Verso la Conferenza de L’Aquila. Salvini afferma:
“Il volontariato che dipende dalle istituzioni diventa suddito”
“Il volontariato che dipende dalle istituzioni diventa suddito”
Le cose stanno cambiando. E pure rapidamente. E’ anche per questo che il volontariato deve pensare a riposizionarsi. In un contesto così fatto, a pochi mesi dalla conferenza nazionale de L’Aquila, il volontariato toscano si è incontrato per discutere delle prospettive, dei nuovi modelli, della propria identità. Che ovviamente non è persa. Si è solo un po’ smarrita. E le provocazioni più accattivanti, in questo contesto, sono arrivate proprio da un accademico che questo mondo l’ha studiato (e che continua a studiarlo).
Siena (Volontariatoggi) - “Il volontariato e il terzo settore, rispetto alle istituzioni pubbliche, manifestano aspetti di dipendenza. Soprattutto finanziaria. Ci sono territori in cui questo fenomeno è molto evidente. Ma ricordate: dipendenza finanziaria crea anche dipendenza culturale”. A parlare è il sociologo Andrea Salvini dell’Università di Pisa. Ricorda la famosa frase, che suona un po’ come un motto: “non si sputa nel piatto in cui si mangia”. D’accordo. Ma la dignità e la responsabilità dove sono andati a finire? “Dov’è andata a finire la capacità critica?” si domanda. Ecco, per lui la dipendenza “diventa a volte sudditanza. Non oso pensare che sia politica – aggiunge – può essere però psicologica. Quindi dobbiamo porre al centro la nostra capacità di pensare il riposizionamento”.
Poi Salvini apre un’altra porta sul welfare partecipato che “ci piace tanto”. E torna a porre nuove domande: “siamo sicuri di avere gli strumenti giusti per sedere in quei luoghi in modo dignitoso ed efficace?”. Tornano così a galla i temi della rappresentanza (“… e degli spazi occupati dalle solite persone”), della moltiplicazione dei luoghi di partecipazione, della difficoltà del volontariato di far parte dei processi decisionali. “Non riusciamo a pensarci come a un soggetto collettivo. E i limiti – spiega Salvini – sono spesso confinati nella propria struttura organizzativa. Non possiamo trascurare che esiste un volontariato che non si riconosce nel welfare. E per questo esplodono reti spontanee, i cui nomi rappresentano l’esigenza di nuove identità”.
E visto che il tema della cosiddetta spending review è quanto mai attuale, ecco che il sociologo si sofferma su nuove e incisive provocazioni. “Quanto ci costa non collaborare, non fare sistema, non partecipare?” si domanda. Poi si spinge oltre. “So che non è un percorso attuabile, ma suggerisco di mettere come vincolo alla progettazione l’aver partecipato a corsi di lettura critica del territorio, ad analisi dei processi di sviluppo del territorio. E’ così che nasce l’idea di solidarietà. D’accorso, la mia sarà pure una proposta accademica. Ma la rivendico con forza perché la ritengo utile”. Per Salvini, infine, la condizione necessaria per vedersi approvare un progetto dovrebbe essere quella di “aver costruito una rete. Non una partnership creata all’occorrenza. Una rete – aggiunge – che preveda anche la presenza delle istituzioni e una serie di dichiarazioni sulla condivisione delle risorse. Condividere significa frugarsi nelle tasche. Fosse anche per mettere sul piatto quel poco che si ha. Se non si condivide con gli altri non può essere solidarietà”.
Pensare che il suo intervento a Siena è iniziato con l’auspicio di abbinare a un nuovo modello di economia – invocato dalla vicepresidente di CSVnet Francesca Danese in un video messaggio – anche un nuovo modello culturale. Poi si è soffermato sulla critica di un abitudine piuttosto diffusa: quella di “pluralizzare tutto”. “Beni comuni, territori, volontariati. Be’ – dice Salvini – vorrei si potesse tornare a pensare al singolare. Perché il rischio è quello della frammentazione”. Forse per stemperare il clima di una sala che non ha visto più di una cinquantina di presenze, Luigi Martignetti (direttore di Reves) ha iniziato il suo intervento con una battuta: “non sono un accademico, non sono obbligato a dire cose intelligenti”. Poi, smentendo se stesso, di cose intelligenti ne ha dette. Prima ha difeso la dimensione territoriale (“ogni volontariato territoriale ha delle peculiarità, semmai il problema è esplicitarle”) poi ha parlato di Europa (“mi pareva che la Toscana volesse confrontarsi sul tema europeo, ma vi siete domandati di come l’Europa vede il volontariato?”). Si è chiesto se il volontariato è un settore o un sistema. E si è dato una risposta, ovviamente in chiave europea.
“La commissione – ha detto – lo considera a volte un settore e altre volte un sistema. Quasi sempre, però, prevale la seconda ipotesi”. A proposito di sistemi, Martignetti ha fatto sapere che il sistema giuridico europeo permette esenzioni per l’applicazione di certe norme in settori giudicati “qualificati e strategici”. Ebbene: il volontariato e il welfare, per l’Europa, non sono considerati tali. Cosa diversa è per la Difesa. “In Italia – ha detto – avrebbero potuto comprare i caccia bombardieri senza neppure fare una gara”.
