Unicef: 1,3 milioni i bambini colpiti dal conflitto. Dall'Oglio: digiuno per la pace.
Radio Vaticana - Continuano ad infuriare le violenze in Siria: almeno otto perone hanno perso la vita oggi in scontri tra ribelli e militari governativi. Fonti locali parlano anche di oltre 20 esecuzioni sommarie da parte dell’esercito in varie città. Unanime la condanna della Comunità internazionale per l’uccisione ieri di 25 bambini in un bombardamento su Aleppo. A Damasco sono stati trovati i cadaveri di 23 civili, in gran parte bambini, donne e anziani. L'Unicef afferma che sono 1,3 milioni i bambini colpiti in vario modo dal conflitto. Intanto, un digiuno per la pace in Siria e per il buon esito dell’ormai prossimo viaggio del Papa in Libano è stato iniziato dal padre gesuita Paolo dall’Oglio, fondatore una trentina d’anni fa, del monastero di Mar Moussa in Siria, suo Paese d’adozione. Olivier Bonnel lo ha intervistato:
R. - Il digiuno è uno sforzo spirituale che va insieme alla preghiera, al desiderio. È un modo di provocare una concentrazione esistenziale verso un obiettivo, qualcosa che chiediamo al cielo, ma nella quale ci impegniamo anche sulla terra. Il digiuno che alcuni amici in tutto il mondo fanno, è perché il viaggio del Papa riesca, che il viaggio del Papa avvenga in pace, porti pace al Medio Oriente e soprattutto una parola di consolazione e di verità per la Siria. I siriani soffrono da morire, la guerra civile impazza, la rivoluzione stagna bloccata da questa guerra nella quale tanti partners - regionali ed internazionali - vengono a combattere per interposta persona, attraverso i fucili siriani. Il Papa dirà che questo deve interrompersi, che i siriani hanno diritto all’autodeterminazione democratica, alla giustizia, alla trasparenza, ad essere una società pluralista, interreligiosa, civile. Quindi, io spero davvero che il viaggio del Papa venga a curare le nostre piaghe.
D. - L’esperienza della pace è ancora possibile oggi in Siria secondo lei?
R. - I giovani combattono per la speranza, per una Siria migliore, purtroppo adesso sappiamo che questa Siria migliore dovrà impegnarsi anche a ricostruirsi, perché gran parte del Paese è distrutto, molte infrastrutture sono distrutte, la fiducia tra i cittadini è persa e quindi c’è molto, molto da fare. Molti cristiani stanno partendo e quelli che ritorneranno saranno attori in prima linea, con i loro concittadini musulmani, per creare la Siria che tutti desideriamo per i nostri figli e per le generazioni a venire.
D. - Ha parlato un po’ della responsabilità occidentale, a proposito della Siria. Qual è questa responsabilità?
R. - Se si pensa in Siria di punire l’Iran, è chiaro che poi l’Iran in Siria reagisce a protezione dei suoi interessi; se in Siria si pensa di far indietreggiare la Russia sul continente, è chiaro che questo poi provoca delle conseguenze. Se qualcuno - non voglio fare nomi - pensasse che è nel suo interesse geostrategico-regionale vedere i nemici uccidersi ed eliminarsi tra loro, è chiaro che non c’è speranza per la Siria. Io mi appello collettivamente: bisogna scegliere la solidarietà con i siriani, piuttosto che un interesse geostrategico, tattico, di corta durata e miope. Quindi, io spero che l’Italia inizi un nuovo, grande impegno diplomatico per una Siria neutrale - né occidentale, né post-sovietica - una Siria per tutti, una Siria alle sorgenti della civiltà mediterranea e dobbiamo tutti impegnarci. Tutta la Siria deve essere protetta dall’Unesco, non solo per i grandi monumenti ma anche perché è un “monumento immateriale” di civiltà.
