mercoledì, ottobre 31, 2012
In esclusiva per La Perfetta Letizia l’intervista a P. Giuseppe Piemontese, Custode del Sacro Convento di Assisi, che riflette con noi sull’attualità dei temi francescani, delle figure di Francesco e Chiara d’Assisi e della loro spiritualità

di Monica Cardarelli

D - Il 5 e il 6 ottobre si è svolto ad Assisi il Cortile di Francesco, che ha proposto dialoghi su vari temi tra credenti e non credenti ed è stato indubbiamente un evento di grande portata. In una città come Assisi, che accoglie abitualmente centinaia e centinaia di pellegrini, quanto ha influito positivamente la proposta che è stata fatta, che segnale è stato dato e quali riflessi ha avuto?
R - Il Cortile di Francesco si è proposto come naturale e imprescindibile conseguenza di quell’evento storico voluto da Papa Giovanni Paolo II e il suo incontro con le religioni, ma risponde anche all’appello espresso più di un anno fa da Benedetto XVI: aggiungere al dialogo interreligioso il confronto con chi considera la religione una cosa estranea e Dio uno sconosciuto. Si è aggiunto così un tassello alla lunga strada del dialogo della chiesa che ha saputo andare oltre ogni tipo di differenza.

D - L’esempio di san Francesco e la sua esperienza di Dio sono stati più volte richiamati nei suoi interventi. Quanto è importante, secondo lei, far conoscere e proporre la spiritualità ‘difficile’ e a volte ‘scomoda’ del Francesco delle Stimmate, dell’abbraccio al lebbroso o del Francesco delle lacrime?
R - Importantissima. San Francesco con la sua spiritualità, che può essere definita universale, ha dato l’avvio, la nota giusta, a una concezione profondamente umana della fede. Si possono forse chiudere gli occhi di fronte agli eventi miracolosi della sua vita, ma il sentimento e la percezione strettamente umana legata a questi è un insegnamento, una voce che accompagna le vicende del vivere quotidiano. Facendoci sentire meno soli.

D - Nella difficile situazione sociale, economica e politica che sta attraversando il nostro Paese e in cui quotidianamente ciascuno di noi si trova a dover fare i conti, il Sacro Convento di Assisi ha avuto la sensibilità di “farsi luogo di incontro” per la giornata di studi sul tema de lavoro che si è svolta nei mesi scorsi. A suo avviso, quale contributo può dare oggi il francescanesimo al superamento della crisi?
R - I precetti francescani sarebbero ovviamente di grandissimo aiuto, forse di svolta. Nel tempo i francescani, nella loro sempre presente attenzione ai bisogni dell’uomo, sono sempre stati una costante d’aiuto materiale e spirituale verso il disagio di ogni tipo. I precetti francescani sono gli stessi legati alla responsabilità, all’etica che dovrebbe accompagnare - anche se non sempre è così - ogni azione economica che colpisca la collettività. Lo sguardo di Francesco è uno sguardo umanizzato, forse è proprio questo che si è perso nelle decisioni che riguardano economia, lavoro e mercato.

D - Francesco e Chiara hanno tracciato un solco profondo con la loro sequela di Cristo povero, sempre nell’obbedienza alla Chiesa. Un esempio che può sembrare irraggiungibile eppure continua ad essere attuali, nonostante siano passati più di 8 secoli. Come pensa che un laico oggi, nel suo ambiente lavorativo, familiare e sociale, possa vivere sull’esempio di questi due santi la povertà, la preghiera e la relazione con i fratelli?
R - Come accennavo prima la spiritualità francescana è una spiritualità universale, che può essere accolta nella vita sia del cristiano che del laico. Concetto imperante del Cortile di Francesco è stato proprio trovare delle radici comuni, quel filo rosso che ci lega oltre le nostre differenze religiose. E incredibilmente i concetti di etica di ogni religione e perfino del non credente finiscono per essere pochi e significativamente simili. Carità, amore, fraternità, giustizia non sono forse termini che potremmo fare nostri universalmente e che garantirebbero una più adeguata distribuzione di ricchezze, di felicità tra gli uomini e un miglioramento sociale in generale? Si tratta di una grande sfida che se venisse accolta porterebbe un beneficio inimmaginabile.

D - “Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, e questa con la parola e con l’esempio ci indicò e insegnò il beato padre nostro Francesco”, così scrive Chiara nel suo Testamento mostrandoci il cammino e la meta che ha percorso negli anni, sull’esempio di Francesco. A conclusione dell’VIII centenario della sua consacrazione, quanto è importante per tutta la Chiesa e in modo particolare per i frati e le clarisse riscoprire la figura di una donna e una santa come Chiara?
R - Dubito che l’insegnamento di Chiara non sia perennemente presente nella vita ecclesiastica dei nostri ordini. Chiara, specchio al femminile della vita di Francesco, che ha saputo fare sue tutte le più alte virtù francescane, diviene esempio di nobiltà d’animo, di perseveranza e giustizia. La sua missione, legata profondamente alla meditazione - uno dei temi del Cortile dei Gentili - e alla preghiera, era stata quella di una donna fiduciosa, dedita agli altri. Le sue qualità femminili unite alla sua fede le hanno garantito di essere un esempio per tutti.

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