venerdì, settembre 07, 2012
Non arrivano buone notizie da una sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea: lo Stato non può limitare la coltivazione in attesa di misure regionali per la coesistenza fra Ogm e prodotti tradizionali

GreenReport - La sentenza è relativa alla causa C-36/11, Pioneer Hi Bred Italia Srl contro il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Per la ricostruzione dei fatti bisogna risalire al 1998 quando la Commissione europea autorizzava la commercializzazione delle linee pure ed ibride del mais MON 810, su richiesta della Monsanto Europe SA. Quindi la stessa azienda nel 2004 notificava alla Commissione le varietà del mais MON 810 quali «prodotti esistenti» e la Commissione iscriveva 17 varietà derivate dal mais MON 810 nel catalogo comune. La Pioneer, società produttrice e distributrice, a livello mondiale, di sementi convenzionali e geneticamente modificati, intendendo coltivare le varietà del mais MON 810 iscritte nel catalogo comune, nel 2006 ne chiedeva l'autorizzazione alla messa in coltura al Ministero delle Politiche agricole del nostro paese.

Nel 2008, il ministero comunicava di non poter procedere all'istruttoria della richiesta nelle more dell'adozione, da parte delle regioni, delle norme idonee a garantire la coesistenza. La Pioneer ha contestato la necessità di un'autorizzazione nazionale per la coltivazione di prodotti quali gli Ogm iscritti nel catalogo comune e l'interpretazione della direttiva 2001/18 secondo la quale la coltivazione di Ogm in Italia non sarebbe consentita fino all'adozione degli strumenti normativi regionali.

Il Consiglio di Stato, coinvolto nella questione, ha chiesto alla Corte se la messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais MON 810 possa essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione, quando l'impiego e la commercializzazione di dette varietà sono autorizzati ai sensi del regolamento n. 1829/2003 e sono state iscritte nel catalogo comune previsto dalla direttiva 2002/53 e se la direttiva 2001/18 consenta a uno Stato membro di opporsi alla messa in coltura sul proprio territorio di tali Ogm nelle more dell'adozione di misure di coesistenza. E la risposta della Corte è arrivata portando notizie non certo positive per chi è contrario alle coltivazioni Ogm perché ne vede un pericolo per la salute, per l'ambiente e la qualità delle produzioni convenzionali.

La Corte di Giustizia Europea osserva anzitutto che l'impiego e la commercializzazione di sementi delle varietà del maïs MON 810 sono autorizzati per due motivi: in quanto costituiscono «prodotti esistenti» (regolamento n. 1829/2003), costituito oggetto di una domanda di rinnovo d'autorizzazione (regolamento n. 641/2004); sono state iscritte nel catalogo comune (direttiva 2002/53). Regolamento e direttiva mirano entrambi a consentire il libero impiego e la libera commercializzazione degli Ogm sull'intero territorio dell'Unione.

L'autorizzazione consente la libera circolazione in tutta l'Unione degli alimenti e dei mangimi sicuri e sani, dal momento della loro inserzione nel catalogo comune. Di conseguenza, a partire dalla data di pubblicazione nel catalogo comune, le sementi delle varietà ammesse non sono soggette ad alcuna restrizione di mercato, spiega la Corte.

«Allo stato attuale del diritto dell'Unione, uno Stato membro non è libero di subordinare a un'autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell'ambiente, la coltivazione di Ogm autorizzati ed iscritti nel catalogo comune, salvo i casi espressamente previsti dal diritto dell'Unione che non sono oggetto del procedimento principale». Per la Corte un'interpretazione che consenta agli Stati membri di emanare un tale divieto sarebbe contraria al sistema istituito dal regolamento e dalla direttiva (libera e immediata circolazione dei prodotti autorizzati a livello comunitario e iscritti nel catalogo comune) una volta che le necessità di tutela della salute e dell'ambiente siano state prese in considerazione nel corso delle procedure di autorizzazione e di iscrizione.

«La direttiva 2002/53 può dar luogo a restrizioni, e perfino a divieti geograficamente delimitati, solo per effetto delle misure di coesistenza realmente adottate in osservanza delle loro finalità - ha aggiunto la Corte- Tale disposizione non consente, pertanto, agli Stati membri di decidere una misura come quella oggetto del procedimento principale la quale, nelle more dell'adozione di misure di coesistenza, vieta in via generale la coltivazione di Ogm autorizzati ai sensi della normativa dell'Unione e iscritti nel catalogo comune».

Con queste motivazioni la Quarta sezione della Corte di Giustizia Europea ha dichiarato: «la messa in coltura di organismi geneticamente modificati quali le varietà del mais MON 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l'impiego e la commercializzazione di tali varietà sono autorizzati ai sensi dell'articolo 20 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, e le medesime varietà sono state iscritte nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole previsto dalla direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, emendata con il regolamento n. 1829/2003.

L'articolo 26 bis della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2008/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, non consente a uno Stato membro di opporsi in via generale alla messa in coltura sul suo territorio di tali organismi geneticamente modificati nelle more dell'adozione di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale di organismi geneticamente modificati in altre colture».

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