sabato, giugno 09, 2012
Kofi Annan: "Il mio piano non è morto”

Radio Vaticana - Gli osservatori dell’Onu sono riusciti finalmente ad arrivare nel villaggio di Qubeir, teatro dell’ultima strage siriana. Pesanti i segni di violenze, ma nessun corpo ritrovato nelle abitazioni distrutte da missili e granate. Intanto la crisi sembra avere imboccato una spirale inarrestabile verso una possibile "guerra civile", come ha detto il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. Mentre l'inviato dell'Onu Kofi Annan, prima di incontrare a Washington il segretario di Stato americano Hillary Clinton, ha affermato che perché‚ il suo piano di pace venga applicato occorre "aumentare le pressioni" sulle parti in conflitto.

Continua intanto a far discutere l’idea lanciata dall’inviato speciale di Onu e Lega Araba, Kofi Annan, di creare un nuovo gruppo di contatto, con la presenza dell’Iran, per arrivare a tracciare un percorso di uscita di scena del presidente siriano Bashar el Assad. La proposta è stata aspramente criticata dagli USA. Salvatore Sabatino ne ha parlato con il collega iraniano Ahmad Rafat: R. - Che l’Iran entri a far parte del gruppo di contatto può avere svolte positive, in quanto ha una grande influenza sulla Siria, ma che l’Iran accetti che Assad se ne vada ed al suo posto venga l’attuale gruppo dell’opposizione siriana lo vedo molto difficile anche perché l’ayatollah Khamenei, proprio qualche giorno fa, ha ribadito il sostegno ad Assad e la contrarietà ad ogni cambio di regime in Siria.

D. - Ci sono, comunque, dei punti che potrebbero far cadere la politica dei blocchi contrapposti che siamo abituati a vedere in questi ultimi periodi?
R. - Io credo che con quei massacri compiuti ultimamente si sia aperto un varco anche nel blocco pro-Assad, specialmente tra russi e cinesi. Se gli americani e gli occidentali potessero garantire una loro presenza come forza in Siria anche dopo Assad, secondo me il fronte opposto si sfalderebbe, in un certo senso.

D. - Un ingresso dell’Iran nel gruppo di contatto per la Siria potrebbe favorire il programma nucleare iraniano?
R. - L’Iran utilizza ogni possibilità diplomatica per rafforzare la sua posizione, ma io non credo che l’appoggio russo possa influenzare o influire in qualche modo, perché questo appoggio già c’era. Ricordo che i russi sono quelli che stanno aiutando l’Iran a costruire centrali nucleari.

D. - Ahmadinejad continua ad essere indubbiamente uno dei nemici più acerrimi degli Stati Uniti: una possibile buona riuscita del negoziato per la Siria potrebbe, secondo te, far riavvicinare in qualche modo Teheran a Washington?
R. - Teheran sta cercando, da più di un anno, di avvicinarsi o aprire un canale di dialogo con gli Stati Uniti e lo stesso sta facendo Obama. Ma il problema è che in Iran sia Ahmadinejad che il leader supremo vogliono essere ognuno l’interlocutore degli americani; questa è una lotta interna al regime che è iniziata da qualche mese e che si andrà ad intensificare nei prossimi mesi in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno.

D. - Anche le questioni interne possono, dunque, influire nei rapporti con gli Stati Uniti?
R. – Già influiscono in quanto, se un rapporto ci sarà, ognuno vorrà rivendicarne il merito e su questo c’è una battaglia tra Khamenei e Ahmadinejad, che da tempo sono ai ferri corti.

D. - Oggi che tipo di ruolo realmente svolge l’Iran nell’area mediorientale?
R. - Un ruolo importante, perché l’Iran è un elemento capace di destabilizzare molti Paesi: dall’Iraq al Libano, alla Siria, fino al Barhain. Pertanto è un ruolo che dà all’Iran importanza facendolo diventare interlocutore degli occidentali, almeno se vogliono portare una certa stabilità in Medio Oriente.

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