I primi disegni di legge sono stati depositati. Adesso occorre muoversi in fretta per avere una normativa moderna al passo con i tempi. E’ questo il succo del discorso fatto oggi dal ministro della Giustizia Paola Severino al convegno organizzato dalla Federazione della Stampa “Diffamazione e diffamati”
Liberainformazione - Un percorso lungo, frutto del lavoro della Fnsi, dell’Ordine, in collaborazione con Libera Informazione, Articolo 21, l’osservatorio Ossigeno, l’Unci. L’obiettivo è quello di far introdurre modifiche alla legge sulla stampa, figlia di un lontano passato. Ad iniziare proprio dall’individuazione di pene alternative al carcere per i giornalisti. Ma non solo. «Questo è un tema sul quale da anni si è aperto un dibattito – sottolinea la Severino. Adesso il tempo è maturo per poter intervenire» . In Italia la pena carceraria è – solitamente – l’extrema ratio , correlata da tutta una serie di pene alternative sotto forma di risarcimento pecuniario. Tuttavia non è sempre così. Basti ricordare il caso del direttore de Il Giornale Sallusti, oppure quello meno noto d Fabio Donatini e Tiziano Masson, cronista e del direttore de L’Alto Adige condannati lo scorso luglio a 4 mesi di carcere.
La richiesta pressante alla politica, prima che scadano i tempi tecnici, è di modificare la legge. Niente carcere, quindi, ma anche un intervento sulla questione delle “querele temerarie”, usate come minaccia nei confronti dei giornalisti. Argomento, questo, oggetto di una giornata di studio nel novembre 2010, organizzata da Roberto Morrione e dall’avvocato Oreste Flamminii Minuto, padri nobili dello sportello sindacale antiquerele, attivo nella sede dell’Associazione Stampa Romana dal gennaio del 2011, che difende gratuitamente i numerosi giornalisti oggetto di richieste di risarcimento.
Ecco allora le proposte fatte al ministro Severino, e ai rappresentanti politici presenti al convegno, dal segretario della Fnsi Franco Siddi. Punto primo: eliminazione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Punto secondo: la rettifica deve essere considerata motivo di esclusione della punibilità. Nessuna sanzione penale o civile, quindi, se il giornale rettifica in maniera corretta e ben visibile quanto chiesto dal diffamato. La Federazione, inoltre, chiede che siano introdotti degli strumenti per limitare l’utilizzo della querela temeraria, ovvero la richiesta di risarcimenti pecuniari spropositati alla presunta diffamazione subita. Il modo indicato è semplice e lo spiega Bruno Del Vecchio, componente del gruppo di legali che ha redatto le proposte per la modifica della legge.
Lo strumento indicato è quello della responsabilità aggravata. Il giudice può decidere, nel caso in cui venga riscontrata la malafede o la colpa grave da parte del querelante, che questi debba pagare una percentuale di quanto chiesto in sede civile al querelato. Un semplice deterrente per impedire che, come troppo spesso avviene, la querela temeraria, e la conseguente richiesta di risarcimento danni, venga utilizzata per intimidire o minacciare chi fa informazione. L’iniziativa, adesso, è nelle mani della politica.
Liberainformazione - Un percorso lungo, frutto del lavoro della Fnsi, dell’Ordine, in collaborazione con Libera Informazione, Articolo 21, l’osservatorio Ossigeno, l’Unci. L’obiettivo è quello di far introdurre modifiche alla legge sulla stampa, figlia di un lontano passato. Ad iniziare proprio dall’individuazione di pene alternative al carcere per i giornalisti. Ma non solo. «Questo è un tema sul quale da anni si è aperto un dibattito – sottolinea la Severino. Adesso il tempo è maturo per poter intervenire» . In Italia la pena carceraria è – solitamente – l’extrema ratio , correlata da tutta una serie di pene alternative sotto forma di risarcimento pecuniario. Tuttavia non è sempre così. Basti ricordare il caso del direttore de Il Giornale Sallusti, oppure quello meno noto d Fabio Donatini e Tiziano Masson, cronista e del direttore de L’Alto Adige condannati lo scorso luglio a 4 mesi di carcere.
La richiesta pressante alla politica, prima che scadano i tempi tecnici, è di modificare la legge. Niente carcere, quindi, ma anche un intervento sulla questione delle “querele temerarie”, usate come minaccia nei confronti dei giornalisti. Argomento, questo, oggetto di una giornata di studio nel novembre 2010, organizzata da Roberto Morrione e dall’avvocato Oreste Flamminii Minuto, padri nobili dello sportello sindacale antiquerele, attivo nella sede dell’Associazione Stampa Romana dal gennaio del 2011, che difende gratuitamente i numerosi giornalisti oggetto di richieste di risarcimento.
Ecco allora le proposte fatte al ministro Severino, e ai rappresentanti politici presenti al convegno, dal segretario della Fnsi Franco Siddi. Punto primo: eliminazione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Punto secondo: la rettifica deve essere considerata motivo di esclusione della punibilità. Nessuna sanzione penale o civile, quindi, se il giornale rettifica in maniera corretta e ben visibile quanto chiesto dal diffamato. La Federazione, inoltre, chiede che siano introdotti degli strumenti per limitare l’utilizzo della querela temeraria, ovvero la richiesta di risarcimenti pecuniari spropositati alla presunta diffamazione subita. Il modo indicato è semplice e lo spiega Bruno Del Vecchio, componente del gruppo di legali che ha redatto le proposte per la modifica della legge.
Lo strumento indicato è quello della responsabilità aggravata. Il giudice può decidere, nel caso in cui venga riscontrata la malafede o la colpa grave da parte del querelante, che questi debba pagare una percentuale di quanto chiesto in sede civile al querelato. Un semplice deterrente per impedire che, come troppo spesso avviene, la querela temeraria, e la conseguente richiesta di risarcimento danni, venga utilizzata per intimidire o minacciare chi fa informazione. L’iniziativa, adesso, è nelle mani della politica.
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