Benedetto XVI è in Libano per il suo 24.mo viaggio apostolico internazionale. Nella basilica greco-melkita di St. Paul ad Harissa, vicino Beirut, ha firmato l’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”. Il Papa ha levato un appello affinché i cristiani della regione siano liberi di testimoniare la loro fede e li ha incoraggiati a non avere paura e a far vincere l’amore sull’odio. Nel primo pomeriggio, nella cerimonia di benvenuto all’aeroporto “Rafiq Hariri” di Beirut, il Papa aveva sottolineato di essere venuto in Libano come “pellegrino di pace” per tutto il Medio Oriente.
Radio Vaticana - “Non temere piccolo gregge” del Medio Oriente, la Chiesa è con te. Ad Harissa, cuore cristiano e mariano del Libano, si è levato il vibrante appello del Papa per i cristiani della regione. Un invito alla speranza che contraddistingue l’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente” firmata stasera dal Papa nella basilica greco-melkita di St. Paul. Una cerimonia suggestiva con il Papa che, nell’abbraccio dei Patriarchi del Medio Oriente, ha voluto testimoniare la comunione dei cristiani della regione. Nell’odierna Festa dell’Esaltazione della Croce, circostanza “provvidenziale”, il Papa ha affermato che l’Esortazione va proprio letta alla luce della Croce che è segno “dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo”. Ed ha sottolineato che tutta la Chiesa ascolta il “grido ansioso” e lo “sguardo disperato” di tanti uomini e donne del Medio Oriente “che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine e che vogliono seguire Cristo”. Al tempo stesso, ha espresso ammirazione per i cristiani del Medio Oriente, per il coraggio della loro fede: “Chiese del Medio Oriente – è stata l’esortazione del Papa – non temete perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo”. Non temete, ha soggiunto, “perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale”. Ed ha osservato che, “con i suoi appelli al dialogo”, l’Esortazione apostolica vuole “celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione”.
“Questo – ha detto – è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità in vasi d’argilla” colmati dall’abbondanza dei doni divini. Quindi, richiamando quanto fatto dall’imperatore Costantino, ha levato un “appello pressante” a porre degli atti concreti per “far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede” in Cristo. Il Pontefice non ha poi mancato di riferirsi al modello libanese di convivenza: “La felice coabitazione dell’Islam e del Cristianesimo, due religioni che hanno contribuito a formare delle grandi culture – ha detto - fa l’originalità della vita sociale, politica, e religiosa nel Libano. Non ci si può che rallegrare di questa realtà che bisogna assolutamente incoraggiare. Affido questo desiderio ai responsabili religiosi del vostro Paese”. Il saluto al Papa, all’inizio della cerimonia, è stato indirizzato dal Patriarca greco-melkita Gregorios Laham, che ha chiesto con forza la risoluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese. Il Patriarca ha sottolineato che il riconoscimento di uno Stato palestinese sarebbe un dono prezioso per il mondo arabo. Per tutti, musulmani e cristiani. Ed ha ringraziato la Santa Sede per la sua posizione coraggiosa sulla questione, nel segno della giustizia e della verità.
La prima giornata di Benedetto XVI in Libano era iniziata con la cerimonia di benvenuto all’aeroporto “Rafiq Hariri” di Beirut. Una cerimonia alla presenza delle massime autorità dello Stato e di personalità religiose cristiane e musulmane, nella quale il Papa ha ricevuto il primo caloroso abbraccio dei fedeli, soprattutto giovani. Nel suo intervento, il Pontefice ha messo l’accento sulla “felice convivenza” libanese, che, ha detto, deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che “all’interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese” e “la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni”. La convivenza che il Libano vuole testimoniare, ha soggiunto, sarà profonda solo “se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli”. Quindi, ha concluso il suo discorso con una sottolineatura sulla dimensione della pace del suo viaggio: “Vengo in Libano – ha detto il Papa – come pellegrino di pace, come amico di Dio e come amico degli uomini”. E al di là del Libano, ha aggiunto, “vengo idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace”, “come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo”.
