Giovanni Tizian svela il camaleontico insediamento della ‘ndrangheta, la più potente organizzazione criminale del mondo, nelle regioni del nord Italia, considerate vere e proprie colonie per i traffici illeciti grazie alla loro “morbidezza etica”
di Paola Bisconti
Tutto ha inizio nel 1988, quando fu dato alle fiamme il capannone della Fonti Cucine Sas, di proprietà del nonno di Giovanni Tizian, che il 23 ottobre dell’anno successivo perse anche il padre, brutalmente assassinato dalla ‘ndrangheta. Rimanere a Bovalino significava accettare l’aiuto della mafia calabrese, che prima distrugge la vita di una famiglia e poi la costringe a sottomettersi, trasformando ogni diritto in privilegio. In quegli anni, chi tentava di opporsi alla mafia era troppo solo per sperare di vincere questa battaglia, ed è per questo che furono in molti a fuggire... proprio come Giovanni, che però nel suo libro “Gotica. ‘ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea” racconta anche un altro fenomeno: la criminalità organizzata che si estende nel nord Italia, dove lui era appena giunto. Sperava in una rinascita, ed invece è stato proprio a Modena che ha scoperto come la cultura ‘ndranghetista penetri nelle vene e diventi infettiva. Ecco perché dietro ad un’economia così sviluppata come quella del nord si possono nascondere gli interessi dei mafiosi, che dalla Calabria gestiscono affari illegali in Emilia Romagna così come in Piemonte, Lombardia, Liguria e Veneto: da qui i flussi di denaro raggiungono le casse della Casa Madre al sud e poi risalgono al nord attraverso nuovi investimenti.
Era maggio del 1991 quando però le coscienze dei modenesi mutarono, in seguito alla sparatoria avvenuta in via Benedetto Marcello: si trattava di un regolamento di conti tra cosche mafiose capaci, nell’arco di soli 3 anni, di 600 omicidi e 350 incendi dolosi ad attività commerciali, i cosiddetti reati spia. Da allora tutti i modenesi compresero che la mafia si era impossessata anche della loro terra, dove aveva sviluppato un’economia nera non dichiarata, invisibile, sporca, un business che ha il colore bianco della cocaina e marrone della terra di cantiere, e che si basa anche sul traffico delle armi da guerra, sugli appalti nel settore della sanità e sulla politica. Quella ‘ndrangheta che “non è solo una rete criminale ma un vero e proprio sistema di potere che entra in rapporto con altri poteri e con gli stessi instaura rapporti e relazioni stabili non solo di carattere corruttivo ma anche di vicinanza e contiguità”.
Giovanni Tizian scrive che, nonostante la crisi, il settore delle costruzioni non si arresta perché “il mattone è strumento di cristallizzazione del denaro macchiato dei peggiori crimini mafiosi e ne fa perdere le tracce” . Quando il boss riesce ad impossessarsi di un cantiere, questo diventa molto di più di un pezzo di terra recintato, perché da qui avviene “il percorso di legittimazione sociale di cui le ‘ndrine hanno bisogno disperato per sopravvivere nelle realtà ricche e produttive”. Su quel pezzo di terra può sorgere un centro commerciale, un albergo, una serie di appartamenti oppure si può decidere di scavare creando delle buche profonde 9 metri e larghe 50, come quella di Desio, grande 30.000 mq, dove vengono smaltite tonnellate di rifiuti tossici che non sono sottoposti a nessun tipo di selezione o di smaltimento secondo la legge, perché l’obiettivo della ‘ndrangheta di certo non è la qualità. “È la mafia, serpe velenosa, che con il suo veleno ha imputridito l’ambiente” .
