Il cardinale Bagnasco: servono politici cristiani coerenti, impegnati per la famiglia e il bene comune
All’indomani dell’appello all’unità del Paese, lanciato dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il porporato è tornato – ai nostri microfoni - sui temi di più stretta attualità.
Radio Vaticana - L’invito è quello di sostenere la famiglia e di impegnarsi in politica, restando testimoni della fede. L’intervista è di Luca Collodi: ascolta
R. – Ho pensato che ai piedi della Madonna della Guardia - per Genova è una grandissima devozione e festa - fosse il momento di fare un appello, come spesso noi pastori facciamo alla gente, rispetto al momento della crisi che viviamo ormai da tempo, che riveste - mi sembra - un carattere non soltanto di gravità ma di eccezionalità e che pertanto chiede l’attenzione e il contributo di tutta la società nelle sue articolazioni, a tutti i livelli. Mi pare che questa sia la chiave di lettura corretta della mia omelia di ieri, senza dimenticare l’attenzione che oggi è richiesta da parte di tutti quanti sui problemi più urgenti che la gente sente, che sono il problema economico, il problema del lavoro, e poi la riforma dello Stato, la riforma della politica. Sono i problemi che richiedono un’attenzione assoluta, senza distrazione.
D. – La Chiesa teme per la tenuta sociale dell’Italia?
R. - Ogni crisi che investe la sicurezza del lavoro, con tutte le conseguenze, porta sicuramente rischi. Qualche rischio lo comporta perché laddove c’è incertezza, c’è difficoltà, certamente il male può avere buon gioco. Però c’è anche da dire e ricordare fermamente che la responsabilità di tutti ha in mano il proprio destino, basta che non ci si isoli gli uni dagli altri nell’ambito sociale. La Chiesa fa il suo dovere, con responsabilità, nel nome del Signore annunciando la speranza affidabile che è Cristo Gesù e nello stesso tempo stando vicina alla gente con la fittissima rete delle parrocchie, delle associazioni, dei gruppi, per essere un punto di riferimento per tante situazioni di difficoltà.
D. – Perché, nonostante le tante promesse, la famiglia non viene sostenuta sul piano politico ed economico?
R. – La famiglia naturale, così come la conosciamo, come la viviamo, è talmente importante, anzi essenziale per la società, che si rivela ancora una volta il nucleo fondamentale di tenuta della società stessa nel suo insieme. Non si finirà mai di aiutarla e di sostenerla abbastanza. E’ talmente fondamentale che qualunque provvedimento, auspicato o che si sta vedendo, non è mai sufficiente, tanto è il valore. Bisogna essere attenti, però, anche sul piano culturale ed educativo perché non si snaturi la famiglia e non si svaluti in una società che, sì, è multiculturale come ben sappiamo, ma che non può essere indifferente rispetto ai valori fondamentali, i valori di base, di cui la famiglia è veramente fondativa insieme alla vita, la libertà educativa.
D. – Guardando alla crisi, può bastare la riforma dello Stato per riconciliare il Paese reale con quello legale?
R. – Penso che questa riforma dello Stato di cui si parla, giustamente, sia il primo passo assolutamente necessario per questa riconciliazione. Uno Stato che sia più agile, più rappresentativo, e nello stesso tempo più sussidiario e solidale. Ma ci vuole anche una riforma culturale, non solo strutturale, perché è un primo passo necessario ma - mi pare - non sufficiente. Se non si opera anche questa riforma culturale più decisa e più chiara, nel senso più solidarista, più relazionale, meno individuale, senza questa riforma educativa, mi pare che si affermerà sempre di più una concezione asociale della società, dove cioè chi è più forte va avanti.
D. - C’è anche poi il tema di rifondare la politica italiana. I laici cattolici, tanto invocati, possono avere la forza per invertire l’attuale situazione politica italiana?
R. - Certamente hanno un grave dovere di esserci in politica, il dovere di una testimonianza, come per ogni cristiano, e il coraggio di avere la propria identità e la propria coscienza cristiana, senza complessi di subalternità verso nessuno. Per invertire certe derive culturali o sociali o politiche, è necessario in certi momenti, soprattutto in certi momenti storici, non essere preoccupati dei propri interessi né di carriera né succubi di ideologie. Non bisogna avere paura di apparire superati o isolati. Devono esserci i cattolici in politica, molti e preparati, con coerenza!
