domenica, settembre 16, 2012
L’accusa ha chiesto l’annullamento della cauzione per la bimba pakistana accusata di blasfemia

di Ricci Patrizio

Quando abbiamo visto le immagini diffuse dai media del mullah in manette sembrava scontata l’assoluzione della bambina pakistana. Invece, venerdì, quando la Corte ha ripreso l’udienza del caso Rimsha Masih, il pubblico ministero Rao Abdur Rahim ha chiesto al giudice di agire contro la polizia e di annullare la cauzione concessa per la mancata comparizione dell'imputata. L’incarcerazione del responsabile, un mullah che ha falsificato le prove (il primo caso in cui l’accusatore viene addirittura arrestato), sarebbe dovuta bastare da sola a chiudere il processo, ma l’udienza è stata rinviata al 17 settembre.

Le autorità pachistane continuano a trascurare il fatto che al di là della vicenda particolare sullo sfondo c’è una legge, quella sulla blasfemia, che è comunemente abusata per discriminare i cristiani e impossessarsi delle loro povere proprietà (e per questo sostenuta dal 97% della popolazione). Nonostante le tante ingiuste condanne e le uccisioni extragiudiziali di molti degli assolti, sul piano strettamente politico e legislativo non è cambiato nulla. Asia Bibi, mamma di due figli ingiustamente detenuta e condannata all’ergastolo, aspetta ancora il di essere sentita dall’Alta Corte di Lahore per l’appello che non può avvenire per motivi di sicurezza. Con lei attendono giustizia i detenuti incarcerati per lo stesso motivo e le 400 famiglie che nel concreto timore di rappresaglie hanno dovuto lasciare il sobborgo della capitale dove vive Rimsha.

La liberazione di Rimsha e le dichiarazioni del pubblico ministero lasciano l’amaro in bocca: la bambina non è stata liberata, ha cambiato solo il regime di detenzione. I motivi di perplessità sono molti: è stata arrestata una tredicenne, riconosciuta ritardata mentale dal perito tecnico del tribunale, con in più una falsa accusa e testimoni che la scagionano. Ciononostante, è avvenuta ugualmente la pretesa del pagamento per il suo rilascio. La considerevole somma di 10.000 euro di cauzione è stata provvidenzialmente pagata da una Ong italiana, la ‘Umanitaria Padana Onlus’, operativa in Pakistan dal 2009, che si è fatta carico anche del pagamento dell’avvocato difensore e addirittura del suo viaggio in elicottero verso un luogo sicuro.

Nonostante la liberazione, Rimsha ed i suoi familiari temono di essere uccisi; la bambina pachistana ha dichiarato alla CNN di “essere spaventata e di temere che qualcuno mi possa uccidere”: non è una preoccupazione aleatoria giacché la decisione della sua liberazione non è condivisa dagli estremisti islamici che le hanno inviato minacce di morte. E non solo: per esempio il giovane ragazzo che insieme al Mullah ha accusato Rimsha di aver bruciato il testo sacro ha detto che “se serve possono nascere altri Mumtaz Qadri”, ovvero quella guardia del corpo che uccise il governatore del Punjab nel 2011 perché era contro la legge sulla blasfemia.

Qual è la posizione attuale dei governi occidentali, tanto prodighi a sostenere la democrazia? Debole come sempre, tanto che nel marzo 2009 paradossalmente è stato proprio il Pakistan a presentare una risoluzione al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite con cui ha invitato il mondo ‘a formulare leggi contro la diffamazione della religione’. Quella risoluzione è stata approvata. La stessa solerzia purtroppo non è stata dimostrata per la difesa degli ultimi: in Pakistan il ministero per la tutela delle minoranze è stato inopinatamente cancellato proprio nel momento di maggior bisogno, evidenziato dall'uccisione di Batthaz Batti (titolare del dicastero) con più di 30 colpi di arma da fuoco. Oggi il fratello Paul Batthi, anch’esso cristiano, è a capo del meno indigesto ministero ‘per l'armonia nazionale’, ma c'è una sostanziale differenza tra un ministero che si prefigge l'armonia nazionale ed uno che era stato espressamente istituito per la difesa, la tutela e la salvaguardia di tutte le minoranze (e che aveva fatto non poco su questa strada, come la concessione delle baraccopoli di Islamabad ai legittimi occupanti).

Mettendo tutto insieme, il messaggio che passa è che la legge sulla blasfemia è una legge giusta e che solo in particolari circostanze si può transigere. Non è in corso una battaglia di libertà, ma è in gioco la concessione di una eccezione che non tutti sono disposti ad accordare. Lo stesso ministro dell’Armonia Paul Bahhti, nonostante avesse detto che i religiosi e le ONG "fomentano l’odio religioso anziché placarlo", è stato lui stesso minacciato di morte: gli è stata assegnata una scorta ma è costretto comunque a restare chiuso nel suo ufficio al ministero.

Se la preoccupazione del ministro, a riflettori accesi, è quella di non mettere in cattiva luce i musulmani, si spera che a riflettori spenti il vero obiettivo sia quello di preservare indistintamente i diritti di tutti gli uomini. Criticare una legge palesemente ingiusta non offende di certo l’Islam, lo sarebbe dire che va contro la ragione. La stessa incarcerazione non convince: anche se è stata giudicata dallo stesso ministro Batthi ‘necessaria per tutelare la sua incolumità personale', non si vede come per tutelare l'incolumità personale di una bambina non ci sia altro di meglio che le sbarre.

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