mercoledì, luglio 25, 2012
La liberazione di Rossella Urru ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tutto il Paese. A Roma però, al Borgo ragazzi don Bosco, la festa è stata doppia. Ecco perché 

Città Nuova - Yassim deve prendere le sue cinque gocce: «Quante?», ridomanda, con il cucchiaino alla mano, Marco ad Andrea. «Cinque gocce, a Yassim!» È un batter d’occhio, e facendole passare come un gioco, Marco riesce a far trangugiare le gocce al piccolo che non smette di scalpitare. Yassim avrà sì e no sei anni e, come tutti i suoi coetanei, vuol tornare a giocare. Arriva Pier Francesco, un capellone dal cuore d’oro, faccia furba ed entusiasmo da vendere. Vede i bambini, li abbraccia e dice: «Sapete che io ho passato sette anni a dormire con voi?» . Mi chiedo cosa i bambini abbiano capito, mentre più in là altri volontari stanno terminando di colorare un cartello: «Rossella Urru libera».

Non sono passate due ore da quando il ministro degli Esteri Terzi ha confermato la liberazione nel Nord del Mali di Rossella Urru, la cooperante italiana rapita nove mesi fa a Sud dell’Algeria. L’Italia è in festa, ma in questo angolo di Centocelle, periferia Est di Roma, l’emozione ha un sapore in più. Sì, perché sono qui da giorni otto bambini, quattro maschi e quattro femmine, rappresentanti del popolo saharawi, per il quale la Urru lavorava al momento del rapimento come coordinatrice nei campi dei rifugiati per conto di una ong.

I saharawi sono il popolo legittimo abitante del Sahara Occidentale, ma per le conseguenze della denominazione spagnola e per sfuggire alla guerra d’invasione da parte di Marocco e Mauritania si è rifugiato nel deserto algerino. Dal 1991 cercano pacificamente il rispetto di una risoluzione Onu che gli permetterebbe di tornare nella propria terra.

Proprio per le condizioni difficilissime in cui questo popolo in esilio è costretto a vivere, varie associazioni organizzano visite nei campi e viaggi in Italia di gruppi di bambini, che hanno un duplice scopo: togliere i piccoli dal deserto nei mesi di caldo più opprimente, permettendo loro di essere sottoposti a cure mediche, sperimentando al contempo il dialogo e la fraternità come occasioni di crescita.

I bambini sono ambasciatori di pace, e questo soggiorno a Roma è un’occasione da non perdere per sensibilizzare comunità e istituzioni alla causa del loro popolo. Per questo l’associazione “Sahara libre” e il Borgo ragazzi don Bosco, un centro salesiano di Roma, hanno organizzato un mese di accoglienza, coinvolgendo famiglie, ragazzi, giovani e adulti.

E così la concomitanza della liberazione di Rossella con questa serata di festa mi permette di scoprire volti e luoghi di una Roma solidale, che non ha cittadinanza sui media, ma che nel sottobosco fa un grandissimo rumore. Marco, Teresa, Andrea, Michele e Monica e tanti altri: sono operatori, volontari e famiglie che grazie a questo centro salesiano diffondono una modalità diversa di “fare estate” sempre più declinata al servizio degli altri.

Luisa è una volontaria del Borgo e così racconta: «Questa è una vera famiglia perché l’occasione di accogliere i bambini dà a noi l’opportunità di guardarci in faccia, mettendoci al servizio di chi ha bisogno: riscopriamo i nostri legami e le esperienze che viviamo rivelano a noi stessi la sorgente di una gioia interiore che dura anche da settembre in poi».

Pier Francesco invece mi svela il segreto di poco fa: «Per sette anni ho passato i due mesi estivi con i bambini saharawi: giorno e notte, seguendoli in tutto, mentre dormivano, mentre giocavano, mentre ridevano o piangevano: la nostra forza qui è che siamo sempre stati un gruppo unito che ha creduto nella causa del servizio agli altri, ripagati da una felicità pazzesca che informa tutta la vita, tutti i giorni dell’anno».

L’entusiasmo nelle parole e la concretezza dei fatti qui al Borgo mi confermano, nonostante i problemi, la presenza di un tessuto sociale sano, vitale, per rendere migliore la vita di un popolo e di una porzione della città. La serata continua tra testimonianze, degustazioni di tè e cous cous, con quel cartello in primo piano che esprime una speranza per la popolazione saharawi e da oggi una felice realtà per Rossella Urru: Libera!

di Paolo Balduzzi


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