L’incontro si Siena, arrivato a seguito di tre appuntamenti territoriali per ‘area vasta’, è stato promosso da Cesvot, Regione Toscana, Consulta regionale del volontariato della Toscana, Forum Terzo Settore Toscana e Copas.
Siena (Volontariatoggi) - “Il volontariato e il terzo settore, rispetto alle istituzioni pubbliche, manifestano aspetti di dipendenza. Soprattutto finanziaria. Ci sono territori in cui questo fenomeno è molto evidente. Ma ricordate: dipendenza finanziaria crea anche dipendenza culturale”. A parlare è il sociologo Andrea Salvini dell’Università di Pisa. Ricorda la famosa frase, che suona un po’ come un motto: “non si sputa nel piatto in cui si mangia”. D’accordo. Ma la dignità e la responsabilità dove sono andati a finire? “Dov’è andata a finire la capacità critica?” si domanda. Ecco, per lui la dipendenza “diventa a volte sudditanza. Non oso pensare che sia politica – aggiunge – può essere però psicologica. Quindi dobbiamo porre al centro la nostra capacità di pensare il riposizionamento”.
Poi Salvini apre un’altra porta sul welfare partecipato che “ci piace tanto”. E torna a porre nuove domande: “siamo sicuri di avere gli strumenti giusti per sedere in quei luoghi in modo dignitoso ed efficace?”. Tornano così a galla i temi della rappresentanza (“… e degli spazi occupati dalle solite persone”), della moltiplicazione dei luoghi di partecipazione, della difficoltà del volontariato di far parte dei processi decisionali. “Non riusciamo a pensarci come a un soggetto collettivo. E i limiti – spiega Salvini – sono spesso confinati nella propria struttura organizzativa. Non possiamo trascurare che esiste un volontariato che non si riconosce nel welfare. E per questo esplodono reti spontanee, i cui nomi rappresentano l’esigenza di nuove identità”.
E visto che il tema della cosiddetta spending review è quanto mai attuale, ecco che il sociologo si sofferma su nuove e incisive provocazioni. “Quanto ci costa non collaborare, non fare sistema, non partecipare?” si domanda. Poi si spinge oltre. “So che non è un percorso attuabile, ma suggerisco di mettere come vincolo alla progettazione l’aver partecipato a corsi di lettura critica del territorio, ad analisi dei processi di sviluppo del territorio. E’ così che nasce l’idea di solidarietà. D’accorso, la mia sarà pure una proposta accademica. Ma la rivendico con forza perché la ritengo utile”. Per Salvini, infine, la condizione necessaria per vedersi approvare un progetto dovrebbe essere quella di “aver costruito una rete. Non una partnership creata all’occorrenza. Una rete – aggiunge – che preveda anche la presenza delle istituzioni e una serie di dichiarazioni sulla condivisione delle risorse. Condividere significa frugarsi nelle tasche. Fosse anche per mettere sul piatto quel poco che si ha. Se non si condivide con gli altri non può essere solidarietà”.
Pensare che il suo intervento a Siena è iniziato con l’auspicio di abbinare a un nuovo modello di economia – invocato dalla vicepresidente di CSVnet Francesca Danese in un video messaggio – anche un nuovo modello culturale. Poi si è soffermato sulla critica di un abitudine piuttosto diffusa: quella di “pluralizzare tutto”. “Beni comuni, territori, volontariati. Be’ – dice Salvini – vorrei si potesse tornare a pensare al singolare. Perché il rischio è quello della frammentazione”. Forse per stemperare il clima di una sala che non ha visto più di una cinquantina di presenze, Luigi Martignetti (direttore di Reves) ha iniziato il suo intervento con una battuta: “non sono un accademico, non sono obbligato a dire cose intelligenti”. Poi, smentendo se stesso, di cose intelligenti ne ha dette. Prima ha difeso la dimensione territoriale (“ogni volontariato territoriale ha delle peculiarità, semmai il problema è esplicitarle”) poi ha parlato di Europa (“mi pareva che la Toscana volesse confrontarsi sul tema europeo, ma vi siete domandati di come l’Europa vede il volontariato?”). Si è chiesto se il volontariato è un settore o un sistema. E si è dato una risposta, ovviamente in chiave europea.
“La commissione – ha detto – lo considera a volte un settore e altre volte un sistema. Quasi sempre, però, prevale la seconda ipotesi”. A proposito di sistemi, Martignetti ha fatto sapere che il sistema giuridico europeo permette esenzioni per l’applicazione di certe norme in settori giudicati “qualificati e strategici”. Ebbene: il volontariato e il welfare, per l’Europa, non sono considerati tali. Cosa diversa è per la Difesa. “In Italia – ha detto – avrebbero potuto comprare i caccia bombardieri senza neppure fare una gara”.
L’incontro si Siena, arrivato a seguito di tre appuntamenti territoriali per ‘area vasta’, è stato promosso da Cesvot, Regione Toscana, Consulta regionale del volontariato della Toscana, Forum Terzo Settore Toscana e Copas.
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