.

Sono pochissimi, secondo Jo, i nordcoreani che sono sopravvissuti a questi campi. La media delle sentenze imposte ai prigionieri è pari a 15 anni, ma il carico di lavoro e le torture contro i detenuti abbassano la media dell'aspettativa di vita a 7 anni. Nei Campi a volte vengono rinchiuse intere famiglie, che di fatto il regime usa come schiavi per la produzione industriale pesante e per l'estrazione di carbone.

Dopo la Guerra coreana (1950-1953), Kim Il-sung - primo presidente e "padre della patria" nordcoreana - ha deciso l'apertura dei campi di lavoro per tenere sotto controllo, sfruttandoli dal punto di vista lavorativo, i soldati del Sud arrestati nel corso del conflitto. Nel giro di 5 anni, però, i Campi hanno iniziato a riempirsi di dissidenti politici e contestatori: i più colpiti sono stati i leader religiosi e i fedeli, soprattutto cristiani, che si opponevano al regime.

Secondo alcuni dati pubblicati nel 2008, nei Campi erano imprigionate circa 900mila persone. Il calo drastico del numero deriva dal fatto che la carestia del 2009 ha decimato la popolazione carceraria, del tutto ignorata dal punto di vista umanitario dal regime comunista.

di Joseph Yun Li-sun

Sono presenti 4 commenti

Anonimo ha detto...

aauahuahuahaahuahuaha certo che le sapete inevntare bene le storielle....complimenti! Siete meglio del tg la7

Anonimo ha detto...

Bravo Anonimo! Perfettamente d'accordo! La storia non vi ha insegnato nulla? Questo Jo Chung-Hee altro non è che un nuovo Krusciov, un nuovo Liu Shaoqi, un nuovo Deng Xiaoping, che inventa menzogne sul socialismo (ovviamente dietro pagamento profumato di capitalisti) per sobillare la reazione internazionale contro la dittatura del proletariato. Un po' di cervello (oltre che di onestà e sincerità) non guasta, "cari" borghesi...

Anonimo ha detto...

Cari anonimi, Amnesty International denuncia gravi violazioni dei diritti umani in Nord Corea analoghi a quelli denunciati da Jo Chung-Hee. Ma si vede che aanche Amnesty International così come lo Human Rights Watch sono al soldo di capitalisti occidentali senza scrupoli! Il vostro livello di ideologizzazione è tale da non consentirvi di cogliere la verità. Forse se iniziaste a studiare, vi accorgereste che i regimi comunisti non sono nuovi a questo tipo di metodi. Se poi pensate che la Corea del Nord sia "il sol dell'avvenire", vi esorto ad andare ad abitare da quelle parti per rendervi conto di persona delle amenità del comunismo reale (non di quello che esiste soltanto nelle vostre menti bacate)!

Anonimo ha detto...

quello che c'è in corea del nord non e comunismo..

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