lunedì, settembre 17, 2012
Cristiani e musulmani insieme sono chiamati a costruire una società fraterna. Il viaggio di Benedetto XVI, dal 14 al 16 settembre, nel Paese dei cedri.  

Città Nuova - Mentre esplode la rabbia islamica contro la nota pellicola che denigra il profeta Muhammad, una protesta che si estende dal Marocco al Bangladesh, e con la Siria in guerra a due passi, il papa ha visitato il Libano 15 anni dopo Giovanni Paolo II che aveva definito il Paese dei cedri “un messaggio” per il mondo. Un messaggio di pace e un modello di convivenza in un territorio con poco più di 4 milioni di abitanti dove la legge riconosce ufficialmente 18 confessioni: 12 cristiane, 5 musulmane e 1 ebraica.

Pax vobis, cioè pace a voi, è stato, infatti, il tema del 24esimo viaggio di Benedetto XVI fuori dall’Italia. Nel presentare il programma del viaggio alla stampa il portavoce vaticano padre Federico Lombardi aveva evidenziato come «la chiara volontà della presenza» del papa in questa terra, «nonostante i problemi dell’area, come segno d’incoraggiamento, di speranza e di pace».

In viaggio verso il Libano il papa ha ribadito ai giornalisti che il senso del suo viaggio era quello di «invitare al dialogo, invitare alla pace, contro la violenza, andare insieme per trovare la soluzione dei problemi». Perché «i fondamentalismi sono sempre una falsificazione della religione», la violenza non è mai una soluzione dei conflitti, e i cristiani d’Occidente debbono «influire sull’opinione politica e sui politici per realmente ingegnarsi con tutte le forze, con tutte le possibilità, con della creatività per la pace, contro la violenza». Per la fine della violenza in Siria il papa vede utile anche il lavoro dei giornalisti nel mostrare l’inutilità della guerra, la cessazione di importazioni di armi «perché senza l’importazione delle armi la guerra non potrebbe continuare».

Nei suoi tre giorni di viaggio, otto discorsi, incontri ecumenici e interreligiosi, con i giovani e le autorità, la consegna dell’esortazione apostolica post sinodale Ecclesia in Medio Oriente il papa stesso ha ben spiegato nella cerimonia di congedo nell’aeroporto di Rafiq Hariri di Beirut perché il Libano è un modello di coesistenza per il mondo intero e perché continui «ad essere uno spazio in cui gli uomini e le donne vivono in armonia e in pace gli uni con gli altri per offrire al mondo non solo la testimonianza dell’esistenza di Dio, primo tema del Sinodo trascorso, ma ugualmente quella della comunione tra gli uomini, secondo tema dello stesso Sinodo, qualunque sia la loro sensibilità politica, comunitaria e religiosa».

E, rivolgendosi ai giovani musulmani presenti insieme ai 25 mila giovani cristiani nella spianata di Baadba li ha incoraggiati a continuare «a vivere la concordia nell’unità con i cristiani», perché «l’intero Medio Oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana».

Stesso appello che è risuonato nelle parole dell’Angelus. Il papa ha chiesto a Maria, Nostra Signora del Libano, intorno alla quale si ritrovano cristiani e musulmani, il dono della pace in Siria e nei Paesi vicini. «Perché tanti orrori? Perché tanti morti?». Al papa non interessano la geopolitica e gli interessi economici, ma il grido di tanti innocenti perché si possa «lavorare con ardore alla costruzione della pace necessaria ad una vita armoniosa tra fratelli, qualunque sia l’origine e la convinzione religiosa».

Tra le parole chiave pronunciate dal papa risuona spesso “fraternità”. «La fraternità è un anticipo del Cielo», ha detto ai giovani. «Possano gli uomini comprendere che sono tutti fratelli», si è auspicato nelle parole dell’Angelus. Nella presentazione dell’esortazione postsinodale ha spiegato come «la comunione fraterna sia un sostegno nella vita quotidiana e il segno della fraternità universale che Gesù è venuto ad instaurare». L’amore, il perdono, la giustizia, la difesa della dignità umana, la libertà anche religiosa, il desiderio di democrazia sono i pilastri sui cui costruire una società fraterna. A questo impegno concreto sono chiamati sia i cristiani che i musulmani.


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