D. – La situazione dei minatori del Sulcis in Sardegna. Qualcuno osserva che ultimamente la politica italiana sia un po’ troppo sbilanciata a rincorrere l’Europa e troppo poco impegnata a risolvere i problemi veri dell’Italia, come quelli del lavoro…
R. – Se guardiamo il mondo vediamo che il contesto dell’Unione europea è assolutamente imprescindibile perché ogni problema, per essere affrontato, ormai richiede un contesto più ampio, che significa quello nazionale dei diversi Paesi ma anche quello internazionale. Non si tratta, come a volte si sente, di essere succubi o di essere trainanti nel contesto europeo, ma mi pare che sia decisivo che l’Europa faccia un passo forte verso un’anima comune, così come i padri dell’Europa – Adenauer, Schuman, De Gasperi - volevano. Finché l’Europa vuole costruirsi senza religione sarà sempre fragile, senza fondamento. Quindi, affronterà le questioni pratiche dei singoli Paesi dove si innestano problemi più locali, come lei ha accennato giustamente, in chiave più nazionalista che europea. Mi pare che l’Europa debba essere aiutata - e mi pare che questo si cerchi di fare - a compiere un salto di qualità.
D. – Un’ultima riflessione, riguarda le nostre abitudini ed è il tema del gioco d’azzardo. “Avvenire” ne ha fatto una campagna di contrasto importante. Purtroppo il gioco è ormai entrato a pieno titolo nella vita quotidiana, soprattutto dei giovani, a partire dalla sponsorizzazione di trasmissioni sportive che hanno un forte impatto sociale…
R. – Non penso che questa questione del gioco d’azzardo su cui, come lei diceva, la Chiesa è intervenuta e interviene in diverse occasioni, sia una questione di rispetto della libertà di scelta. A volte viene invocata, le proposte sono molte, ognuno sceglie in coscienza, questo è verissimo, è un principio fondamentale. Ma non credo che da parte di chi promuove questo tipo di gioco sia questo il valore perseguito. Credo che sia soltanto l’interesse economico. Una conseguenza di questo stile, quando diventa stile di vita, purtroppo, è la rovina delle famiglie e dei singoli - la rovina dei propri risparmi, delle proprie risorse - con un conseguente aggravio sociale. Ma c’è anche un’altra conseguenza, che è il deterioramento culturale generale che il gioco d’azzardo pubblicizzato e diffuso crea. Quindi, da una parte c’è una rovina economica, frequentemente, ma dall’altra un’opinione, una cultura generale che fa concepire la vita come non tanto qualcosa che si costruisce con fatica, giorno per giorno, nella dedizione quotidiana, quanto un gioco, un azzardo, una scommessa che potrebbe andare e che spesso va male.
Radio Vaticana - L’invito è quello di sostenere la famiglia e di impegnarsi in politica, restando testimoni della fede. L’intervista è di Luca Collodi: ascolta
R. – Ho pensato che ai piedi della Madonna della Guardia - per Genova è una grandissima devozione e festa - fosse il momento di fare un appello, come spesso noi pastori facciamo alla gente, rispetto al momento della crisi che viviamo ormai da tempo, che riveste - mi sembra - un carattere non soltanto di gravità ma di eccezionalità e che pertanto chiede l’attenzione e il contributo di tutta la società nelle sue articolazioni, a tutti i livelli. Mi pare che questa sia la chiave di lettura corretta della mia omelia di ieri, senza dimenticare l’attenzione che oggi è richiesta da parte di tutti quanti sui problemi più urgenti che la gente sente, che sono il problema economico, il problema del lavoro, e poi la riforma dello Stato, la riforma della politica. Sono i problemi che richiedono un’attenzione assoluta, senza distrazione.
D. – La Chiesa teme per la tenuta sociale dell’Italia?
R. - Ogni crisi che investe la sicurezza del lavoro, con tutte le conseguenze, porta sicuramente rischi. Qualche rischio lo comporta perché laddove c’è incertezza, c’è difficoltà, certamente il male può avere buon gioco. Però c’è anche da dire e ricordare fermamente che la responsabilità di tutti ha in mano il proprio destino, basta che non ci si isoli gli uni dagli altri nell’ambito sociale. La Chiesa fa il suo dovere, con responsabilità, nel nome del Signore annunciando la speranza affidabile che è Cristo Gesù e nello stesso tempo stando vicina alla gente con la fittissima rete delle parrocchie, delle associazioni, dei gruppi, per essere un punto di riferimento per tante situazioni di difficoltà.