Radio Vaticana - “Non temere piccolo gregge” del Medio Oriente, la Chiesa è con te. Ad Harissa, cuore cristiano e mariano del Libano, si è levato il vibrante appello del Papa per i cristiani della regione. Un invito alla speranza che contraddistingue l’Esortazione apostolica “Ecclesia in Medio Oriente” firmata stasera dal Papa nella basilica greco-melkita di St. Paul. Una cerimonia suggestiva con il Papa che, nell’abbraccio dei Patriarchi del Medio Oriente, ha voluto testimoniare la comunione dei cristiani della regione. Nell’odierna Festa dell’Esaltazione della Croce, circostanza “provvidenziale”, il Papa ha affermato che l’Esortazione va proprio letta alla luce della Croce che è segno “dell’amore incondizionato di Dio per l’uomo”. Ed ha sottolineato che tutta la Chiesa ascolta il “grido ansioso” e lo “sguardo disperato” di tanti uomini e donne del Medio Oriente “che vivono forti tensioni nella paura e nell’inquietudine e che vogliono seguire Cristo”. Al tempo stesso, ha espresso ammirazione per i cristiani del Medio Oriente, per il coraggio della loro fede: “Chiese del Medio Oriente – è stata l’esortazione del Papa – non temete perché il Signore è veramente con voi fino alla fine del mondo”. Non temete, ha soggiunto, “perché la Chiesa universale vi accompagna con la sua vicinanza umana e spirituale”. Ed ha osservato che, “con i suoi appelli al dialogo”, l’Esortazione apostolica vuole “celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta, del servizio sul dominio, dell’umiltà sull’orgoglio, dell’unità sulla divisione”.
“Questo – ha detto – è la follia della Croce: quella di saper convertire le nostre sofferenze in grido d’amore verso Dio e di misericordia verso il prossimo; quella di saper anche trasformare degli esseri attaccati e feriti nella loro fede e nella loro identità in vasi d’argilla” colmati dall’abbondanza dei doni divini. Quindi, richiamando quanto fatto dall’imperatore Costantino, ha levato un “appello pressante” a porre degli atti concreti per “far uscire i cristiani dalla discriminazione per permettere loro di vivere apertamente e liberamente la loro fede” in Cristo. Il Pontefice non ha poi mancato di riferirsi al modello libanese di convivenza: “La felice coabitazione dell’Islam e del Cristianesimo, due religioni che hanno contribuito a formare delle grandi culture – ha detto - fa l’originalità della vita sociale, politica, e religiosa nel Libano. Non ci si può che rallegrare di questa realtà che bisogna assolutamente incoraggiare. Affido questo desiderio ai responsabili religiosi del vostro Paese”. Il saluto al Papa, all’inizio della cerimonia, è stato indirizzato dal Patriarca greco-melkita Gregorios Laham, che ha chiesto con forza la risoluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese. Il Patriarca ha sottolineato che il riconoscimento di uno Stato palestinese sarebbe un dono prezioso per il mondo arabo. Per tutti, musulmani e cristiani. Ed ha ringraziato la Santa Sede per la sua posizione coraggiosa sulla questione, nel segno della giustizia e della verità.
La prima giornata di Benedetto XVI in Libano era iniziata con la cerimonia di benvenuto all’aeroporto “Rafiq Hariri” di Beirut. Una cerimonia alla presenza delle massime autorità dello Stato e di personalità religiose cristiane e musulmane, nella quale il Papa ha ricevuto il primo caloroso abbraccio dei fedeli, soprattutto giovani. Nel suo intervento, il Pontefice ha messo l’accento sulla “felice convivenza” libanese, che, ha detto, deve dimostrare a tutto il Medio Oriente e al resto del mondo che “all’interno di una nazione possono esistere la collaborazione tra le varie Chiese” e “la convivenza e il dialogo rispettoso tra i cristiani e i loro fratelli di altre religioni”. La convivenza che il Libano vuole testimoniare, ha soggiunto, sarà profonda solo “se è radicata in Dio che vuole che tutti gli uomini siano fratelli”. Quindi, ha concluso il suo discorso con una sottolineatura sulla dimensione della pace del suo viaggio: “Vengo in Libano – ha detto il Papa – come pellegrino di pace, come amico di Dio e come amico degli uomini”. E al di là del Libano, ha aggiunto, “vengo idealmente anche in tutti i Paesi del Medio Oriente come pellegrino di pace”, “come amico di tutti gli abitanti di tutti i Paesi della regione, qualunque sia la loro appartenenza e il loro credo”.
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Grazie, Santo Padre, Dolce Cristo in terra, per le parole di Pace che diffondi nel mondo. Grazie di spenderti con amore per tutti noi.
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