L’Alta Corte dell’Ucraina non ha accolto il ricorso di parte e ha confermato la condanna a sette anni di reclusione per “abuso di potere” inflitta a carico dell’ex premier Yulia Timoshenko, in carcere da agosto 2011.
Radio Vaticana - La condanna è relativa ad un contratto di fornitura di gas dalla Russia, giudicato sfavorevole per Mosca e per il quale la leader della Rivoluzione Arancione avrebbe esercitato indebite pressioni. Profonda delusione è stata espressa dall'Ue, mentre già da questa mattina sono iniziate le proteste davanti al Tribunale di Kiev. Per un commento, Cecilia Seppia ha sentito Matteo Tacconi, giornalista esperto di Europa dell’Est: ascolta
R. – E’ molto chiaro il fatto che questo processo ha assunto una piega tutta politica e fondamentalmente, considerando anche che in autunno ci sono le elezioni generali, è tutto interesse di Viktor Janukovic, l’attuale presidente ucraino e del gruppo di potere che gli ruota intorno, squalificare quella che presumibilmente è l’avversaria più temibile. Dobbiamo anche ricordare che nei giorni scorsi è stato condannato Lutschenko, che era un ministro del governo Timoschenko e questo ci dà ulteriormente la misura del fatto che si sta combattendo una vera e propria guerra di campo, di posizione, tra i due schieramenti che si contendono il potere in Ucraina, almeno negli ultimi anni.
D. - Carcere, maltrattamenti, lo sciopero della fame, la vicenda in sé, avevano già suscitato una serie di critiche di diversi leader europei - pensiamo a Monti, a Rajoy, ma non solo. Quanto possono pesare le pressioni europee su Kiev e quali conseguenze può avere questa condanna sul suo ingresso nell’ Unione Europea?
R. - La conseguenza c’è già, nel senso che il processo che riguarda gli accordi di associazione e stabilizzazione tra Kiev e Bruxelles è di fatto impantanato. Per quanto riguarda le pressioni, fanno sicuramente bene i leader europei a sottolineare le molte sbavature e gli aspetti politici di questo processo e, come dicevo, prima la giustizia selettiva. Non credo però che le sole pressioni a livello mediatico possano produrre risultati eclatanti.
D. - L’accordo della Timoschenko con Mosca aveva provocato ingenti perdite alla compagnia di Stato "Naftogaz": qual è la posizione del Cremlino su questa vicenda?
R. - Alla vigilia della sentenza dello scorso ottobre, quella che ha portato alla condanna a sette anni di carcere per Julia Timoschenko, i russi erano stati abbastanza chiari: cioè, avevano detto che non capivano questo processo, non capivano il suo esito. Oggettivamente, quel contratto non è svantaggioso per la Russia e forse, facendo un passo indietro, dimostra il fatto che Julia Timoschenko, benché abbia sostenuto fortemente la causa euro-atlantica, era consapevole che non si può ancorare l’Ucraina all’area euro-atlantica sganciandosi totalmente dalla Russia: va mantenuto un certo equilibrio. L’Ucraina, al momento attuale, non può spostarsi troppo a ovest senza considerare le possibili ripercussioni sul suo lato orientale, perché sappiamo benissimo che la Russia tutto sommato considera l’Ucraina come una parte del suo "cortile" di casa. C’è anche chi, come il politologo polacco americano Zbigniew Brzezinski ,dice anche che la Russia senza l’Ucraina non è impero e quindi non è.
D. - La Timoschenko nelle presidenziali era la principale avversaria di Janukovic, ma lo è ancora anche per il suo impegno per la democrazia, la libertà, il rispetto dei diritti umani. D’altra parte, è anche vero che Janukovich preme perché l’Ucraina entri nell’Unione Europea ed è disposto a fare di tutto...
R. - Sicuramente, la Timoschenko è la personalità politica che può contendere il potere all’amministrazione di Janukovich. Dall’altro lato, Janukovich sa benissimo che se l’Ucraina cede all’egemonia russa, lui non è più nessuno e l’Ucraina tantomeno.
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