domenica, ottobre 07, 2012
La ristrutturazione dei salari della Gendarmeria e della Prefettura navale ha provocato, per errore, tagli tra il 30 e il 60 per cento degli stipendi. Il Parlamento ha invitato a rispettare la subordinazione alle autorità costituite

Città Nuova - La protesta degli effettivi di due importanti corpi delle forze di sicurezza, la Gendarmeria e la Prefettura navale, incaricati rispettivamente della sorveglianza delle frontiere e delle coste, tiene col fiato sospeso l'Argentina. Un decreto presidenziale, redatto in modo almeno raffazzonato, pur con la buona intenzione di ristrutturare i salari degli effettivi dei due corpi, ha inavvertitamente dato il via a una scala salariale con meccanismi di sconto sugli stipendi tra il 30 e il 60 per cento. Di fronte a buste paga con tagli incredibili è scattata immediatamente una protesta presso le rispettive sedi dei corpi, sia a Buenos Aires, la capitale, che in altri centri del Paese.

Il problema scaturito dall'emissione del decreto, che il governo ha poi immediatamente ritirato, è doppio. Prima di tutto perché sia alla Gendarmeria che alla Prefettura navale da tempo sono stati assegnati compiti di pubblica sicurezza nei quartieri della zona sud della capitale argentina. A motivo della protesta tale vigilanza è stata sospesa e gli effettivi, con abiti civili, si sono riuniti nelle loro caserme. In secondo luogo è esploso il problema della protesta di due corpi armati con compiti di sicurezza.

Non sono mancati gesti di esasperazione e di intransigenza, con atti di violenza, pur se sporadici, nei confronti di alcuni alti ufficiali delle due forze. D'altro canto la gaffe commessa dal governo non depone certo a favore della fiducia nei confronti dei ministeri competenti e, in definitiva, della presidente della Repubblica, Cristina Fernández de Kirchner.

Il governo ha reagito all'errore con prontezza, derogando il decreto, sostituendo i responsabili delle due forze e ripristinando la liquidazione degli stipendi in base ai livelli precedenti. Dopo varie ore di discussione con i rappresentanti della protesta, i rappresentanti del governo hanno raggiunto un accordo sostanziale, ma che potrà essere messo in atto solo la settimana prossima. Per questo motivo la protesta continua.

Durante le ore cruciali degli ultimi giorni, quando sembrava che anche gli effettivi della marina militare avrebbero aderito alla protesta (dato che anche la scala salariale delle Forze armate è in ristrutturazione), le istituzioni hanno reagito all'altezza della situazione. La Camera dei deputati ha emesso un documento nel quale ha invitato le forze dell'ordine a «adeguare le proprie azioni a criteri di funzionamento democratico e di subordinazione alle autorità legalmente costituite».

Gran parte dei partiti ha votato la dichiarazione che è stata approvata anche dal Senato, con alcune eccezioni da parte dell'opposizione. Numerose altre organizzazioni della società civile hanno invitato a rispettare l'ordine democratico, pur appoggiando la sostanza della protesta e riconoscendone la legittimità.

Il problema dell'erosione dei salari delle Forze Armate, della Gendarmeria e della Prefettura navale non è nuovo ma dura da almeno dieci anni. Da quattro mesi se ne studiava la ristrutturazione, ed anche per questo l'esasperazione dei protagonisti della protesta ha ricevuto l'appoggio solidale dell'opinione pubblica.

Il tempo dirà se è esistita l'intenzionalità politica di provocare uno scivolone al governo di Cristina Fernandez de Kirchner, poco propensa allla costruzione di ampli consensi tra le forze politiche e da tempo impegnata in una dura polemica con la stampa e con le organizzazioni della società civile che criticano la sua gestione. Non si tratta della prima reazione del genere. Durante i mesi di maggio e giugno la polizia della provincia di Santa Cruz ha scioperato per varie settimane reclamando aumenti salariali. Il clima politico, nel quale lo scontro è pane quotidiano, fa sì che molto spesso la protesta sindacale raggiunga immediatamente livelli estremi in aperta lesione degli interessi collettivi. Ed è sempre più evidente che l'Argentina ha bisogno di stipulare un nuovo patto sociale che contempli un criterio di proporzionalità tra i diritti che sono oggetto di reclamo sindacale e gli effetti negativi di proteste che si riflettono sulla comunità.

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