lunedì, luglio 16, 2012
In Siria si continua a combattere e a morire. Scontri di inaudita violenza tra esercito e milizie dell’opposizione, con oltre cento vittime, si sono registrati anche ieri in varie zone del Paese.  

Radio Vaticana - E, mentre nella comunità internazionale si accende il dibattito su eventuali azioni nei confronti del regime di Damasco, la Croce Rossa Internazionale ha dichiarato che il conflitto è ormai classificabile come “guerra civile”. Il cambio di status - ricorda l’emittente britannica Bbc - comporta ora per i belligeranti tutte le conseguenze penali previste per i crimini di guerra dalle Convenzioni di Ginevra. Il servizio di Marina Calculli: ascolta
E sul futuro atteggiamento della comunità internazionale nella crisi siriana e di altri aspetti della guerra civile in atto, Fausta Speranza ha parlato con padre Paolo Dall’Oglio, gesuita che nel 1982 ha ridato vita al Monastero di Deir Mar Musa, a nord di Damasco: ascolta

R. – La situazione siriana richiede, da parte della comunità internazionale, un’azione duplice. La prima è la protezione delle popolazioni nella zona interessata dal conflitto civile, quella che va dall’Oronte al mare: in questa zona occorre assolutamente cercare un accordo con la Russia, con la Cina, con l’Iran per la protezione dei civili. La seconda azione dovrebbe essere quella di chiedere di nuovo, e cocciutamente, ai brasiliani di rendersi disponibili per svolgere il ruolo d’interposizione dei caschi blu. Per il resto, invece, penso che la comunità internazionale dovrebbe esprimere una capacità di azione pacifista – non solo pacifica e pacificamente, ma pacifista, attivamente pacifista – attraverso la presenza di migliaia di attivisti della società civile globale, che vengano ad assistere quella siriana nella mutazione democratica assolutamente non prorogabile.


D. – Dunque, un Consiglio di sicurezza che riesca a pronunciarsi in modo forte…


R. – Un modo col quale si garantisca alla Russia che non si vuole far smottare la Siria verso uno spazio geostrategico nel quale la Russia sarebbe come sconfitta sul piano, per così dire, delle pedine di questo grande gioco di scacchi. Un grande gioco strategico è in atto – pur essendo non buono per l’umanità – e alla fine è un fatto del quale bisogna tener conto. Quindi, la Siria è per tanti motivi legata storicamente anche agli interessi russi e questo deve essere considerato. In qualche modo, bisogna convincere Iran e Arabia Saudita che la Siria non può essere monopolio di nessuno, ma deve essere il luogo in cui sunniti e sciiti si armonizzano.


D. - Nelle ultime parole della Clinton, è chiara la condanna del comportamento del regime: “Bombardamenti deliberati contro i civili”…


R. – Direi che gli osservatori un minimo informati, che non soffrono di pregiudizi ideologici, che non hanno una spessa benda sugli occhi, hanno capito fin dall’inizio che la repressione da parte del potere siriano non ha avuto alcuno scrupolo a colpire civili inermi. Questa non è una novità. Questo è cominciato, sin dall’inizio, ed è più di un anno che si va avanti cosi.


D. – In questa che ormai è drammaticamente da definire guerra civile, qual è la situazione dei cristiani?


R. – Sicuramente, i gruppi estremisti salafiti pongono un problema: quei gruppi che hanno già giocato un ruolo in Iraq, dove si è vista una polarizzazione nelle sue frange più estreme aggressiva e direttamente mirata verso i cristiani. Sicuramente, è motivo di grande angoscia per molti cristiani la prospettiva di un’islamizzazione della società siriana, che si ipotizza perché lo spazio politico pluralista si è ridotto a causa della repressione e l’esercito libero è sicuramente caratterizzato – anche se non in tutto - da una attitudine musulmana. Tutto questo fa intravedere un futuro in cui la Siria sarà più islamica. In alcune zone, poi, effettivamente le infiltrazioni più estremiste rischiano di colorare confessionalmente il conflitto. E io mi chiedo addirittura se non si sia possibile trovare canali per parlare con questa gente, aprendo canali di comunicazione simbolica per riuscire a comunicare con i loro desideri simbolici profondi… Quando mi è capitato di poterlo fare, ho visto un risultato: a me è stato consegnato un rapito: restituito proprio un rapito in seguito ad una esperienza di dialogo.


D. – Adesso lei è fuori dalla Siria soprattutto, diciamo così, per far conoscere tante cose e immagino trovare vie di dialogo e vie di diplomazia. E’ stato a Beirut, è stato in Iraq proprio di recente e vi tornerà. Sulla questione dei cristiani, che cosa sta succedendo nel Medio Oriente? C’è un discorso più generale da fare…


R. – Io direi che i cristiani stanno finendo nella centrifuga delle lotte intestine nel mondo musulmano. Noi abbiamo di fatto, anche se tanti lo rifiutano teoricamente, un conflitto tra islam sunnita e islam sciita, che poi diventa anche un conflitto sulle due sponde del Golfo Persico-Arabico. Ogni volta che si creano conflitti, specie conflitti armati, finisce che la minoranza cristiana si trova schiacciata e comunque sfidata da queste attitudini al rialzo sul piano ideologico dei diversi schieramenti musulmani. Io dico che in tutto il mondo, laddove è possibile, dobbiamo cercare di favorire il dialogo tra musulmani. E penso, per esempio, alle iniziative della rivista Oasis, a Sant’Egidio, al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica, solo per citare le realtà che mi vengono in mente relative al mondo cattolico. Ma bisognerebbe coinvolgere tutte le realtà: sto cercando di coinvolgere anche istituzioni del mondo protestante, per questo sono stato anche in Norvegia la settimana scorsa. L’immagine che uso è questa: i cristiani si sappiano far "menisco" di questo ossuto "ginocchio".


D. – Noi raccontiamo i numeri dei morti, le stragi, ma il dolore espresso dalla popolazione, dalla gente lei ce l’ha sicuramente negli occhi e nelle orecchie…


R. – Sento soprattutto due sentimenti terribilmente opposti: uno, lo scoraggiamento, vedendo che poi è la popolazione civile che ci va di mezzo in un modo così mostruoso. L’altro, l’alta considerazione per uomini e donne che si sono giocati la vita per riottenere la dignità. Quindi, grande rispetto per della gente che sacrifica tutto per un ideale.


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