Sulla base degli attuali consumi del nostro Paese le riserve certe indicate dal Ministero dello Sviluppo Economico corrisponderebbero ad appena tre quarti del fabbisogno di un solo anno. Nel caso volessimo portare la copertura del fabbisogno dal 10 al 20%, come dice il Ministro, avremmo solo 4 anni di autonomia. Una breve analisi di Aspo Italia.
Qualenergia - Come abbiamo scritto più volte su queste pagine, in Italia l’industria estrattiva gode di un regime di esenzione e di costi delle concessioni esageratamente agevolato se pensiamo al resto del mondo, dove le aliquote sul valore del prodotto estratto oscillano tra il 20% e l’80%. Nel decreto sviluppo (decreto legge n. 83 del 22 giugno 2012 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”) per esempio per le coltivazioni in mare le aliquote sono ora state appena rialzate: del 10% per l’estrazione del gas e del 7% per il petrolio. Ma neanche questo basta per questo settore, perché per l’industria il limite posto delle 12 miglia dalla costa è risibile e legato solo all’effetto emotivo del disastro della Deepwater Horizon del Golfo del Messico. Una cantilena, quella dell’emotività, che abbiamo già sentito in questi anni con il nucleare.
Il ministro Passera in questi mesi ha parlato di ingenti riserve di gas e petrolio sul nostro territorio (e ovviamente anche in mare) che potrebbero soddisfare il 20% dei consumi nazionali rispetto al 10% attuale, con relativi vantaggi economici per il Paese. Abbiamo spesso spiegato che queste risorse sono a conti fatti poca cosa (anche se non certo per chi potrà estrarle e trarne vantaggi nel breve periodo). Vediamo più nel dettaglio a quanto ammontano le “ingenti riserve” secondo un’analisi dell’Aspo Italia, l’associazione per lo studio del picco del petrolio.
Secondo i dati del MiSE, a fine dicembre 2010 - spiega Aspo Italia - le riserve ammontavano a un massimo di 103 miliardi di metri cubi di gas naturale e 187 milioni di tonnellate di petrolio, sommando tutte le diverse tipologie di riserve: certe, probabili e possibili. In base agli attuali consumi del Paese le riserve citate corrisponderebbero alla fine a circa 3/4 del fabbisogno di un solo anno.
Le riserve certe sono indicate in 66 miliardi di metri cubi di gas e in 77 milioni di tonnellate di petrolio. Considerando che 1 metro cubo di metano equivale a circa 0,7 kg di petrolio, si ha un totale di circa 50 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di gas; in totale fra gas e petrolio saremmo sui 127 Mtep.
Se si considerano solo i consumi diretti di petrolio e gas annui, dice la nota di Aspo, possiamo affermare che il fabbisogno nazionale è di circa 75 miliardi di metri cubi all'anno di metano, per cui i 66 miliardi non equivalgono nemmeno al consumo di un solo anno. Se, come dice il Ministro, volessimo coprire il fabbisogno al 20% avremmo solo 4 anni di autonomia. Per il petrolio che consumiamo, cioè circa 80 Mtep/anno, le stime sono ugualmente deludenti.
“I ragionamenti del ministro Passera vengono fatti sulla base del conto economico, ovvero in occasioni di profitto, non in riserve effettive di energia. Questo tipo di stime basate sulla carta e non sulla realtà fisica che ci circonda sono quelle che ci conducono alla situazione di crisi che stiamo sperimentando. Invitiamo caldamente il Ministro a fare i conti nel modo giusto: usando le unità di misura fisiche dell'energia, non quelle volatili e aleatorie del mercato economico”, ha concluso Aspo Italia.
Qualenergia - Come abbiamo scritto più volte su queste pagine, in Italia l’industria estrattiva gode di un regime di esenzione e di costi delle concessioni esageratamente agevolato se pensiamo al resto del mondo, dove le aliquote sul valore del prodotto estratto oscillano tra il 20% e l’80%. Nel decreto sviluppo (decreto legge n. 83 del 22 giugno 2012 recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”) per esempio per le coltivazioni in mare le aliquote sono ora state appena rialzate: del 10% per l’estrazione del gas e del 7% per il petrolio. Ma neanche questo basta per questo settore, perché per l’industria il limite posto delle 12 miglia dalla costa è risibile e legato solo all’effetto emotivo del disastro della Deepwater Horizon del Golfo del Messico. Una cantilena, quella dell’emotività, che abbiamo già sentito in questi anni con il nucleare.
Il ministro Passera in questi mesi ha parlato di ingenti riserve di gas e petrolio sul nostro territorio (e ovviamente anche in mare) che potrebbero soddisfare il 20% dei consumi nazionali rispetto al 10% attuale, con relativi vantaggi economici per il Paese. Abbiamo spesso spiegato che queste risorse sono a conti fatti poca cosa (anche se non certo per chi potrà estrarle e trarne vantaggi nel breve periodo). Vediamo più nel dettaglio a quanto ammontano le “ingenti riserve” secondo un’analisi dell’Aspo Italia, l’associazione per lo studio del picco del petrolio.
Secondo i dati del MiSE, a fine dicembre 2010 - spiega Aspo Italia - le riserve ammontavano a un massimo di 103 miliardi di metri cubi di gas naturale e 187 milioni di tonnellate di petrolio, sommando tutte le diverse tipologie di riserve: certe, probabili e possibili. In base agli attuali consumi del Paese le riserve citate corrisponderebbero alla fine a circa 3/4 del fabbisogno di un solo anno.
Le riserve certe sono indicate in 66 miliardi di metri cubi di gas e in 77 milioni di tonnellate di petrolio. Considerando che 1 metro cubo di metano equivale a circa 0,7 kg di petrolio, si ha un totale di circa 50 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) di gas; in totale fra gas e petrolio saremmo sui 127 Mtep.
Se si considerano solo i consumi diretti di petrolio e gas annui, dice la nota di Aspo, possiamo affermare che il fabbisogno nazionale è di circa 75 miliardi di metri cubi all'anno di metano, per cui i 66 miliardi non equivalgono nemmeno al consumo di un solo anno. Se, come dice il Ministro, volessimo coprire il fabbisogno al 20% avremmo solo 4 anni di autonomia. Per il petrolio che consumiamo, cioè circa 80 Mtep/anno, le stime sono ugualmente deludenti.
“I ragionamenti del ministro Passera vengono fatti sulla base del conto economico, ovvero in occasioni di profitto, non in riserve effettive di energia. Questo tipo di stime basate sulla carta e non sulla realtà fisica che ci circonda sono quelle che ci conducono alla situazione di crisi che stiamo sperimentando. Invitiamo caldamente il Ministro a fare i conti nel modo giusto: usando le unità di misura fisiche dell'energia, non quelle volatili e aleatorie del mercato economico”, ha concluso Aspo Italia.
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