venerdì, ottobre 26, 2012
Oggi al Festival della Famiglia di Riva del Garda si è parlato di invecchiamento attivo, processi educativi e solidarietà tra generazioni: tre pilastri su cui fondare una società per tutte le età, che trasforma gli investimenti in risorse per il futuro

di Luisella D. Meozzi

Oggi, a causa della spesa pubblica, ogni nuovo nato porta già il peso di 40mila euro di debito sulle proprie tenere spalle. Secondo il sottosegretario all’istruzione Marco Rossi Doria, però, non è certo questo un motivo per fermare l’investimento in scuola e processi educativi. Nella seconda giornata di Festival della famiglia, a Riva del Garda, si aprono i lavori prendendo in considerazione la sfida formativa per le nuove generazioni. In un quadro che è profondamente cambiato sia dal punto di vista demografico sia per la rivoluzione tecnologica che ha modificato l’idea di famiglia, di apprendimento e di scuola. “Oggi facciamo pochi figli e una società che ha pochi figli ha una dimensione povera: non sta investendo sul futuro ma solo su se stessa”, denuncia Doria. Che legge la crisi come “una generazione che ha utilizzato il bene comune in modo tale da non consegnarlo intatto ai ragazzi. Ora dobbiamo fare un'opera di riparazione, la scuola deve tornare a mettere al centro i nostri ragazzi, dobbiamo riformarla cercando di investire in formazione, cultura, istruzione”.

Nel quadro della solidarietà intergenerazionale, prende spazio il secondo dibattito che apre allo strumento dell’invecchiamento attivo come base di una società adatta a ogni età della vita. Dai ragazzi agli over 65 quindi, prendendo spunto dall’’‘Anno europeo per l’invecchiamento attivo e la solidarietà tra le generazioni’ proclamato dall’UE per il 2012. “In Umbria e in Liguria esistono già due leggi regionali sull’invecchiamento attivo, ma ci vuole una legge quadro nazionale che riconosca l’impegno civico delle persone anziane senza la cui attività volontaria numerosi musei e biblioteche di importanza nazionale rischierebbero la chiusura”. Lo sostiene Michele Mangano, presidente nazionale dell’Auser, che per la seconda giornata convegnistica del Festival della famiglia di Riva del Garda fotografa un’Italia in cui solo poco più di un milione, dei dodici e mezzo di over 65, non è autosufficiente. “La longevità è un successo della società, ma per invecchiare bene è necessario promuovere un modello sociale per tutte le età” prosegue Mangano, ricordando poi che il progresso non è solo Pil ma “benessere soggettivo e relazionale, sviluppo umano e nuovi stili di vita che sono imposti soprattutto dai cambiamenti climatici in atto”.

Che l’allungamento dell’aspettativa di vita sia un valore che non deve creare conflitto generazionale, lo ribadisce Daniela Pompei, consigliere del ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi: “Gli anziani lavorano e producono lavoro per i giovani, la loro presenza attiva aggiunge potenzialità al tessuto sociale e all’istituto della famiglia”. L’‘allarme longevità’, che metterebbe a rischio il sistema del welfare, lanciato dall’Fmi nel rapporto pubblicato ad aprile 2012, secondo Pompei è una distorsione dell’informazione perché “l’allungamento della vita è uno dei più grandi risultati dello sviluppo umano”. Per confermare le qualità intrinseche di un ambiente sociale age friendly, Pompei cita in conclusione il sociologo polacco Zygmunt Bauman: “Come la portata di un ponte si misura dalla forza del suo pilone più debole, così la qualità umana di una società dovrebbe misurarsi sulla qualità della vita dei suoi soggetti più deboli”. Consolidando il ‘ponte’ della costruzione sociale, la presupposta fragilità dei soggetti anziani si trasforma invece in un modello di apprendimento intergenerazionale dove lo stato sociale non è un lusso ma una necessita per restituire dignità e senso alla vita umana e quindi alla famiglia.

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