Dopo un periodo di apparente distensione, nuove tensioni tra il Vaticano e la Cina
La chiesa patriottica è la sola riconosciuta dal governo cinese. Voluta dall'Ufficio affari religiosi della Repubblica Popolare, ha lo scopo di controllare le attività dei cattolici in Cina; ha i suoi seminari, i suoi sacerdoti e suoi vescovi. La Costituzione cinese afferma che "le organizzazioni religiose e le attività religiose non possono essere soggette ad alcun controllo esterno" per questo il governo considera ‘sovversivi‘ tutti i cattolici che fanno riferimento alla Santa Sede, sia sacerdoti che laici. Ciononostante, la Chiesa fedele a Roma, seppur costretta ad operare nella clandestinità (rischiando continuamente arresti, sequestri, isolamento, emarginazione), è quella con la maggiore crescita di fedeli.
Nel tempo, la S. Sede ha provveduto in segreto a consacrare vescovi di propria nomina per la Chiesa ‘sotterranea’, ma essi non possono svolgere pubblicamente il loro mandato apostolico. Tuttavia, è frequente che anche vescovi appartenenti alla chiesa patriottica chiedano segretamente il riconoscimento di Roma e spesso lo ottengono. Mons. Thaddeus Ma Daqin ha fatto di più: pur essendo stato riconosciuto con bolla papale, ha ritenuto necessario durante la celebrazione della sua ordinazione comunicare ai fedeli “per la maggiore gloria di Dio” di non voler far più parte dell'Associazione Patriottica ritenendola un ostacolo al suo "lavoro pastorale e di evangelizzazione".
Lo ‘strappo’ non poteva essere rinviato: mons. Ma Daqin aveva rifiutato (durante la sua cerimonia di ordinazione) l'imposizione delle mani e la comunione dalle mani di Zhan Silu, che è vescovo ufficiale della chiesa patriottica nella provincia di Mindong ma illegittimo per la Chiesa di Roma (scomunicato automaticamente in base alle sanzioni previste dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico, perché ordinato senza mandato pontificio). Il gesto, già da solo, è stato più che eloquente ma le sue parole ne hanno chiarito ancor di più l’origine e le motivazioni: “Alla luce di quello che ci ha insegnato la nostra Santa Madre Chiesa, che io servo come vescovo, ho bisogno di dedicare tutte le mie energie al ministero episcopale e all'opera di evangelizzazione. È così imbarazzante per me continuare a prendere certi tipi di responsabilità. Pertanto, in questo momento della mia ordinazione, non è più auspicabile che io sia un membro dell'Associazione Patriottica dei cattolici cinesi”.
Dopo aver pronunciato queste parole, al termine della celebrazione mons. Ma Daqin è stato prelevato da funzionari del ministero degli affari religiosi e non si sono avute più notizie se non un breve comunicato (poco credibile) sul sito della diocesi, secondo cui il vescovo avrebbe chiesto di essere lasciato in pace per riposarsi nel seminario di Shenshan a causa di un esaurimento psicofisico e di non voler vedere e sentire più nessuno.
Per il suo coraggio, la sua scomparsa ha avuto grande eco sui media internazionali e su numerosi siti web e forum cattolici. In casi analoghi il governo cinese è apparso attento ai movimenti di opinione, per cui è importante porre la massima attenzione a quanto accaduto e seguire il suo evolversi. Auspichiamo che il governo cinese accetti e rispetti un gesto di libertà pienamente legittimo, chiaramente lontano da ogni velleità ‘sovversiva’ e teso solamente ad affermare l’Unità della Chiesa e la fede in Cristo. Essere cattolici non infrange la legge…
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