mercoledì, luglio 11, 2012
“Investire sul loro inserimento, anche nel tessuto produttivo, significa investire su persone che rimarranno qui garantendo un ritorno di quell’investimento”

di Carlo Mafera

Recentemete Don Luigi Ciotti (Presidente di Libera) e Rosy Bindi (Vicepresidente della Camera dei Deputati) si sono confrontati nella Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale a Roma in un dibattito sulle migrazioni dal titolo “In città, invisibili”. Tempo addietro, sempre nella stessa chiesa, sede del Centro Astalli che si occupa dei rifugiati politici, si è tenuta un’altra conferenza dalla quale emerse che i rifugiati possono veramente essere una risorsa. Secondo Erri De Luca, lo scrittore che partecipò a quella conferenza, questo fenomeno «non si può fermare con ostacoli. Né gli accordi con altri Stati né respingimenti in mare possono funzionare per fermare queste persone». Provocatoriamente, lo scrittore si è spinto fino a ipotizzare che «se anche introducessero la pena di morte per chi entra clandestinamente nel nostro Paese non funzionerebbe, perché queste persone affrontano già la morte. L’altra partecipante al primo evento era Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che sottolineò in quell’occasione l’importanza della presenza degli immigrati, che costituisce senz’altro una risorsa, e la Boldrini invitava a guardare ai rifugiati come un’ opportunità anche in tempo di crisi: “Basti pensare al fatto che non avranno, nel breve termine, la possibilità di tornare nei loro paesi di origine. Quindi, investire sul loro inserimento, anche nel tessuto produttivo, significa investire su persone che rimarranno qui garantendo un ritorno di quell’investimento”.

Il recente evento a giugno ha sottolineato invece la loro “invisibilità”. Infatti le statistiche delle Nazioni Unite mostrano che, in tutto il mondo, la maggior parte dei rifugiati viva nei centri urbani: da Bangkok a Bogotà, da Nairobi a Roma. “Non è mai una vita facile: nelle città i rifugiati pensano di trovare maggiori opportunità, ma più spesso conoscono soprattutto isolamento, solitudine, mancato accesso ai servizi, insicurezza, marginalizzazione”, così P. Giovanni La Manna (presidente del Centro Astalli) aveva salutato i presenti e introdotto i lavori. Anche quando viene loro riconosciuta la protezione internazionale, i rifugiati hanno difficoltà a vederla declinata in diritti sociali concreti. Proprio ai più vulnerabili, le vittime di tortura e di violenza intenzionale, viene spesso impedito di vivere in dignità e sicurezza, nell’indifferenza generale. Chiaro in tal senso il monito di Don Luigi Ciotti: “I rifugiati che rimangono invisibili all’opinione pubblica purtroppo sono molto ben visibili alla criminalità organizzata. Spesso sono proprio i migranti le prime e più facili prede di chi ha sempre bisogno di manodopera per incrementare i propri affari illeciti: dalla droga alla prostituzione, al lavoro nero. Togliere i rifugiati dall’invisibilità vuol dire infliggere un duro colpo alla criminalità nel nostro Paese”.

Durante l’incontro la lettura di un brano del cardinal Martini è stata la traccia per una riflessione su come costruire città più accoglienti e dignitose: “Occorre avere davanti agli occhi non necessariamente una città ideale, ma almeno un ideale di città. Una città fatta di relazioni umane responsabili e reciproche, che ci stano davanti come un impegno etico. Allora la città diventa un’occasione, anzi una miniera inesauribile di possibilità di intessere relazioni autentiche”.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

molto bene, grande sensibilità sociale

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