Il Giappone è in ginocchio per la chiusura delle centrali atomiche, imposta sull’onda dell’emozione popolare dopo il disastro di Fukushima. Ora la società, che ha pagato miliardi di yen di danni al Paese, cerca di far ripartire il settore. E il governo stanzia mille miliardi per aiutarli. Uno scienziato di Singapore: “Con i giusti controlli, l’atomica è molto più sicura dei combustibili fossili”.
Tokyo(Asianews) - La Tokyo Electric Power Co. (Tepco) si sta preparando per riattivare entro il prossimo anno la più grande centrale atomica del mondo, danneggiata e chiusa per riparazioni dopo il terremoto che nel 2007 ha colpito il Giappone. La Tepco, proprietaria anche della centrale di Fukushima, lavora in stretta collaborazione con il governo: nonostante le proteste politiche e popolari, il primo ministro nipponico Noda ha infatti dato il via alla ripresa delle produzione di energia nucleare.
Naomi Hirose, 59enne presidente della Tepco, ha spiegato in un'intervista che riattivare la stazione Kashiwazaki Kariwa "fa parte del nostro piano A per salvare il Paese dal crack energetico. E non abbiamo un piano B". Nei fatti, anche la compagnia si trova in una situazione disastrata: il terremoto e lo tsunami che un anno fa colpirono la zona di Fukushima, provocando la parziale fusione del nocciolo della centrale, sono costati alla compagnia miliardi di yen.
Ora però il governo spera di ripartire, anche perché i prezzi dell'energia e della produzione industriale stanno mettendo in ginocchio l'economia nazionale. Tokyo ha stanziato mille miliardi di yen - quasi 12,6 miliardi di dollari - per abbassare il costo dell'elettricità e riparare le centrali. Ma i test di sicurezza imposti dal ministero dell'Energia alle 50 centrali nucleari del Paese sono talmente rigidi che soltanto 2 hanno ottenuto il permesso di riattivarsi. Secondo Tomoko Murakami, analista dell'Istituto energetico ed economico della capitale, "pensare di riattivare la Kashiwazaki entro un anno è solo un pio desiderio".
Prima della crisi di Fukushima, in Giappone il 30 % dell'energia per uso civile era generata dalle centrali nucleari. I programmi del governo prevedono nel lungo termine una riduzione della dipendenza dal nucleare, impraticabile al momento, a favore delle energie rinnovabili: ieri il Parlamento ha approvato uno stanziamento di fondi per sostenere questo campo energetico, ma ha sottolineato che vi vorrà "molto tempo" prima che possa competere con l'energia atomica.
Il settore industriale nipponico ha premuto sin dai primi giorni dopo il disastro per riattivare le centrali e ha ottenuto il ritorno del nucleare grazie a dati oggettivi, tra cui il serio rischio di blackout, che indicano che il fabbisogno energetico della popolazione non può essere soddisfatto senza ricorrere al nucleare o ridurre sensibilmente il tenore di vita degli abitanti. Un esempio su tutti il ricco Kansai (Giappone centrale), dove le stime rimarcano un calo produttivo del 15 % sul picco della domanda estiva.
Secondo il professor Augustin Boey, ricercatore nel campo dell'energia atomica presso l'Università di Singapore, "le energie rinnovabili come quella nucleare sono la chiave per lo sviluppo delle nazioni industrializzate, che devono tenere conto di una richiesta sempre maggiore di energia. Con un serio controllo internazionale e nazionale, teso a garantire la sicurezza, questo campo non è causa di allarme. Mentre lo è sicuramente continuare a basarsi sull'energia che deriva dai carburanti fossili".
Tokyo(Asianews) - La Tokyo Electric Power Co. (Tepco) si sta preparando per riattivare entro il prossimo anno la più grande centrale atomica del mondo, danneggiata e chiusa per riparazioni dopo il terremoto che nel 2007 ha colpito il Giappone. La Tepco, proprietaria anche della centrale di Fukushima, lavora in stretta collaborazione con il governo: nonostante le proteste politiche e popolari, il primo ministro nipponico Noda ha infatti dato il via alla ripresa delle produzione di energia nucleare.
Naomi Hirose, 59enne presidente della Tepco, ha spiegato in un'intervista che riattivare la stazione Kashiwazaki Kariwa "fa parte del nostro piano A per salvare il Paese dal crack energetico. E non abbiamo un piano B". Nei fatti, anche la compagnia si trova in una situazione disastrata: il terremoto e lo tsunami che un anno fa colpirono la zona di Fukushima, provocando la parziale fusione del nocciolo della centrale, sono costati alla compagnia miliardi di yen.
Ora però il governo spera di ripartire, anche perché i prezzi dell'energia e della produzione industriale stanno mettendo in ginocchio l'economia nazionale. Tokyo ha stanziato mille miliardi di yen - quasi 12,6 miliardi di dollari - per abbassare il costo dell'elettricità e riparare le centrali. Ma i test di sicurezza imposti dal ministero dell'Energia alle 50 centrali nucleari del Paese sono talmente rigidi che soltanto 2 hanno ottenuto il permesso di riattivarsi. Secondo Tomoko Murakami, analista dell'Istituto energetico ed economico della capitale, "pensare di riattivare la Kashiwazaki entro un anno è solo un pio desiderio".
Prima della crisi di Fukushima, in Giappone il 30 % dell'energia per uso civile era generata dalle centrali nucleari. I programmi del governo prevedono nel lungo termine una riduzione della dipendenza dal nucleare, impraticabile al momento, a favore delle energie rinnovabili: ieri il Parlamento ha approvato uno stanziamento di fondi per sostenere questo campo energetico, ma ha sottolineato che vi vorrà "molto tempo" prima che possa competere con l'energia atomica.
Il settore industriale nipponico ha premuto sin dai primi giorni dopo il disastro per riattivare le centrali e ha ottenuto il ritorno del nucleare grazie a dati oggettivi, tra cui il serio rischio di blackout, che indicano che il fabbisogno energetico della popolazione non può essere soddisfatto senza ricorrere al nucleare o ridurre sensibilmente il tenore di vita degli abitanti. Un esempio su tutti il ricco Kansai (Giappone centrale), dove le stime rimarcano un calo produttivo del 15 % sul picco della domanda estiva.
Secondo il professor Augustin Boey, ricercatore nel campo dell'energia atomica presso l'Università di Singapore, "le energie rinnovabili come quella nucleare sono la chiave per lo sviluppo delle nazioni industrializzate, che devono tenere conto di una richiesta sempre maggiore di energia. Con un serio controllo internazionale e nazionale, teso a garantire la sicurezza, questo campo non è causa di allarme. Mentre lo è sicuramente continuare a basarsi sull'energia che deriva dai carburanti fossili".
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