Prima è stato occupato il teatro Valle per i tagli alla cultura, poi Cinecittà, adesso tocca all'aula Giulio Cesare del Comune, dove la minoranza protesta contro la cessione di una quota dell'Acea
Città Nuova - Dopo che Hannibal a fine aprile, Scipione e Caronte in giugno, ed ora Minosse hanno occupato le nostre città mettendo alla prova la nostra pazienza, vi sono alcune decine di coraggiosi cittadini che occupano o stanno iniziando ad occupare anche alcune Istituzioni. Infatti ad oggi abbiamo l’occupazione del Teatro Valle a Roma, e la cosa continua da tempo, per evitare i licenziamenti, il precariato e i tagli alla cultura. Sempre nella Capitale l’occupazione di Cinecittà contro la ventilata ipotesi di tramutare gli attuali 22 teatri di posa in alberghi, ristoranti, luoghi di benessere, attrazioni e altri divertimenti, un modo certamente redditizio per rilanciare Cinecittà, ma anche per far sparire non solo un simbolo di Roma, ma anche un centro di arte e cultura che il mondo della celluloide ha sempre apprezzato e invidiato. Come una minaccia nel muro di cinta campeggia la scritta: “Che direbbe Albertone?” Non è difficile immaginare che potrebbe dire: “Pussa via....”.
Last, but non least, cioè ultima in ordine di tempo, ma non di importanza, ecco la simbolica occupazione dell'Aula Giulio Cesare, tempio della politica capitolina.
E il contendere è sempre quell'elemento primordiale, potente archetipo e ricca simbologia di tante cose, echeggiata soprattutto quando manca: l'acqua e nella fattispecie chi la distribuisce a Roma: l'Acea. Infatti anche per gli attenti lettori di Città Nuova non è più una novità: vi è in gioco la vendita del 21 per cento delle quote azionarie della società capitolina ai privati, mentre l'opposizione, appoggiata da tanti movimenti e associazioni, sono per l'acqua pubblica e sottolineano che nel famoso referendum, l'ultimo che abbiamo votato, circa un milioneduecentoventisettemila romani hanno detto sì all'acqua pubblica.
Il problema è che la battaglia si sta svolgendo come una brutta partita a scacchi con mosse e contromosse, con mancanza di numero legale, maxi emendamenti che cancellano migliaia di altri emendamenti e tutto il tatticismo che la politica sa spendere in queste occasioni. Ovviamente la maggioranza ritiene valida la delibera, manco a dirlo, l'opposizione pensa diametralmente il contrario. A bloccare la partita ha provveduto il Consiglio di Stato, che ha sospeso la cessione fino al 24 luglio.
Ed è così che mentre gli scacchi fanno fatica a muoversi, l'opposizione ha deciso di occupare l'aula mostrando uno striscione con scritto "No alla svendita Acea" e aprendo una tenda da campeggio.
Visto che si polemizzava sul fatto che i politici non devono fare troppe vacanze per lavorare in un tempo di crisi, i consiglieri di Roma Capitale danno un valido esempio: si lavora in clima di vacanze e trattandosi di acqua si potrebbe dire: “apriti cielo”.... con tutte le conseguenze del caso.
di Attilio Menos
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