D. – Perché, nonostante le tante promesse, la famiglia non viene sostenuta sul piano politico ed economico?
R. – La famiglia naturale, così come la conosciamo, come la viviamo, è talmente importante, anzi essenziale per la società, che si rivela ancora una volta il nucleo fondamentale di tenuta della società stessa nel suo insieme. Non si finirà mai di aiutarla e di sostenerla abbastanza. E’ talmente fondamentale che qualunque provvedimento, auspicato o che si sta vedendo, non è mai sufficiente, tanto è il valore. Bisogna essere attenti, però, anche sul piano culturale ed educativo perché non si snaturi la famiglia e non si svaluti in una società che, sì, è multiculturale come ben sappiamo, ma che non può essere indifferente rispetto ai valori fondamentali, i valori di base, di cui la famiglia è veramente fondativa insieme alla vita, la libertà educativa.
D. – Guardando alla crisi, può bastare la riforma dello Stato per riconciliare il Paese reale con quello legale?
R. – Penso che questa riforma dello Stato di cui si parla, giustamente, sia il primo passo assolutamente necessario per questa riconciliazione. Uno Stato che sia più agile, più rappresentativo, e nello stesso tempo più sussidiario e solidale. Ma ci vuole anche una riforma culturale, non solo strutturale, perché è un primo passo necessario ma - mi pare - non sufficiente. Se non si opera anche questa riforma culturale più decisa e più chiara, nel senso più solidarista, più relazionale, meno individuale, senza questa riforma educativa, mi pare che si affermerà sempre di più una concezione asociale della società, dove cioè chi è più forte va avanti.
D. - C’è anche poi il tema di rifondare la politica italiana. I laici cattolici, tanto invocati, possono avere la forza per invertire l’attuale situazione politica italiana?
R. - Certamente hanno un grave dovere di esserci in politica, il dovere di una testimonianza, come per ogni cristiano, e il coraggio di avere la propria identità e la propria coscienza cristiana, senza complessi di subalternità verso nessuno. Per invertire certe derive culturali o sociali o politiche, è necessario in certi momenti, soprattutto in certi momenti storici, non essere preoccupati dei propri interessi né di carriera né succubi di ideologie. Non bisogna avere paura di apparire superati o isolati. Devono esserci i cattolici in politica, molti e preparati, con coerenza!
D. – La situazione dei minatori del Sulcis in Sardegna. Qualcuno osserva che ultimamente la politica italiana sia un po’ troppo sbilanciata a rincorrere l’Europa e troppo poco impegnata a risolvere i problemi veri dell’Italia, come quelli del lavoro…
R. – Se guardiamo il mondo vediamo che il contesto dell’Unione europea è assolutamente imprescindibile perché ogni problema, per essere affrontato, ormai richiede un contesto più ampio, che significa quello nazionale dei diversi Paesi ma anche quello internazionale. Non si tratta, come a volte si sente, di essere succubi o di essere trainanti nel contesto europeo, ma mi pare che sia decisivo che l’Europa faccia un passo forte verso un’anima comune, così come i padri dell’Europa – Adenauer, Schuman, De Gasperi - volevano. Finché l’Europa vuole costruirsi senza religione sarà sempre fragile, senza fondamento. Quindi, affronterà le questioni pratiche dei singoli Paesi dove si innestano problemi più locali, come lei ha accennato giustamente, in chiave più nazionalista che europea. Mi pare che l’Europa debba essere aiutata - e mi pare che questo si cerchi di fare - a compiere un salto di qualità.
D. – Un’ultima riflessione, riguarda le nostre abitudini ed è il tema del gioco d’azzardo. “Avvenire” ne ha fatto una campagna di contrasto importante. Purtroppo il gioco è ormai entrato a pieno titolo nella vita quotidiana, soprattutto dei giovani, a partire dalla sponsorizzazione di trasmissioni sportive che hanno un forte impatto sociale…
R. – Non penso che questa questione del gioco d’azzardo su cui, come lei diceva, la Chiesa è intervenuta e interviene in diverse occasioni, sia una questione di rispetto della libertà di scelta. A volte viene invocata, le proposte sono molte, ognuno sceglie in coscienza, questo è verissimo, è un principio fondamentale. Ma non credo che da parte di chi promuove questo tipo di gioco sia questo il valore perseguito. Credo che sia soltanto l’interesse economico. Una conseguenza di questo stile, quando diventa stile di vita, purtroppo, è la rovina delle famiglie e dei singoli - la rovina dei propri risparmi, delle proprie risorse - con un conseguente aggravio sociale. Ma c’è anche un’altra conseguenza, che è il deterioramento culturale generale che il gioco d’azzardo pubblicizzato e diffuso crea. Quindi, da una parte c’è una rovina economica, frequentemente, ma dall’altra un’opinione, una cultura generale che fa concepire la vita come non tanto qualcosa che si costruisce con fatica, giorno per giorno, nella dedizione quotidiana, quanto un gioco, un azzardo, una scommessa che potrebbe andare e che spesso va male.
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