lunedì, luglio 02, 2012
Oltre 10 milioni di persone nel Sahel patiscono varie forme di insicurezza alimentare.Tra queste 1 milione di bambini.

Radio Vaticana - Di questi, un milione sono bambini che soffrono di malnutrizione severa e altri 2 milioni di malnutrizione meno acuta. Questi dati sono stati presentati da mons. Paul Ouedraogo, arcivescovo di Bobo-Dioulasso e presidente di Ocades-Caritas Burkina, alla Conferenza sullo sviluppo sostenibile (Uncsd), denominata anche Rio+20, che si è svolta dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro. I Paesi più colpiti dalla crisi alimentare sono Niger (con 5 milioni e mezzo di persone in sofferenza); Mali (3 milioni); Burkina Faso (1,7 milioni) e Senegal (850.000). Le cause della crisi sono il magro raccolto nella stagione 2011-12, conseguenza delle scarse piogge, e più in generale la riduzione della produttività nei Paesi della regione (Mauritania, Niger, Senegal, Mali, Burkina Faso, Ciad) provocata dai cambiamenti climatici. Nel caso del Mali, si aggiungono la violenza e l’insicurezza nel nord del Paese, che ha generato un forte afflusso di rifugiati nei Paesi limitrofi (vi sono nel solo Burkina Faso 150.000 rifugiati maliani). Le conseguenze della crisi alimentare sono, secondo quanto riporta mons. Ouedraogo, la riduzione del numero e della quantità dei pasti giornalieri, la perdita del bestiame, la migrazione dei giovani nelle grandi città. Per affrontare il problema, il presidente di Ocades-Caritas Burkina indica diversi provvedimenti: stabilire un sistema di allarme sulle condizioni climatiche, migliorare la ridistribuzione delle risorse alimentari nell’area, stabilire fondi di emergenza, formare gli agricoltori a nuove tecniche agricole, costruire pozzi e dighe, diversificare le fonti di reddito (attualmente l’80% della popolazione attiva è impiegata nell’agricoltura che rappresenta tra il 30 e il 40 del Pil dei Paesi del Sahel). “I Paesi del Sahel hanno la possibilità di far fronte alla crisi. Hanno solo bisogno di risorse per rafforzare le azioni che sono già avviate sul terreno. Investendo nel rafforzamento della capacità di recupero, i partner saranno in grado di offrire ai Paesi che patiscono la crisi alimentare una meravigliosa opportunità di rispondere in prima persona, nel modo più efficace e nella situazione più difficile in cui vivono” conclude mons. Ouedraogo. (R.P.)

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