martedì, agosto 14, 2012
Cala il sipario sulla XXX edizione dei Giochi. Passaggio di consegne a Rio de Janeiro, per l’anno 2016. Dopo il trionfo di Pechino 2008, il Dragone torna sul secondo gradino del podio, ma i media patriottici denunciano “ingiustizie”. Fra gare e record, la vittoria della fede (Bolt e Farah) sul relativismo britannico. 

Londra (AsiaNews) - Ora tocca a Rio de Janeiro, in Brasile, che ospiterà nel 2016 la XXXI edizione dei Giochi olimpici. Ma atleti, addetti ai lavori, volontari e spettatori hanno ancora negli occhi le immagini e le imprese di Londra 2012, che si è chiusa ieri sera con una spettacolare cerimonia. Una manifestazione contraddistinta da alcuni personaggi che hanno catturato la ribalta - fra questi lo statunitense Michael Phelps, il giamaicano Usain Bolt e il britannico naturalizzato Mo Farah (nella foto), le prime due atlete saudite della storia delle Olimpiadi moderne - e dal ritorno in vetta al medagliere degli Stati Uniti, che hanno battuto la Cina grande protagonista dei Giochi - in casa - di Pechino 2008. E la conferma che, ad oggi, l'Occidente supera l'Oriente per numero di successi ma la forbice si fa sempre più stretta e il futuro, forse fin dalla prossima edizione in salsa carioca, potrebbe segnare un'inversione di tendenza.

Le Olimpiadi di Londra 2012 si sono concluse con una spettacolare cerimonia e il passaggio del testimone a Rio. Lo spettacolo, durato tre ore, ha visto alternarsi sul palcoscenico le principali star della musica pop britannica dell'ultimo decennio, tra cui Spice Girls, George Michael e Take That.

Lo stadio era gremito da circa 10mila atleti e 80mila spettatori, che hanno assistito allo spegnimento della fiamma olimpica, un fiore stilizzato composto da 204 "petali" in rappresentanza di ciascun Paese presente ai Giochi. Al termine ciascuna delegazione ha ricevuto in dono il proprio. E dalle mani del sindaco di Londra Bors Johnson, la bandiera con i cinque anelli è stata affidata al sindaco della megalopoli carioca Eduardo Paes, in un passaggio di consegne presieduto dal presidente del Comitato olimpico internazionale Jacques Rogge.

Grandi protagonisti di questa edizione gli Stati Uniti, in testa al medagliere con 46 ori, 29 argenti e 29 bronzi (104 volte sul podio). A seguire la Cina, che dopo l'exploit di Pechino registra comunque il record di medaglie conquistate all'estero: 38 ori, 27 argenti e 22 bronzi, con 87 medaglie e i successi in discipline poco tradizionali come vela, scherma e boxe che si affiancano al più tradizionale nuoto, tuffi e tennis da tavolo. Al terzo posto i padroni di casa della Gran Bretagna con 29 ori, 17 argenti e 19 bronzi, 65 medaglie in totale.

I media di Stato cinesi hanno esaltato le imprese degli atleti vincitori, rispedendo al mittente accuse di doping o critiche per la durezza del sistema sportivo nazionale. Due gli esempi: la tuffatrice Wu Minxia, ancora in vetta alla propria disciplina e a lungo tenuta all'oscuro della malattia della madre e della morte dei nonni. Nulla doveva infatti disturbare la preparazione della giovane. E poi la nuotatrice 16enne Ye Shiwen, capace di nuotare più veloce dei colleghi maschi in una frazione dei misti.

Il vice-ministro cinese dello Sport ha lanciato accuse di discriminazione dei giudici verso i propri atleti, in un mix di vittimismo e nazionalismo cavalcato da media e blogger del Paese. Per il People's Daily e il China Daily si conferma la "splendida" performance sportiva, ma emergono anche diversi casi di "ingiustizie". Chi ha motivi per sorridere è invece la podista di origini tibetane Choeyang Kyi, che ha regalato alla minoranza - spesso perseguitata da Pechino - la prima medaglia della storia dei giochi, un bronzo nella 20km di marcia. "La scorsa notte - ha scritto un blogger su internet - tutti i tibetani sono rimasti svegli a fare il tifo" e la medaglia "ci ha entusiasmato".

Infine, fra i molti vincitori di queste Olimpiadi vi sono anche le fedi religiose: messe al bando dalla vita pubblica londinese e britannica, la fede è emersa come sostegno fondamentale per gli atleti nelle performance sportive, come sottolineato in un articolo dei giorni scorsi (cfr. AsiaNews 06/08/2012 Olimpiadi Londra 2012: il riscatto della fede, in un Paese che ha bandito i simboli religiosi). E fra i simboli più belli di questa fede mostrata con orgoglio il velocista giamaicano Usain Bolt - re della velocità e vincitore di 100, 200 metri e della staffetta 4x100 - che non ha mai smesso di fare il segno di croce. Assieme a lui il fondista britannico di origini somale Mohammed Farah, che in Inghilterra ha trovato un Paese pur mantenendo un forte legame con le proprie origini e verso l'islam; egli ha festeggiato i successi nei 5.000 e 10.000 metri inginocchiandosi e ringraziando Allah.


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