sabato, ottobre 06, 2012
Paola Bisconti intervista Pino Maniaci, giornalista di Telejato, che da anni denuncia attività e malaffari dei boss mafiosi mettendo a rischio la sua vita (leggi il nostro articolo di presentazione)

D - L’incendio avvenuto sabato 29 settembre nei nuovi studi della sua emittente televisiva è stata l’ennesima intimidazione nei suoi confronti da parte della mafia. Ma giovedì 4 ottobre c’è stata ugualmente l’inaugurazione della nuova sede. Tutti conoscono e apprezzano la sua determinazione e il coraggio che la contraddistingue, ma le capita di vivere momenti di paura e di sconforto?
R - Le dinamiche di questo atto doloso ci sono sembrate alquanto strane : come può incendiarsi una postazione dove intorno ad una porta di ferro non c’è vegetazione, eppure la postazione è andata completamente distrutta? Ci sono sorti diversi dubbi che abbiamo girato agli inquirenti, i quali indagheranno per trovare una risposta. Di intimidazioni ne abbiamo avute tante: dalle lettere anonime alle auto bruciate, ma non ci hanno fermato e non ci fermeranno. Spero solo di riuscire a breve a ripristinare gli impianti e andare avanti.

D - In alcune occasioni ha impiegato l’espressione “giornalisti missionari” per indicare coloro che intendono svolgere questa professione con spirito di dedizione, passione e sacrificio; tuttavia è davvero una minoranza che opera nel settore. Lo sforzo di pochi può svegliare le coscienze dei cittadini per combattere le mafie?
R - In realtà la situazione è ancora più drastica di quanto si possa immaginare perché si può contare sulla punta delle dita chi fa parte di questa categoria di giornalisti. Io ripeto costantemente che oggi il giornalismo in Italia è tutto politicizzato e sono convinto che questo mestiere è importante tanto quello del medico, perché informare la gente dicendo la verità è essenziale.

D – Il nome completo della sua emittente televisiva è “Telejato. Una voce dalla Sicilia”: ma qual è l’anima di questa regione, che non può essere solo un covo dei mafiosi?
R- La maggior parte dei siciliani sono delle persone oneste. Basta considerare che siamo in 5 milioni su quest’isola e “solo” 5000 sono i mafiosi schedati. Poi certamente incide un problema culturale, di mentalità e tante altri fattori che condizionano il modo di affrontare la questione, però c’è anche una Sicilia che si ribella, che comincia a svegliarsi grazie anche alle varie associazioni che fanno rete con tutto il resto d’Italia.

D - La libera informazione può contribuire a “tagliare quel cordone ombelicale che collega la mafia alla politica”?
R - Credo che sia essenziale, ma bisogna che tutti reagiscano rifiutando ogni forma di corruzione mafiosa, denunciando chi chiede il pizzo e tutte le altre forme di abuso da parte della criminalità organizzata. In Italia abbiamo il problema della “politocrazia”, che riguarda la mafia collusa con la politica. Il nostro Paese ha bisogno di un rinnovamento della casta politica perché oggi ci sono gli stessi della Prima Repubblica ma che dichiarano di far parte della Seconda: in realtà fanno solo finta di rimodernarsi. Ora poi c’è anche la nuova generazione, come il Trota, figlio di Bossi, e la sarda salata, figlio di Lombardo … una situazione davvero penosa. Per mandare a casa questi personaggi di certo non lo faremo attraverso la politica dei grillini, perché l’Italia non ha bisogno di comici, fa già tanto ridere da sé. La politica deve seguire un’etica, una morale, altrimenti nulla può cambiare.

D - I legami tra mafia e politica nascono, secondo lei, dal fatto che la prima ha bisogno della seconda per sopravvivere oppure è la politica che cerca il sostegno della mafia?
R - Adesso c’è stato il salto di qualità: se prima era la mafia che delegava alla politica ora è la mafia che fa politica. Oggi la mafia è lo Stato, il parlamento italiano è l’unico al mondo ad avere persone che ricoprono una carica politica e il loro nome è anche sul registro degli indagati.

D - Se un giorno uno dei suoi nemici si pentisse sinceramente per i reati commessi e lei avesse l’opportunità di incontrarlo, cosa gli chiederebbe? Lei pensa che i mafiosi hanno nell’anima un barlume di umanità oppure sono solo uomini spietati?
R - Non credo al pentitismo: chi lo fa non vuole semplicemente stare in carcere e allora inizia a collaborare. Di certo però le dichiarazioni dei pentiti sono state essenziali per scoprire dal di dentro quello che è il sistema mafioso. Sinceramente non mi sono mai chiesto cosa potrei dire a chi “mi vuole tanto bene”… di sicuro non sarebbe una bella reazione, se penso che hanno tentato di fare del male anche alla mia famiglia. Reagirei da padre e marito che cerca di difendere i propri “cuccioli”.

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