martedì, settembre 11, 2012
Dalle pagine del Guardian la voce del papà del Web, Sir Tim Berners-Lee, tuona: “Internet non si può spegnere”. Un monito, una rassicurazione, una minaccia, una raccomandazione? Tutte queste cose al contempo, non c’è dubbio.  

Nbtimes - Una rassicurazione perché, spiega il papà del Web, per implementare un “off switch” occorrerebbe che tutti i governi di tutto il mondo si riunissero e si coordinassero per trasformare Internet da struttura decentralizzata a struttura centralizzata. “E se ciò dovesse profilarsi – dice – è davvero importante che chiunque lotti contro tale decisione”. Un monito perché qualsiasi governo avesse in mente un simile piano dovrebbe abbandonarne l’idea. Secondo Berners-Lee sarebbe un’autentica “distruzione dei diritti umani” . Il papà del Web, oggi 57enne, ricorda che “la quantità di controllo che si può avere su chiunque se ci si mette in condizione di monitorare le attività Internet è stupefacente” e questa è la minaccia, autentica e concreta, derivante dal suo abuso.

Una raccomandazione perché secondo gli studi riportati dalla Global League Table, recentemente lanciata dalla World Wide Web Foundation, la Svezia è il paese che più impiega la Rete, seguito da USA al secondo posto e da Gran Bretagna al terzo. Mentre Burkina Faso, Zimbabwe e Yemen sono gli ultimi tre dei 61 paesi studiati sulla scorta di indicatori concernenti l’impatto politico, economico e sociale di Web e connettività.

Tale osservazione della WWWF verrà aggiornata annualmente e cercherà anche di misurare miglioramenti assoluti e relativi dello scenario utilizzando dati degli ultimi cinque anni. Comparerà elementi quali la disponibilità ai cittadini di contenuti utili e rilevanti, l’impatto sociale, politico ed economico del Web, la velocità delle connessioni e i livelli di censura.

Sir Tim Berners-Lee è il papà del Web in quanto a Natale del 1990 lanciò in Rete la prima pagina Web del mondo. Ha parlato dell’impossibilità di spegnere Internet proprio in occasione del lancio della Global League Table e, guarda caso, nello stesso giorno anche il cofondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, ha evidenziato l’estrema inopportunità di monitorare e memorizzare dettagli sul traffico Internet privato.

Internet, del resto, nel bene e nel male, ha dimostrato una enorme democraticità intrinseca, è come se la Rete avesse in sana e sincera antipatia qualunque manifestazione antidemocratica, da qualunque parte venga e comunque sia attuata: ha sempre pronto un nuovo modo per contrastarla e neutralizzarla.

Internet è stata – e per molti versi è ancora – strumento di esercizio di democrazia diretta, come dimostrano i meccanismi di alcuni movimenti politici oggi molto in vista nello scenario politico italiano. Che poi all’interno di tali movimenti possano essersi formati problemi è altra cosa: se ci si riflette si noterà che quei problemi hanno origine umana e dovranno trovare soluzione umana. La Rete nasce neutrale, non può risolvere problemi di natura squisitamente umana, può – tutt’al più – offrirsi per facilitarne la soluzione.

La Rete in sé non distingue tra generi, razze, culture: è uguale per tutti. Essa ha restituito alle immagini e ai video il potere di accompagnare l’informazione, non di sostituirsi a quest’ultima. In altre parole, ha fugato i dubbi di un politologo di rilievo quale Giovanni Sartori, che nel suo libro del 1990 “Elementi di teoria politica” teme per l’uomo oculare, quello della Galassia McLuhan, che a differenza dell’uomo mentale, quello della Galassia Gutenberg, ha perso la capacità di analizzare, teorizzare, confrontare e concettualizzare. Sartori teme il passaggio da homo sapiens a homo insipiens e Internet gli ha dissolto, in soli vent’anni, questo timore. Quale entità riesce a essere così profondamente democratica?

Amartya Sen, economista indiano, Premio Nobel per l’Economia 1998 e docente presso l’Università di Harvard, nel suo libro “La democrazia degli altri” stigmatizza l’occidentalizzazione del concetto di democrazia e convince il lettore a rilevare la presenza di democrazia dovunque, anche in regioni del mondo dove tipicamente essa è stata o sembra ancora assente.

Internet non ha bisogno di questo e Sir Tim Berners-Lee lo sa perfettamente. Per questo è bene che non passi neppure lontanamente l’idea di alterarne la struttura. Essa è nata ed è tuttora always-on, e deve restarci.

Marco Valerio Principato


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