La scomparsa di Neil Armstrong, l’astronauta che nel luglio 1969 fu il primo uomo a poggiare il piede sulla Luna, ha riportato alla mente l’euforia che in quei giorni unì gran parte del pianeta per le gesta degli uomini dell’Apollo 11. Uomini ai quali il Papa dell’epoca, Paolo VI, dedicò ripetute benedizioni e attestati di ammirazione. Ce li ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis: ascolta
Radio Vaticana - In principio è, come lo definirà tre giorni dopo, il “trauma della novità e della meraviglia” dal quale Paolo VI è investito come il resto dell’umanità e dal quale non si sottrae. All’Angelus di mezzogiorno, domenica 20 luglio 1969, Papa Montini è già proiettato alla sera, quando i tre astronauti americani dovrebbero allunare:
“Oggi è un giorno grande, un giorno storico per l’umanità, se davvero questa sera due uomini metteranno piede sulla Luna, come Noi con tutto il mondo trepidante, esultante e orante auguriamo possa felicemente avvenire. Faremo bene a meditare sopra questo straordinario e strabiliante avvenimento…”. (Angelus, 20 luglio 1969)
“Faremo bene a meditare…”. Pur preso come tutti, Paolo VI mantiene subito la lucidità e quel po’ di distanza che lo portano ad aprire un varco di raziocinio nella rovente esaltazione collettiva, che altro non concepisce che ammirati osanna per gli eroi della Luna. Poi, l’evento sul quale si è scritto e rimuginato per settimane e mesi acquista la “solidità” delle immagini tv. È la notte del 21 luglio in Italia e il Papa segue l’allunaggio dalla Specola Vaticana, l’Osservatorio astronomico di Castel Gandolfo. Lì, a impresa avvenuta, Paolo VI rende grazie al cielo – al quale tre uomini si son fatti in fondo più vicini – e insieme Giovanni Battista Montini libera tutto il suo entusiasmo:
“Gloria a Dio! E onore a voi, uomini artefici della grande impresa spaziale! Onore agli uomini responsabili, agli studiosi, agli ideatori, agli organizzatori, agli operatori! Onore a tutti coloro che hanno reso possibile l’audacissimo volo! A voi tutti onore, che vi siete in qualche modo impegnati! Onore a voi, che, seduti dietro i vostri prodigiosi apparecchi, governate, a voi, che notificate al mondo l’opera e l’ora, la quale allarga alle profondità celesti il dominio sapiente e audace dell’uomo. Onore, saluto e benedizione!” (Messaggio di Paolo VI ai cosmonauti, 21 luglio 1969)
Due giorni dopo, mercoledì 23 luglio, Papa Montini presiede l’udienza generale. L’argomento, nemmeno a dirlo, è lo sbarco sulla Luna, a riprova di quanto a fondo l’avvenimento abbia penetrato l’immaginario pubblico. Adesso però, mentre gli astronauti americani si preparano all'ammaraggiodel giorno dopo, è il momento di pensare alle implicazioni di ciò che è stato. Nella catechesi, Paolo VI spiega in sostanza che fede e scienza non sono in contrasto, tanto che – soggiunge – “chi studia, chi cerca, chi pensa non può sottrarsi ad una obiettiva onnipresenza di Dio”, e di Cristo, che di quel cosmo in parte solcato dal modulo lunare, resta “principio e fine”. Dunque, per il Papa è fondamentale ricordare che c'è una forza impalpabile dello Spirito che aleggia anche sui giorni in cui tutti inneggiano alla materia della tecnica:
“Nell’ebbrezza di questo giorno fatidico, vero trionfo dei mezzi prodotti dall’uomo, per il dominio del cosmo, noi dobbiamo non dimenticare il bisogno e il dovere che l’uomo ha di dominare se stesso”. (Angelus, 20 luglio 1969)
"L'audacissimo volo" vive secondo atterraggio all'ombra della Cupola di S. Pietro pochi mesi dopo, quando tre mesi più tardi Paolo VI stringe di persona la mano a Neil Armstrong e ai suoi due compagni d'impresa, Edwin Aldrin e Michael Collins. L'udienza è del 16 ottobre 1969.
E' sempre vivo il ricordo di Neil Armstrong tra i suoi compagni di viaggio dell'Apollo 11 e tra i colleghi di ogni parte del mondo. Tra questi Umberto Guidoni, primo astronauta europeo a visitare la Stazione Spaziale Internazionale. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza: ascolta
R. - Neil Armstrong era sicuramente un eroe diverso da quello che è lo stereotipo dell’astronauta coraggioso e sempre pronto a mettersi in mostra. Era piuttosto una persona schiva, tranquilla, e difficilmente avresti pensato che fosse il comandante della missione che era atterrata sulla Luna. Però, era un pilota eccezionale, e proprio queste caratteristiche -probabilmente- lo hanno portato ad essere il prescelto per una delle missioni più complesse e più difficili -mai provata prima-, in cui il margine di rischio -lo dicevano anche i tecnici della Nasa- era praticamente del cinquanta percento. Era come tirare una moneta. Credo che questa sia l’eredità che ci lasciano questi uomini che hanno avuto il coraggio, la freddezza e anche lo slancio, di affrontare pericoli ben oltre quelli che si possono immaginare e pianificare. Forse adesso, dopo quaranta anni, servirebbe un po’ più di coraggio. Abbiamo lasciato non solo la Luna a se stessa, ma abbiamo anche lasciato rallentare quello spirito di esplorazione che aveva caratterizzato quegli anni, dove la tecnologia era molto meno avanzata di oggi, ma nonostante ciò, raggiunse i vertici dell’esplorazione dello spazio.
D. - Quel 20 luglio del 1969, giorno in cui Neil Armstrong mise piede sulla Luna, è divenuto storia dell’umanità. Lei ha conosciuto personalmente Neil Armstrong, quindi ne conserva un ricordo che va al di là di quello celebrativo di queste ultime ore ..
R. - Ricordo in particolare la sua capacità di raccontare l’esperienza lunare come se fosse una normale missione di routine, con grande precisione tecnica, ma senza enfasi, senza retorica. Eppure era stato grazie alla sua capacità di pilotaggio che la missione ha avuto successo. Sono riusciti ad atterrare sulla Luna grazie alla prontezza di riflessi di Neil Armstrong. Ha lasciato all’umanità la realizzazione di un grande sogno, permettendole di vedere la Terra dallo spazio, di vederla dal punto di vista della Luna, e di rendersi conto di quanto sia fragile tutto questo sistema. Credo questo sia forse il regalo più grande che Neil Armostrong ci abbia fatto. Mi piace ricordare l’impronta dei primi passi che lui ha fatto sulla Luna .. Quel famoso “Piccolo passo per l’uomo e grande passo per l’umanità”. Quell’impronta sarà ancora lì sulla Luna per i prossimi milioni di anni. Sarà probabilmente il monumento più longevo al coraggio e alla capacità di un uomo, di una generazione di astronauti -direi-, che ha saputo portare l’umanità oltre i limiti dell’orbita terrestre.
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