D. - Quale potrebbe essere il ruolo dei cristiani siriani oggi?
R. - Tanti cristiani siriani oggi stanno cercando di alleviare le sofferenze del popolo siriano, ci sono tanti siriani che lavorano per i feriti, tanti siriani cristiani che lavorano per alleviare le sofferenze delle famiglie che hanno persone in carcere, persone uccise, rapite, sparite. Quindi, questo “buon samaritano” si metta all’opera e faccia quello che può, per non consegnare all’inferno la società siriana nel suo complesso.
Radio Vaticana - Continuano ad infuriare le violenze in Siria: almeno otto perone hanno perso la vita oggi in scontri tra ribelli e militari governativi. Fonti locali parlano anche di oltre 20 esecuzioni sommarie da parte dell’esercito in varie città. Unanime la condanna della Comunità internazionale per l’uccisione ieri di 25 bambini in un bombardamento su Aleppo. A Damasco sono stati trovati i cadaveri di 23 civili, in gran parte bambini, donne e anziani. L'Unicef afferma che sono 1,3 milioni i bambini colpiti in vario modo dal conflitto. Intanto, un digiuno per la pace in Siria e per il buon esito dell’ormai prossimo viaggio del Papa in Libano è stato iniziato dal padre gesuita Paolo dall’Oglio, fondatore una trentina d’anni fa, del monastero di Mar Moussa in Siria, suo Paese d’adozione. Olivier Bonnel lo ha intervistato:
R. - Il digiuno è uno sforzo spirituale che va insieme alla preghiera, al desiderio. È un modo di provocare una concentrazione esistenziale verso un obiettivo, qualcosa che chiediamo al cielo, ma nella quale ci impegniamo anche sulla terra. Il digiuno che alcuni amici in tutto il mondo fanno, è perché il viaggio del Papa riesca, che il viaggio del Papa avvenga in pace, porti pace al Medio Oriente e soprattutto una parola di consolazione e di verità per la Siria. I siriani soffrono da morire, la guerra civile impazza, la rivoluzione stagna bloccata da questa guerra nella quale tanti partners - regionali ed internazionali - vengono a combattere per interposta persona, attraverso i fucili siriani. Il Papa dirà che questo deve interrompersi, che i siriani hanno diritto all’autodeterminazione democratica, alla giustizia, alla trasparenza, ad essere una società pluralista, interreligiosa, civile. Quindi, io spero davvero che il viaggio del Papa venga a curare le nostre piaghe.
D. - L’esperienza della pace è ancora possibile oggi in Siria secondo lei?
R. - I giovani combattono per la speranza, per una Siria migliore, purtroppo adesso sappiamo che questa Siria migliore dovrà impegnarsi anche a ricostruirsi, perché gran parte del Paese è distrutto, molte infrastrutture sono distrutte, la fiducia tra i cittadini è persa e quindi c’è molto, molto da fare. Molti cristiani stanno partendo e quelli che ritorneranno saranno attori in prima linea, con i loro concittadini musulmani, per creare la Siria che tutti desideriamo per i nostri figli e per le generazioni a venire.
D. - Ha parlato un po’ della responsabilità occidentale, a proposito della Siria. Qual è questa responsabilità?
R. - Se si pensa in Siria di punire l’Iran, è chiaro che poi l’Iran in Siria reagisce a protezione dei suoi interessi; se in Siria si pensa di far indietreggiare la Russia sul continente, è chiaro che questo poi provoca delle conseguenze. Se qualcuno - non voglio fare nomi - pensasse che è nel suo interesse geostrategico-regionale vedere i nemici uccidersi ed eliminarsi tra loro, è chiaro che non c’è speranza per la Siria. Io mi appello collettivamente: bisogna scegliere la solidarietà con i siriani, piuttosto che un interesse geostrategico, tattico, di corta durata e miope. Quindi, io spero che l’Italia inizi un nuovo, grande impegno diplomatico per una Siria neutrale - né occidentale, né post-sovietica - una Siria per tutti, una Siria alle sorgenti della civiltà mediterranea e dobbiamo tutti impegnarci. Tutta la Siria deve essere protetta dall’Unesco, non solo per i grandi monumenti ma anche perché è un “monumento immateriale” di civiltà.
D. - Quale potrebbe essere il ruolo dei cristiani siriani oggi?
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