lunedì, settembre 03, 2012
Modifica unilaterale delle tecniche di estrazione dell’uranio e nuove minacce all’ambiente: sono le accuse rivolte alla multinazionale francese Areva che nel 2013 dovrebbe iniziare lo sfruttamento del giacimento di Imouraren, a nord di Agadez.

Misna - Secondo l’organizzazione nigerina ‘Aghir in man’ e la Commissione di ricerca e informazione indipendente sulla radioattività (Criirad), con sede in Francia, l’ultimo studio d’impatto ambientale del progetto di Imouraren consegnato da Areva alle autorità nigerine “viola apertamente la regolamentazione nazionale vigente in quanto la relazione non fornisce risposte precise alle domande sull’impatto idrogeologico e lo stoccaggio a lungo termine dei rifiuti radioattivi”. Le due organizzazioni contestano al gigante francese dell’uranio di aver redatto una parte del documento in inglese e richiedono un nuovo studio da parte di “scienziati indipendenti”.

Areva, presente in Niger da 40 anni dove ha già sfruttato le miniere di Arlit e Akokan (nord), prevede di dare il via alle attività di Imouraren entro fine 2013; sono previsti più di 1,2 miliardi di euro di investimenti. Più importante miniera a cielo aperto in Africa occidentale e seconda al mondo, quella di Imouraren dovrebbe fare passare il Niger da sesto a secondo produttore mondiale di uranio, con una quantità annua che aumenterà da 3.000 a 8.000 tonnellate.

In merito alla miniera di Imouraren, sono tre le questioni sollevate dagli esperti ambientali. Areva ha modificato le condizioni di estrazione di uranio rispetto a quelle stabilite nello studio d’impatto ambientale iniziale: la tecnica che la società ha deciso di scegliere portarà a produrre quantità superiori di residui radioattivi, che non si ancora come verranno stoccati. In quattro decenni di attività nell’ex colonia francese Areva ha già prodotto 35 milioni di tonnellate di rifiuti tossici, con gravi conseguenze sulla salute dei lavoratori, delle popolazioni rivierasche e sull’ambiente.

Per le sue esigenze produttive nel deserto la multinazionale francese dovrà attingere alle risorse idriche locali, dove sicuramente, secondo gli esperti, verranno prosciugate le acque sotterranee di Tchirezione 2 e Teloua. Sul terreno hanno riscontrato che numerosi pozzi tradizionali utilizzati dalla popolazione locale, tra cui quello di Tizirfitik, sono già stati prosciugati. Areva ha risposto di non essere al corrente. Concretamente significa che con l’arrivo della stagione secca, ad ottobre, gli abitanti non saranno più in grado di prelevare acqua di pioggia che si trova in superficie e non avranno nemmeno più risorse in profondità in una zona totalmente desertica.

Inoltre nell’ultimo documento la società ha annunciato la creazione di una zona di esclusione di 450 chilometri quadrati, cioè un ‘perimetro sanitario’ attorno al complesso industriale di Imouraren il cui accesso sarà vietato a popolazione e animali. Una decisione presa unilateralmente e che non era contenuta nello studio d’impatto iniziale.

La miniera di Imouraren non è ancora operativa e già sono cominciate le proteste anche di carattere socio-economico: lo scorso 25 aprile gli impiegati nigerini hanno osservato sette giorni di sciopero per denunciare difficili condizioni di lavoro, con turni giornalieri di 12 ore. Areva ha solo risposto che proteste del genere rischiano di ritardare l’inizio dello sfruttamento. La cooperazione Parigi-Niamey ha come pilastro lo sfruttamento dell’uranio da parte di Areva, ma non segue la regola dei benefici reciproci viste le gravi ripercussioni che già ha avuto sulla vita delle popolazioni locali e sull’ambiente. Parigi dipende da Niamey per il 30 o il 40% dei suoi approvvigionamenti di ‘yellow cake’, mentre le entrate derivanti dalla vendita di uranio valgono il 40% del bilancio pubblico del Niger.

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