giovedì, luglio 12, 2012
Più di cinquanta migranti provenienti dalla Libia sono morti in mare per disidratazione, solo un eritreo si è salvato. Ritorna alla ribalta il dramma degli immigrati. 

Città Nuova - È proprio vero che solo la tragedia estrema fa notizia. L’eritreo salvato in mare, unico superstite tra oltre 50 persone che affollavano il barcone partito dalla Libia alcuni giorni fa, oggi è al centro dell’attenzione dei mass media. Eppure da alcune settimane sono ripresi gli sbarchi sulle coste siciliane. Gruppi di centinaia di persone che in patria non hanno alternative. Morire per morire, tanto vale tentare la traversata. Se va bene si può sperare di farcela e di rifarsi una vita.

Tuttavia il segno del viaggio in mare rimarrà tutta la vita. La paura che si prova in quei giorni prima o poi emerge. A distanza di quasi due anni dallo sbarco alcuni ragazzi hanno crisi di panico, insonnia, paure all’apparenza ingiustificabili. È il ricordo di quelle ore che riemerge e che si aggiunge all’incertezza del futuro, all’incognita di quello che si potrà fare qui, in Italia, alla sofferenza profonda e lancinante per la lontananza dagli affetti più cari. A questo si aggiunge l’ansia di non deludere chi è rimasto in patria e aspetta di ricevere quel piccolissimo aiuto economico per sopravvivere.

Ma come si fa a spiegare che qui le cose vanno in maniera molto diversa da come ci si immagina? Che appena si arriva si viene rispediti indietro? Che il lavoro non c’è? Che non ci sono case in cui vivere, che è molto difficile avere un permesso di soggiorno, che per avere il riconoscimento della protezione internazionale, cioè l’asilo politico, possono passare anche 10 mesi di estenuante attesa e poi, forse, viene anche negato?

La situazione è veramente molto più complessa di quanto possa sembrare. Il tema dell’accoglienza dovrebbe essere sviluppato e sostenuto, ma in tempo di crisi non se ne parla nemmeno perché accogliere e sfamare gente significa spendere soldi.

Cosa ne sarà della vita dell’eritreo superstite? Difficile dirlo. Possiamo solo sperare che dopo le luci della ribalta possa trovare persone in grado di sostenerlo per recuperare - se possibile - le energie per sopravvivere sulla terraferma dopo essere sopravvissuto da solo in mare.

Flavia Cerino

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