domenica, giugno 10, 2012
Dopo lo scandalo suscitato dalla lettera di don Carron pubblicata nel libro di Giancarlo Nuzzi, l'arcivescovo di Milano ha ribadito la continuità con Martini e Tettamanzi e la grande stima nei loro confronti. E il Vicario Generale della diocesi milanese chiederà chiarimenti a don Carron e ai responsabili di CL su quella lettera del marzo 2011...

di Alberto Giannino

A Milano è scoppiato un casus belli per le rivelazioni del libro "Sua Santità" di Giancarlo Nuzzi, che pubblica, tra le altre cose, la lettera ricevuta nel marzo del 2011 dall’allora nunzio apostolico italiano Giuseppe Bertello e inviata dal leader di Comunione e Liberazione don Julian Carron durante le consultazioni per la scelta del successore di Tettamanzi. La lettera proponeva il cardinale Scola come successore di Tettamanzi e parlava di una necessaria e doverosa discontinuità dopo 30 anni di governo della chiesa milanese da parte dei cardinali Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi frutto di alcune ingerenze politiche. In effetti poi Scola divenne arcivescovo di Milano, scelto personalmente da Benedetto XVI e non già perché proposto da don Carron, ma in quella lettera si accusava la chiesa milanese di "intimismo e moralismo", di un insegnamento teologico "che si discostava in molti punti dalla Tradizione e dal Magistero" e da posizioni "relativistiche" nel mondo della cultura.

In ogni caso, Scola ha incaricato il Vicario Ggenerale della diocesi, mons. Mario Delpini, di convocare don Julian Carron e i responsabili del movimento ecclesiale di CL per i dovuti chiarimenti. Un fatto che non ha precedenti. Inoltre ha ribadito la continuità con i suoi predecessori e ha riconosciuto che la Scuola della Parola, la Cattedra dei non credenti, le Scuole di formazione alla politica e il Fondo economico di aiuto alle famiglie in difficoltà sono state importanti e significative per tutta la diocesi di Milano. E ha aggiunto che il ministero episcopale sia di Martini che di Tettamanzi è stato per tutta la diocesi fondamentale e ricco di insegnamenti.

Il cardinale Scola non è venuto per "normalizzare" la diocesi. A lui sta a cuore soprattutto l'evangelizzazione di questa metropoli edonista, materialista e consumista. Lui vuole - come Tettamanzi - parlare al cuore di questa città scristianizzata, neopagana e secolarizzata. A lui preme annunciare Gesù Cristo Crocifisso e Risorto. Certo ci sono numerosi problemi nella diocesi di Milano: la crisi delle vocazioni, l'invecchiamento del clero, l'accorpamento di parrocchie, le chiese vuote, l'accostamento ai sacramenti sempre meno frequente, un numero rilevante di studenti che non si avvale dell'ora di religione cattolica, l'analfabetismo religioso di ritorno (come dice Benedetto XVI) e i laici non adeguatamente valorizzati. Ma ci sono nella diocesi anche molte risorse: gli oratori per esempio, dove i nostri giovani possono giocare, socializzare, pregare ed essere formati moralmente. Ci sono 2.200 docenti di religione cattolica, oltre 3000 preti e 5.000 religiose.

Scola non è solo nel suo mandato. Ha con sé tutto il consiglio episcopale, il consiglio pastorale, quello presbiterale e quello parrocchiale. E in questi nove mesi a Milano ha dimostrato la sollecitudine per i poveri e la totale dedizione al bene delle anime e della Chiesa, sulle orme dei suoi predecessori Martini e Tettamanzi a cui ha ribadito la sua grande stima personale.

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