La ‘ndrangheta, scrive il giornalista calabrese, è lo specchio della società, dove la trasmissione del potere non è meritocratica, ma vengono privilegiati i rampolli dei casati potenti come i giovani ragazzi che frequentano locali in voga (Madison, Cafè Solair, Le Monde, Hollywood, Lopalosa, Babylon, eccetera) dove sanno di poter trovare la droga: l’oro bianco, la bamba, la barella, della quale la mafia calabrese ha il monopolio di tutto il traffico mondiale affidando il lavoro sporco ai pusher. Tizian descrive l’immagine molto forte di “un’Italia a strisce”, dove fanno uso della droga gli operai così come i professionisti. Oggi la figura del “medico-boss rappresenta l’allegoria della mafia moderna, volto pulito e mani lerce di affari criminali”, perché sanità e politica sono facce della stessa medaglia, sono settori in cui la ‘ndrangheta, come una sanguisuga, ha succhiato la linfa vitale, occludendo i vasi della libertà di scelta e corrodendo l’etica con l’acido del suo potere. Eppure ci sono uomini politici che descrivono la mafia “una roba da terun”, come alcune leghisti, che hanno fatto della xenofobia un punto cardine del loro programma eppure non sono estranei a flirt con gli ‘ndranghetisti.
Ovunque si appoggia, la ‘ndrangheta crea dolore e sofferenza ed è in grado di sfruttare persino la disperazione, attraverso per esempio il gioco ingannevole delle slot machine, che “sono macchinette di sogni per chi sogni non ne può avere più […] risucchiano anime in pena”. Nel suo libro Giovanni Tizian racconta come, dove e da chi è gestito questo sporco traffico di denaro basato sul gioco d’azzardo.
Il giovane autore, che a causa di questo testo, altri articoli e dossier sta subendo minacce e intimidazioni dalla mafia, lancia però fra le pagine del libro dei messaggi di speranza, come l’importante iniziativa messa in atto dai professionisti di Modena che a gennaio del 2011 hanno varato una Carta Etica composta da 11 articoli che stabiliscono la sospensione dall’Ordine del professionista colluso, e in caso di condanna prevedono anche l’espulsione e la confisca dei beni. Inoltre Tizian incoraggia i cittadini ad emulare chi lotta, chi denuncia e lavora per un progresso libero dalle mafie, come fanno gli ideatori dell’associazione “daSud”, nata in Calabria nel 2005, e molte altre. E nelle pagine del libro c’è sempre uno sguardo nostalgico verso la sua Calabria, dove “nell’abbraccio dolce e salato del mar Ionio ritrovo ogni estate i profumi e i colori della mia infanzia. Ripesco i ricordi dolorosi e li annego con un sorriso arcobaleno”.
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di Paola Bisconti
Tutto ha inizio nel 1988, quando fu dato alle fiamme il capannone della Fonti Cucine Sas, di proprietà del nonno di Giovanni Tizian, che il 23 ottobre dell’anno successivo perse anche il padre, brutalmente assassinato dalla ‘ndrangheta. Rimanere a Bovalino significava accettare l’aiuto della mafia calabrese, che prima distrugge la vita di una famiglia e poi la costringe a sottomettersi, trasformando ogni diritto in privilegio. In quegli anni, chi tentava di opporsi alla mafia era troppo solo per sperare di vincere questa battaglia, ed è per questo che furono in molti a fuggire... proprio come Giovanni, che però nel suo libro “Gotica. ‘ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea” racconta anche un altro fenomeno: la criminalità organizzata che si estende nel nord Italia, dove lui era appena giunto. Sperava in una rinascita, ed invece è stato proprio a Modena che ha scoperto come la cultura ‘ndranghetista penetri nelle vene e diventi infettiva. Ecco perché dietro ad un’economia così sviluppata come quella del nord si possono nascondere gli interessi dei mafiosi, che dalla Calabria gestiscono affari illegali in Emilia Romagna così come in Piemonte, Lombardia, Liguria e Veneto: da qui i flussi di denaro raggiungono le casse della Casa Madre al sud e poi risalgono al nord attraverso nuovi investimenti.
Era maggio del 1991 quando però le coscienze dei modenesi mutarono, in seguito alla sparatoria avvenuta in via Benedetto Marcello: si trattava di un regolamento di conti tra cosche mafiose capaci, nell’arco di soli 3 anni, di 600 omicidi e 350 incendi dolosi ad attività commerciali, i cosiddetti reati spia. Da allora tutti i modenesi compresero che la mafia si era impossessata anche della loro terra, dove aveva sviluppato un’economia nera non dichiarata, invisibile, sporca, un business che ha il colore bianco della cocaina e marrone della terra di cantiere, e che si basa anche sul traffico delle armi da guerra, sugli appalti nel settore della sanità e sulla politica. Quella ‘ndrangheta che “non è solo una rete criminale ma un vero e proprio sistema di potere che entra in rapporto con altri poteri e con gli stessi instaura rapporti e relazioni stabili non solo di carattere corruttivo ma anche di vicinanza e contiguità”.
