Europa va avanti sulla strada di uno sviluppo sostenibile, Italia rischia di restare al palo. Il valore dell'ambiente nel Belpaese degli scandali
GreenReport - Il presidente Napolitano ha riassunto lo sdegno dei cittadini verso gli ultimi casi di corruzione politica che stanno scuotendo l'Italia - epicentro la Regione Lazio - apostrofandoli come «vergognosi» e «inimmaginabili». È la faccia dell'Italia che non vorremmo mai vedere. Ma che purtroppo esiste, ed è latente in ogni parte del Paese. Secondo le stime della Corte dei Conti, la corruzione ruba all'Italia onesta circa 60 miliardi di euro l'anno, oltre alla dignità nazionale. Risorse che il particolare momento storico, per riuscire a superare la crisi economica che ci affligge, meriterebbe più che mai fossero recuperate ed indirizzate a ben altre attenzioni. L'Europa, per sanare la piaga della disoccupazione (che riguarda ormai 25 milioni di persone, in particolar modo giovani, sparse per l'Unione) è intenzionata a mettere in campo politiche per «uno sviluppo intelligente, sostenibile ed inclusivo», come sottolinea Alberto Quadro Curzio sul Sole24Ore: «Malgrado l'apparenza, alcune di queste questioni sono tuttavia rimaste in agenda presso le istituzioni europee anche durante la crisi. Esse hanno infatti continuato a lavorare per una Ue della "economia reale" che procede, sia pure lentamente, ma su cui s'informa poco l'opinione pubblica». Male, anche perché l'impegno è di sostanza.
Come riportano fonti istituzionali, in data 19 ottobre 2011 la Commissione europea ha già presentato «un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali (rispettivamente coi progetti Ten-E, Ten-T, Ten-Bda, ndr)». All'insegna del motto Collegare l'Europa, l'Unione pianifica dunque un ingente impiego di risorse per infrastrutture attorno a quello che Quadro Curzio chiama «il mega-progetto "Connecting Europe Facility" (Cef) per aumentare ed accelerare gli investimenti nei "Trans-European networks" (Ten) mobilitando finanziamenti pubblici e privati. Cef e Ten nell'economia reale europea pesano tanto quanto Bce e Spread nella economia monetaria e finanziaria».
Si tratta di una strada in salita per la trasformazione della realtà produttiva europea, all'interno della quale ritagliare un nuovo spazio per l'ambiente, non più disgiunto dall'economia. Del resto, se c'è una scelta oculata da fare per guadagnare in competitività, è quella ribadita oggi in prima pagina dal giornale di Confindustria, ossia «puntare sulle nuove tecnologie, in particolare con riferimento a quelle ambientali, verso le quali i Paesi emergenti saranno costretti a orientarsi non appena avranno colmato i bisogni più urgenti, per contenere gli effetti negativi che l'industrializzazione accelerata sta producendo». All'interno di questo scacchiere europeo, però, qual è la posizione occupata dal nostro Paese? Il ministero dell'Ambiente è attualmente impegnato a gestire più fronti emergenziali, a partire dall'Ilva di Taranto, ma non è soltanto il tempo tiranno nei confronti delle possibilità di programmazione. La realtà è che anche le risorse a disposizione del dicastero, in Italia, si sono incredibilmente risorse durante questi anni di crisi.
Nella sua ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato (relativo all'anno 2011), la Corte dei Conti scrive testualmente che «il Ministero ha avuto uno stanziamento definitivo per l'anno 2011 di 876,07 milioni. E, se vi è stata una consistente variazione in aumento rispetto allo stanziamento iniziale pari a 321,90 milioni (+58 per cento) è pur sempre vero che, rispetto al 2008 e al 2010 lo stanziamento definitivo risulta in netta diminuzione (-58,29 per cento rispetto al 2008 e -13 per cento rispetto al 2010). Tali diminuzioni hanno inciso in particolare sulla missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente) che assorbe circa l'86 per cento di tutto lo stanziamento del Ministero».
Impietosamente, confrontando i dati forniti dalla Corte, risalta così che il ministero dell'Ambiente riceve in elemosina dall'Italia neanche un sessantesimo della montagna di soldi che viene ingerita annualmente dalla corruzione: 876 milioni di euro contro 60 miliardi. La prossima volta che qualcuno insinuerà che non possiamo permetterci il lusso di spendere ancora per pensare all'ambiente e allo sviluppo in senso ecologico dell'economia, sarebbe bene suggerirgli di scandagliare con più accuratezza l'attuale livello d'attenzione al tema in Italia, e le innumerevoli sacche oscure dalle quale potremmo attingere per recuperare le risorse necessarie.
