A causa della crisi economica cala la produzione industriale in tutto il Nord Italia, con un risvolto positivo per l'ambiente e la salute
Città Nuova - In questi tempi di crisi di produzione industriale e di lavoro che manca, qualche dato positivo, che ha risvolti sulla salute dei cittadini, c’è. Gli impianti industriali collocati in Piemonte hanno infatti prodotto una percentuale minore di anidride carbonica rispetto ai limiti imposti dall’Unione Europea. Dei 124 impianti presenti, solo 32 (ossia il 26 per cento) producono un surplus di emissioni, ma in totale il Piemonte è a meno 28 per cento. È quanto emerge dall’analisi di EcoWay, primaria società di consulenza attiva nell’ambito del Carbon Trading e del Climate Change, basata sui risultati dell’indagine annuale che fotografa l’andamento delle emissioni di gas serra rispetto ai comparti produttivi.
Solo il Veneto (dove la crisi economica si sta facendo sentire con forza) fa meglio del Piemonte, raggiungendo un -34 per cento. Il Nord Italia è tutto entro i parametri (la Lombardia si attesta a -15 e il Trentino a -18) con percentuali molto superiori alla media nazionale che pure vede un Paese complessivamente virtuoso (-3 per cento di emissioni rispetto ai permessi concessi). In base alla stessa ricerca, un surplus di produzione di emissioni sarebbe stato registrato nel Lazio (+65 per cento), in Puglia (+14) e Sicilia (+13). «Le aziende che non rispettano i limiti previsti vengono multate: 100 euro per ogni tonnellata di Co2 non coperta - spiega il presidente di EcoWay, Guido Busato, che aggiunge – Il dato, a livello nazionale, che vede il nostro Paese al di sotto dei parametri imposti da Bruxelles con un -3 per cento è segno positivo di attenzione e cura, ma ha però anche un risvolto negativo perché è da valutare alla luce della diminuzione delle produzioni causata dalla crisi». I permessi di emissione di Co2 vengono concessi sul territorio nazionale in base alle presenza di attività produttive. Attualmente, i principali settori sottoposti alla normativa sono: attività energetiche, raffinazione, cementifici, produzione di materiali ferrosi, produzione di vetro, industria della ceramica e produzione di carta. All’elenco si aggiungono, da quest’anno, anche le compagnie aeree. Nel 2011, il totale di emissioni allocato al Piemonte è stato di quasi 14mila migliaia di tonnellate mentre la soglia raggiunta è stata di poco più di 10mila migliaia di tonnellate. Nel triennio dal 2008 al 2010 la regione ha conseguito un livello di emissioni sempre inferiore alla soglia prevista per una percentuale che è passata dal -16 per cento al -31 per cento nel 2009 per poi raggiungere il -29 per cento nel 2010. Le attività energetiche sottoposte alla normativa risultano tutte al di sotto della soglia di produzione di anidride carbonica: l’industria della ceramica (-46 per cento), ma anche le attività energetiche (-36) e i cementifici (-14). Unica eccezione in questo quadro è la raffinazione che supera del 4 per cento i livelli previsti. Gli stati membri dell’Unione Europea hanno fissato, per le aziende dei settori maggiormente inquinanti, un tetto massimo di emissioni tollerate. Se la quota prodotta è inferiore al livello previsto, l’azienda può vendere le proprie eccedenze sul mercato sotto forma di veri e propri titoli finanziari. Al contrario, se durante l’anno l’impresa ha prodotto più inquinamento, deve comprarli per ristabilire l’equilibrio.
Città Nuova - In questi tempi di crisi di produzione industriale e di lavoro che manca, qualche dato positivo, che ha risvolti sulla salute dei cittadini, c’è. Gli impianti industriali collocati in Piemonte hanno infatti prodotto una percentuale minore di anidride carbonica rispetto ai limiti imposti dall’Unione Europea. Dei 124 impianti presenti, solo 32 (ossia il 26 per cento) producono un surplus di emissioni, ma in totale il Piemonte è a meno 28 per cento. È quanto emerge dall’analisi di EcoWay, primaria società di consulenza attiva nell’ambito del Carbon Trading e del Climate Change, basata sui risultati dell’indagine annuale che fotografa l’andamento delle emissioni di gas serra rispetto ai comparti produttivi.
Solo il Veneto (dove la crisi economica si sta facendo sentire con forza) fa meglio del Piemonte, raggiungendo un -34 per cento. Il Nord Italia è tutto entro i parametri (la Lombardia si attesta a -15 e il Trentino a -18) con percentuali molto superiori alla media nazionale che pure vede un Paese complessivamente virtuoso (-3 per cento di emissioni rispetto ai permessi concessi). In base alla stessa ricerca, un surplus di produzione di emissioni sarebbe stato registrato nel Lazio (+65 per cento), in Puglia (+14) e Sicilia (+13). «Le aziende che non rispettano i limiti previsti vengono multate: 100 euro per ogni tonnellata di Co2 non coperta - spiega il presidente di EcoWay, Guido Busato, che aggiunge – Il dato, a livello nazionale, che vede il nostro Paese al di sotto dei parametri imposti da Bruxelles con un -3 per cento è segno positivo di attenzione e cura, ma ha però anche un risvolto negativo perché è da valutare alla luce della diminuzione delle produzioni causata dalla crisi». I permessi di emissione di Co2 vengono concessi sul territorio nazionale in base alle presenza di attività produttive. Attualmente, i principali settori sottoposti alla normativa sono: attività energetiche, raffinazione, cementifici, produzione di materiali ferrosi, produzione di vetro, industria della ceramica e produzione di carta. All’elenco si aggiungono, da quest’anno, anche le compagnie aeree. Nel 2011, il totale di emissioni allocato al Piemonte è stato di quasi 14mila migliaia di tonnellate mentre la soglia raggiunta è stata di poco più di 10mila migliaia di tonnellate. Nel triennio dal 2008 al 2010 la regione ha conseguito un livello di emissioni sempre inferiore alla soglia prevista per una percentuale che è passata dal -16 per cento al -31 per cento nel 2009 per poi raggiungere il -29 per cento nel 2010. Le attività energetiche sottoposte alla normativa risultano tutte al di sotto della soglia di produzione di anidride carbonica: l’industria della ceramica (-46 per cento), ma anche le attività energetiche (-36) e i cementifici (-14). Unica eccezione in questo quadro è la raffinazione che supera del 4 per cento i livelli previsti. Gli stati membri dell’Unione Europea hanno fissato, per le aziende dei settori maggiormente inquinanti, un tetto massimo di emissioni tollerate. Se la quota prodotta è inferiore al livello previsto, l’azienda può vendere le proprie eccedenze sul mercato sotto forma di veri e propri titoli finanziari. Al contrario, se durante l’anno l’impresa ha prodotto più inquinamento, deve comprarli per ristabilire l’equilibrio.
Tobia Di Giacomo
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