Giovanni Tizian scrive che, nonostante la crisi, il settore delle costruzioni non si arresta perché “il mattone è strumento di cristallizzazione del denaro macchiato dei peggiori crimini mafiosi e ne fa perdere le tracce” . Quando il boss riesce ad impossessarsi di un cantiere, questo diventa molto di più di un pezzo di terra recintato, perché da qui avviene “il percorso di legittimazione sociale di cui le ‘ndrine hanno bisogno disperato per sopravvivere nelle realtà ricche e produttive”. Su quel pezzo di terra può sorgere un centro commerciale, un albergo, una serie di appartamenti oppure si può decidere di scavare creando delle buche profonde 9 metri e larghe 50, come quella di Desio, grande 30.000 mq, dove vengono smaltite tonnellate di rifiuti tossici che non sono sottoposti a nessun tipo di selezione o di smaltimento secondo la legge, perché l’obiettivo della ‘ndrangheta di certo non è la qualità. “È la mafia, serpe velenosa, che con il suo veleno ha imputridito l’ambiente” .
La ‘ndrangheta, scrive il giornalista calabrese, è lo specchio della società, dove la trasmissione del potere non è meritocratica, ma vengono privilegiati i rampolli dei casati potenti come i giovani ragazzi che frequentano locali in voga (Madison, Cafè Solair, Le Monde, Hollywood, Lopalosa, Babylon, eccetera) dove sanno di poter trovare la droga: l’oro bianco, la bamba, la barella, della quale la mafia calabrese ha il monopolio di tutto il traffico mondiale affidando il lavoro sporco ai pusher. Tizian descrive l’immagine molto forte di “un’Italia a strisce”, dove fanno uso della droga gli operai così come i professionisti. Oggi la figura del “medico-boss rappresenta l’allegoria della mafia moderna, volto pulito e mani lerce di affari criminali”, perché sanità e politica sono facce della stessa medaglia, sono settori in cui la ‘ndrangheta, come una sanguisuga, ha succhiato la linfa vitale, occludendo i vasi della libertà di scelta e corrodendo l’etica con l’acido del suo potere. Eppure ci sono uomini politici che descrivono la mafia “una roba da terun”, come alcune leghisti, che hanno fatto della xenofobia un punto cardine del loro programma eppure non sono estranei a flirt con gli ‘ndranghetisti.
Ovunque si appoggia, la ‘ndrangheta crea dolore e sofferenza ed è in grado di sfruttare persino la disperazione, attraverso per esempio il gioco ingannevole delle slot machine, che “sono macchinette di sogni per chi sogni non ne può avere più […] risucchiano anime in pena”. Nel suo libro Giovanni Tizian racconta come, dove e da chi è gestito questo sporco traffico di denaro basato sul gioco d’azzardo.
Il giovane autore, che a causa di questo testo, altri articoli e dossier sta subendo minacce e intimidazioni dalla mafia, lancia però fra le pagine del libro dei messaggi di speranza, come l’importante iniziativa messa in atto dai professionisti di Modena che a gennaio del 2011 hanno varato una Carta Etica composta da 11 articoli che stabiliscono la sospensione dall’Ordine del professionista colluso, e in caso di condanna prevedono anche l’espulsione e la confisca dei beni. Inoltre Tizian incoraggia i cittadini ad emulare chi lotta, chi denuncia e lavora per un progresso libero dalle mafie, come fanno gli ideatori dell’associazione “daSud”, nata in Calabria nel 2005, e molte altre. E nelle pagine del libro c’è sempre uno sguardo nostalgico verso la sua Calabria, dove “nell’abbraccio dolce e salato del mar Ionio ritrovo ogni estate i profumi e i colori della mia infanzia. Ripesco i ricordi dolorosi e li annego con un sorriso arcobaleno”.
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