mercoledì, luglio 18, 2012
“O Viveiro onlus” è un ente morale senza scopo di lucro che dal 2006 si occupa della promozione umana, morale e sociale, oltre al sostegno nel percorso educativo e formativo di ragazze, ragazzi, bambine e bambini in stato di disagio. Il suo nome completo è “Il vivaio sogna con gli angeli”.

Uno dei progetti più importanti dell’associazione è “Educare una bambina per educare un popolo”, stimolato dalla necessità, espressa da Padre Eusébio Maria Inocêncio (sacerdote mozambicano della Diocesi di Tete), di affrontare l’emergenza esistente nella Provincia di Tete, in Mozambico, nel settore educativo-formativo riguardante in particolare la popolazione femminile. “Il progetto privilegia lo sviluppo femminile, riconoscendo nelle donne la vera radice della società, soprattutto in situazioni di povertà estrema: sono loro il cuore della famiglia, del primo e più importante nucleo di aggregazione umano. Favorire la formazione e lo sviluppo delle donne, fin dall’età giovanile, vuol dire promuovere, in modo equilibrato, la società intera” si legge nelle parole di presentazione del blog www.oviveiro.org. Si rivolge alle ragazze in stato di necessità di età compresa tra i 10 ed i 18 anni e prevede la realizzazione di un centro (un “vivaio”) nel quale le giovani saranno accolte come ospiti permanenti e riceveranno una formazione complementare a quella delle scuole pubbliche, sostenute dall’accompagnamento di assistenti familiari (full-time) e di educatrici (part-time) coordinate da un responsabile locale. Il terreno individuato per la realizzazione del Centro “O Viveiro” (superficie di circa 5Ha) è localizzato nei pressi della città di Chitima, Distretto di Cahora Bassa-Songo, provincia mozambicana di Tete, in un’area prossima alle scuole primarie e secondarie esistenti. Chitima si trova a circa 15 km dalla Diga di Cahora Bassa ed a 150 km da Tete.

Dopo un periodo di permanenza a Chitima, il presidente dell’Associazione, Flaminia Giovanelli, racconta le sue impressioni e i progetti del centro:
“Certo, ogni vita umana ha un senso, ogni vita umana ha valore; anche quella trascorsa in gran parte a trasportare acqua sulla testa o ad andare da un posto a un altro in ricerca di cibo può essere una vita vissuta in modo da glorificare Dio e dare gioia al prossimo. Ciononostante, mi ha sempre tormentato la domanda sul perché alcuni nascano con già in tasca il biglietto vincente della "lotteria della vita" (e a volte si permettono il lusso di perderlo) e altri no. A Chitima questa domanda ha preso corpo e volti. Perché, ancora oggi - in epoca di globalizzazione, come suol dirsi - per il fatto di essere nati in una zona povera del Mozambico, tanto tempo e tante energie fisiche e mentali devono essere consacrati a cercare, a travasare e a trasportare acqua quando, peraltro, a pochi chilometri ce n'è in grande quantità? Perché quel tempo Manuela, Raimunda, Rosa, Francisca o Augusta non possono dedicarlo a far fruttificare quei talenti dei quali, pure, sono abbondantemente dotate? Ecco, speriamo che dal 21 novembre, dal giorno in cui sono andate ad abitare al Viveiro de Chitima, sia cominciata veramente una nuova fase della loro vita e di quella di altre 17 bambine, come cantano nel loro inno, e che le loro energie possano ora essere impiegate non solo per la sopravvivenza, ma per vivere una vita in pienezza.


La casa per formatori e ospiti nella quale alloggiava il nostro gruppetto (fornita di ben sei camere da letto rispetto alle tre di quella delle bambine, che amano l'assembramento), già francescanamente accogliente grazie alla cura del signor Emilio, sarà perfetta quando l'acqua sgorgherà dai rubinetti e magicamente risponderà al comando dello sciacquone... Ma una parola a parte merita la cappella, o piuttosto la chiesa, dedicata a Maria Mater Dei: quando ci si sta da soli, in corrente d'aria sapientemente studiata, alla presenza del Santissimo (e non ci si scandalizza di condividere lo spazio sacro con i due cani del Centro, anche loro creature di Dio), sembra di aver salito qualche gradino verso il cielo. Ma la nostra cappella è impressionante soprattutto quando ospita le celebrazioni liturgiche: canti diretti da un esperto musicista, ritmati dalle percussioni e da strumenti per così dire "naturali", danze misurate, intenzioni di preghiera spontanee e prive di incertezze e affettazioni, prediche in tre lingue: portoghese, locale e mimata. Padre Luis, parroco comboniano spagnolo di Chitima, accompagnato dal "collega" P. Heriverto, è un maestro in materia! Le nostre bambine, come tutti gli altri partecipanti, sacrificano un loro soldino portandolo in processione all'altare. Insomma, un vero avamposto della Chiesa vivente.


