Benedetto XVI nella Terra dei cedri nel momento di massima tensione nella regione. Le sue parole incoraggiano tutti gli uomini di buona volontà
Città Nuova - Grande speranza suscita nel Medio Oriente la visita del papa alla Terra dei cedri. Che all’aeroporto ci fossero striscioni anche di Hezbollah, la dice lunga sull’importanza del viaggio di Benedetto XVI in un momento in cui la cosiddetta “primavera araba” conosce tanta difficoltà e i fondamentalismi sembrano prendere possesso delle piazze. Già nell’aereo che lo portava a Beirut, il papa conversando con i giornalisti ha dato il tono della sua visita, indicando il significato del suo viaggio: «Invitare al dialogo, invitare alla pace contro la violenza, procedere insieme per trovare la soluzione dei problemi. Dunque, i miei sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare in questo momento in questo grande Paese, questo Paese che – come ha detto Papa Giovanni Paolo II – è un messaggio molteplice, in questa Regione, dell’incontro e dell’origine delle tre religioni abramitiche».
Il papa non ha parlato direttamente delle vicende legate all’idiota filmetto girato in California, che tanti guai sta provocando. Ma ha parlato di fondamentalismo: «È sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della religione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo. Dunque, il compito della Chiesa e delle religioni è quello di purificarsi; un’alta purificazione della religione da queste tentazioni è sempre necessaria. È nostro compito illuminare e purificare le coscienze e rendere chiaro che ogni uomo è un’immagine di Dio; e noi dobbiamo rispettare nell’altro non soltanto la sua alterità, ma, nell’alterità la reale essenza comune di essere immagine di Dio, e trattare l’altro come un’immagine di Dio». Quindi una condanna di fatto sia delle provocazioni che non rispettano la fede altrui, sia delle violenze che ne sono conseguite: «Il messaggio fondamentale della religione dev’essere contro la violenza, che ne è una falsificazione, come il fondamentalismo, e dev’essere l’educazione e l’illuminazione e la purificazione delle coscienze, per renderle capaci di dialogo, di riconciliazione e di pace».
Infine, il papa ha voluto dare il suo giudizio sulla cosiddetta “primavera araba”: «È una cosa positiva: è un desiderio di maggiore democrazia, maggiore libertà, di maggiore cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà, che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera maggiore partecipazione nella vita politica, nella vita sociale, è un progresso, una cosa molto positiva e salutata proprio anche da noi cristiani».
Ma niente ingenuità: «Naturalmente, dalla storia delle rivoluzioni, sappiamo che il grido della libertà, così importante e positivo, è sempre in pericolo di dimenticare un aspetto, una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro; il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme, con determinate regole, può crescere. Dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, non dimentichi la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione, come parte fondamentale della libertà».
E un’auspicio: «Anche la rinnovata identità araba implica pure il rinnovamento dell’insieme secolare e millenario di cristiani e arabi, che proprio insieme, nella tolleranza di maggioranza e minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò penso sia importante vedere l’elemento positivo in questi movimenti e fare la nostra parte perché la libertà sia concepita in modo giusto e risponda a maggior dialogo e non al dominio di uno contro gli altri».
Città Nuova - Grande speranza suscita nel Medio Oriente la visita del papa alla Terra dei cedri. Che all’aeroporto ci fossero striscioni anche di Hezbollah, la dice lunga sull’importanza del viaggio di Benedetto XVI in un momento in cui la cosiddetta “primavera araba” conosce tanta difficoltà e i fondamentalismi sembrano prendere possesso delle piazze. Già nell’aereo che lo portava a Beirut, il papa conversando con i giornalisti ha dato il tono della sua visita, indicando il significato del suo viaggio: «Invitare al dialogo, invitare alla pace contro la violenza, procedere insieme per trovare la soluzione dei problemi. Dunque, i miei sentimenti in questo viaggio sono soprattutto sentimenti di riconoscenza per la possibilità di andare in questo momento in questo grande Paese, questo Paese che – come ha detto Papa Giovanni Paolo II – è un messaggio molteplice, in questa Regione, dell’incontro e dell’origine delle tre religioni abramitiche».
Il papa non ha parlato direttamente delle vicende legate all’idiota filmetto girato in California, che tanti guai sta provocando. Ma ha parlato di fondamentalismo: «È sempre una falsificazione della religione. Va contro l’essenza della religione, che vuole riconciliare e creare la pace di Dio nel mondo. Dunque, il compito della Chiesa e delle religioni è quello di purificarsi; un’alta purificazione della religione da queste tentazioni è sempre necessaria. È nostro compito illuminare e purificare le coscienze e rendere chiaro che ogni uomo è un’immagine di Dio; e noi dobbiamo rispettare nell’altro non soltanto la sua alterità, ma, nell’alterità la reale essenza comune di essere immagine di Dio, e trattare l’altro come un’immagine di Dio». Quindi una condanna di fatto sia delle provocazioni che non rispettano la fede altrui, sia delle violenze che ne sono conseguite: «Il messaggio fondamentale della religione dev’essere contro la violenza, che ne è una falsificazione, come il fondamentalismo, e dev’essere l’educazione e l’illuminazione e la purificazione delle coscienze, per renderle capaci di dialogo, di riconciliazione e di pace».
Infine, il papa ha voluto dare il suo giudizio sulla cosiddetta “primavera araba”: «È una cosa positiva: è un desiderio di maggiore democrazia, maggiore libertà, di maggiore cooperazione, di una rinnovata identità araba. E questo grido della libertà, che viene da una gioventù più formata culturalmente e professionalmente, che desidera maggiore partecipazione nella vita politica, nella vita sociale, è un progresso, una cosa molto positiva e salutata proprio anche da noi cristiani».
Ma niente ingenuità: «Naturalmente, dalla storia delle rivoluzioni, sappiamo che il grido della libertà, così importante e positivo, è sempre in pericolo di dimenticare un aspetto, una dimensione fondamentale della libertà, cioè la tolleranza dell’altro; il fatto che la libertà umana è sempre una libertà condivisa, che solo nella condivisione, nella solidarietà, nel vivere insieme, con determinate regole, può crescere. Dobbiamo fare tutti il possibile perché il concetto di libertà, il desiderio di libertà vada nella giusta direzione, non dimentichi la tolleranza, l’insieme, la riconciliazione, come parte fondamentale della libertà».
E un’auspicio: «Anche la rinnovata identità araba implica pure il rinnovamento dell’insieme secolare e millenario di cristiani e arabi, che proprio insieme, nella tolleranza di maggioranza e minoranza, hanno costruito queste terre e non possono non vivere insieme. Perciò penso sia importante vedere l’elemento positivo in questi movimenti e fare la nostra parte perché la libertà sia concepita in modo giusto e risponda a maggior dialogo e non al dominio di uno contro gli altri».
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