GreenReport - Il presidente Napolitano ha riassunto lo sdegno dei cittadini verso gli ultimi casi di corruzione politica che stanno scuotendo l'Italia - epicentro la Regione Lazio - apostrofandoli come «vergognosi» e «inimmaginabili». È la faccia dell'Italia che non vorremmo mai vedere. Ma che purtroppo esiste, ed è latente in ogni parte del Paese. Secondo le stime della Corte dei Conti, la corruzione ruba all'Italia onesta circa 60 miliardi di euro l'anno, oltre alla dignità nazionale. Risorse che il particolare momento storico, per riuscire a superare la crisi economica che ci affligge, meriterebbe più che mai fossero recuperate ed indirizzate a ben altre attenzioni. L'Europa, per sanare la piaga della disoccupazione (che riguarda ormai 25 milioni di persone, in particolar modo giovani, sparse per l'Unione) è intenzionata a mettere in campo politiche per «uno sviluppo intelligente, sostenibile ed inclusivo», come sottolinea Alberto Quadro Curzio sul Sole24Ore: «Malgrado l'apparenza, alcune di queste questioni sono tuttavia rimaste in agenda presso le istituzioni europee anche durante la crisi. Esse hanno infatti continuato a lavorare per una Ue della "economia reale" che procede, sia pure lentamente, ma su cui s'informa poco l'opinione pubblica». Male, anche perché l'impegno è di sostanza.
Come riportano fonti istituzionali, in data 19 ottobre 2011 la Commissione europea ha già presentato «un piano di investimenti pari a 50 miliardi di euro destinato a migliorare le reti europee di trasporto, energia e digitali (rispettivamente coi progetti Ten-E, Ten-T, Ten-Bda, ndr)». All'insegna del motto Collegare l'Europa, l'Unione pianifica dunque un ingente impiego di risorse per infrastrutture attorno a quello che Quadro Curzio chiama «il mega-progetto "Connecting Europe Facility" (Cef) per aumentare ed accelerare gli investimenti nei "Trans-European networks" (Ten) mobilitando finanziamenti pubblici e privati. Cef e Ten nell'economia reale europea pesano tanto quanto Bce e Spread nella economia monetaria e finanziaria».
Si tratta di una strada in salita per la trasformazione della realtà produttiva europea, all'interno della quale ritagliare un nuovo spazio per l'ambiente, non più disgiunto dall'economia. Del resto, se c'è una scelta oculata da fare per guadagnare in competitività, è quella ribadita oggi in prima pagina dal giornale di Confindustria, ossia «puntare sulle nuove tecnologie, in particolare con riferimento a quelle ambientali, verso le quali i Paesi emergenti saranno costretti a orientarsi non appena avranno colmato i bisogni più urgenti, per contenere gli effetti negativi che l'industrializzazione accelerata sta producendo». All'interno di questo scacchiere europeo, però, qual è la posizione occupata dal nostro Paese? Il ministero dell'Ambiente è attualmente impegnato a gestire più fronti emergenziali, a partire dall'Ilva di Taranto, ma non è soltanto il tempo tiranno nei confronti delle possibilità di programmazione. La realtà è che anche le risorse a disposizione del dicastero, in Italia, si sono incredibilmente risorse durante questi anni di crisi.
Nella sua ultima relazione sul rendiconto generale dello Stato (relativo all'anno 2011), la Corte dei Conti scrive testualmente che «il Ministero ha avuto uno stanziamento definitivo per l'anno 2011 di 876,07 milioni. E, se vi è stata una consistente variazione in aumento rispetto allo stanziamento iniziale pari a 321,90 milioni (+58 per cento) è pur sempre vero che, rispetto al 2008 e al 2010 lo stanziamento definitivo risulta in netta diminuzione (-58,29 per cento rispetto al 2008 e -13 per cento rispetto al 2010). Tali diminuzioni hanno inciso in particolare sulla missione 18 (Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente) che assorbe circa l'86 per cento di tutto lo stanziamento del Ministero».
Impietosamente, confrontando i dati forniti dalla Corte, risalta così che il ministero dell'Ambiente riceve in elemosina dall'Italia neanche un sessantesimo della montagna di soldi che viene ingerita annualmente dalla corruzione: 876 milioni di euro contro 60 miliardi. La prossima volta che qualcuno insinuerà che non possiamo permetterci il lusso di spendere ancora per pensare all'ambiente e allo sviluppo in senso ecologico dell'economia, sarebbe bene suggerirgli di scandagliare con più accuratezza l'attuale livello d'attenzione al tema in Italia, e le innumerevoli sacche oscure dalle quale potremmo attingere per recuperare le risorse necessarie.
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