sabato, giugno 30, 2012
Confine rovente, alta tensione. Si sprecano in questo momento i luoghi comuni per raccontare una situazione che nessuno, esclusi pochi alti dirigenti politici e militari, ha idea di come possa andare a finire tra Turchia e Siria.

E-il mensile - Tutto ha inizio una settimana fa, venerdì 22 giugno, quando la contraerea siriana abbatte un caccia militare turco (i corpi dei due piloti non sono ancora stati rinvenuti). Secondo Damasco aveva violato lo spazio aereo siriano senza farsi riconoscere, secondo Ankara era nello spazio aereo internazionale, disarmato, in volo di esercitazione. Sembra un casus belli da secolo scorso, almeno rispetto ai conflitti contemporanei, dove si punta a una cornice legalitaria internazionale nella quale iscrivere un intervento armato.

Dalla caduta del muro di Berlino a oggi, il mondo è stato sconvolto da tante, troppo guerre. L’Iraq, due volte, la Libia, il Libano, Gaza, la ex Jugoslavia e altre ancora. Sempre tutti a parlare di ”intervento umanitario”, ”coalizione internazionale”, articoli della carta Onu e della Nato. Come, almeno un po’, a vergognarsi della guerra. Invece questa settimana sembra aver riportato indietro le lancette della storia. Casus belli, movimento di truppe. Divisioni corazzate al confine inviate da Ankara, decine di veicoli militari, tra i quali anche dei camion lancia-missili, unità di artiglieria e antiaerea si sono dislocati nella provincia di Hatay. Carri armati siriani al confine con la Turchia.

Un primo incidente di ‘frontiera’ si era verificato l’11 aprile scorso, quando – secondo la ricostruzione del governo turco – milizie fedeli al governo siriano hanno aperto il fuoco contro cittadini siriani che cercavano riparo nel campo profughi di Kilis, in territorio turco. Un’azione simile, giorni prima, aveva portato all’uccisione di tre persone, tra le quali un interprete turco, ed al ferimento di altre ventuno. Anche allora minacce, tensioni.

Il premier turco Racep Tayyp Erdogan ha dichiarato che la Turchia non vuole attaccare la Siria, ma ha fatto sapere al presidente siriano Bashar al-Assad che non verrà tollerata alcuna altra ”provocazione o atto ostile”. Se Erdogan avesse voluto, la Turchia avrebbe già attaccato. Il concetto è trovare il punto di svolta per spingere Assad ad abbandonare il potere, oppure preparare l’opinione pubblica a un attacco militare. Il punto di svolta potrebbe essere l’abbattimento del caccia turco, il casus belli. Come tanti anni fa. Non certo un bel segno per un’umanità che dovrebbe essere sulla strada di un’inesorabile evoluzione.

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