Per la verità l'affetto, dato e ricevuto, è stato a corrente continua durante quei giorni. Grande l'impegno di tutte le bambine che si sedevano per la prima volta ad un tavolo da pranzo, gratificate, per di più, dai portatovaglioli personalizzati per loro da Margherita: speriamo ne facciano uso, per questione di igiene e di risparmio, visto il costo proibitivo dei tovaglioli di carta, quando si trovano. Ma non potremo dimenticare la partecipazione che hanno dimostrato tutti, bambine del Centro, operai, bambini e membri della comunità locale chiamati a raccolta dal maestro delle cerimonie, il signor Ernesto, per organizzare in un battibaleno il rito con cui abbiamo dedicato il campo di rugby, il primo del Mozambico, a Junio Monacelli, grande campione, figlio del nostro amico Claudio, primo allenatore del "Chitima Rugby Club". Sì, il rugby merita un paragrafo a parte. L'introduzione di questo gioco, "gioco nobile per anime nobili", sport da gentiluomini, ma anche da gentil-bambine, si è rivelato un collante straordinario, favorito anche dall'impegno delle autorità civili. Nel gioco del rugby, ha spiegato Dona Lucia agli abitanti del paese al termine della Messa domenicale, la palla non viene lanciata in avanti, bensì indietro per invitare chi è più debole, chi sta dietro, a venire avanti, perché solo tutti insieme si raggiunge la meta. Bisogna riconoscere che i nostri e le nostre, oltre a possedere sicure doti atletiche - sviluppate con l'aiuto di due aiuto-allenatori d'eccezione, il signor Arturo, per i più piccoli, e il signor Ernesto, traduttore delle istruzioni dal portoghese di Emanuela alla lingua e mimica locale - hanno un coraggio non comune perché il campo da gioco non era ancora esattamente il più indicato ad essere calpestato senza scarpe, come lo è stato, dalla maggioranza dei giocatori/trici. Per la verità, si sospetta che buona parte dell'entusiasmo fosse originato dalla seconda professione di Claudio, esercitata con enorme successo anche al Viveiro, quella di maestro di pizza. In effetti, con questo alimento ha deliziato le bambine, ma anche i grandi, che laggiù mangiano, prevalentemente, una sciapa polentina di miglio... Ci auguriamo veramente che, grazie ai suoi insegnamenti, Francisca, Augusta e Imaculada, le più dotate, stiano continuando a cuocere pane e pizza per le loro amiche.


Il compito di nutrire gli abitanti del Centro è ora affidato soprattutto al signor José, che, essendo riuscito ad eludere l'arruolamento all'età di nove anni fuggendo in Zimbabwe, ha sviluppato molteplici qualità: rabdomante-pozzarolo, idraulico e soprattutto contadino. Ci ha promesso che nel giro di qualche mese la zona agricola verrà trasformata in orto, frutteto e piantagione di miglio, e il signor José è persona affidabile, come affidabile - ne abbiamo la prova provata! - è il signor Machipissa (in lingua locale: colui che sa cantare), instancabile autista.


Nell'immediato ci sono alcuni progetti avviati che vorremmo portare a compimento rapidamente: finire di riempire il recinto degli animali (caprette, galline, vacche e bue), terminare la costruzione dell'aula studio, ristrutturare un piccolo edificio da adibire a ufficio, installare un mulino per produrre farina di miglio, di cui beneficerebbe la popolazione locale e che darebbe proventi al Centro, formare una cooperativa con gli operai dell'impresa appena avranno finito di lavorare per il Viveiro. Tutto ciò non potrà essere realizzato senza la serena esperienza del signor Tomé, il sostanziale contributo del dinamico Ing. Manuel Abelho, il sostegno dell'accogliente Vescovo di Tete, Mons. Inácio Saure, ma soprattutto non potrà essere realizzato senza l'aiuto della Provvidenza che, come si sa, agisce attraverso gli amici.


Confidiamo che il melograno piantato all'ingresso del Centro, e già miracolosamente fiorito, continui a crescere, producendo frutti e dandoci la possibilità di offrire biglietti vincenti della "lotteria della vita", magari meno scintillante della nostra, ma forse più autentica, alle bambine del Viveiro de Chitima, anche se, alcune di loro, non sapranno tenerselo ben stretto.”

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