La detenzione in via cautelare, così come la presenza di detenuti tossicodipendenti o immigrati, sono alcune delle cause del sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani dove, anziché 45 mila detenuti, vi sono rinchiusi circa 67 mila.
Radio Vaticana - Nel 2011, inoltre, i suicidi in carcere sono stati 66. Lo evidenzia il Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri d'accoglienza per migranti in Italia, condotto nei mesi scorsi dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e presentato ieri nel carcere romano di Regina Coeli. Il servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta
La violazione dei diritti umani è una violazione della legalità, nel caso di ciò che avviene nelle carceri a violarla è lo Stato. La Commissione diritti umani del Senato denuncia: se da una parte le strutture carcerarie hanno i loro problemi, il parlamento ha le sue responsabilità, perché nelle carceri si vivono situazioni di illegalità. Occorre riflettere, spiega la Commissione, su un’idea diversa del carcere. La logica securitaria ha fallito e lo dicono i numeri che il rapporto presenta: circa il 40% dei detenuti oggi non ha sentenza definitiva, mentre una percentuale molto alta è in prigione per reati legati a leggi da cambiare. Il senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato:
“Il sovraffollamento delle carceri è una conseguenza, non è una causa della situazione. E’ conseguenza di leggi che esistono e che riempiono le carceri oltre ogni limite accettabile. Facciamo un elenco: la ex Cirielli, quella che priva della possibilità di avere misure alternative coloro che sono recidivi. La Legge sulle tossicodipendenze (Fini-Giovanardi - ndr), che invece che indirizzare verso le comunità e verso la cura, indirizza verso il carcere. La Legge sull’immigrazione (Bossi-Fini - ndr), che rende o reato penale le situazioni irregolari o che ne fa un’aggravante e che è una delle ragioni che ha portato ad aumentare il numero delle persone in carcere. Queste sono alcune delle cose che se fossero fatte aiuterebbero a svuotare le carceri”.
Con le pene alternative, spiega ancora la Commissione, 20 mila persone sarebbero fuori. Inoltre, le statistiche dimostrerebbero che chi ottiene le pene alternative non torna in carcere. Proprio in questi giorni, è in discussione alla Camera il disegno di legge sulle misure alternative. Ancora Marcenaro:
“Noi, in questo Rapporto, utilizziamo l’espressione 'carcere minimo', cioè separare il concetto di pena dal concetto di carcere. Occorre considerare il carcere come soluzione solo quando è necessario, solo quando c’è bisogno di farlo, e naturalmente esistono situazioni così. Ma il carcere non va identificato con la pena. Per certezza della pena, le persone intendono certezza della prigione, certezza del carcere. Invece no, bisogna separare questi due aspetti e, dove è possibile, utilizzare altre forme di pena. La certezza della pena ci deve essere, il rispetto della legge deve essere garantito e chi la viola deve risponderne, io non ho il minimo dubbio su questo, ma questo può essere fatto in vari modi. Può soprattutto essere fatto in un modo che recuperi le persone alla vita civile e non le consegni alla criminalità, perché la criminalità recluta dentro il carcere”.
La situazione carceraria, insiste la Commissione, "ha bisogno di misure di emergenza", tra queste una potrebbe essere "un atto di clemenza":
“Se parte un’azione di riforma strutturale, penso che un atto di clemenza sarebbe giustificato e capito dall’opinione pubblica. Il fatto che pochi giorni fa, poche settimane fa, con l’equilibrio e la cautela che gli è propria, il presidente della Repubblica abbia accennato a questa possibilità, secondo me, è una cosa che dovrebbe fare riflettere”.
Le posizioni "forcaiole" - è la conclusione alla quale vuole far arrivare il Rapporto - non contribuiscono dunque alla sicurezza del Paese.
Radio Vaticana - Nel 2011, inoltre, i suicidi in carcere sono stati 66. Lo evidenzia il Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri d'accoglienza per migranti in Italia, condotto nei mesi scorsi dalla Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e presentato ieri nel carcere romano di Regina Coeli. Il servizio di Francesca Sabatinelli: ascolta
La violazione dei diritti umani è una violazione della legalità, nel caso di ciò che avviene nelle carceri a violarla è lo Stato. La Commissione diritti umani del Senato denuncia: se da una parte le strutture carcerarie hanno i loro problemi, il parlamento ha le sue responsabilità, perché nelle carceri si vivono situazioni di illegalità. Occorre riflettere, spiega la Commissione, su un’idea diversa del carcere. La logica securitaria ha fallito e lo dicono i numeri che il rapporto presenta: circa il 40% dei detenuti oggi non ha sentenza definitiva, mentre una percentuale molto alta è in prigione per reati legati a leggi da cambiare. Il senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato:
“Il sovraffollamento delle carceri è una conseguenza, non è una causa della situazione. E’ conseguenza di leggi che esistono e che riempiono le carceri oltre ogni limite accettabile. Facciamo un elenco: la ex Cirielli, quella che priva della possibilità di avere misure alternative coloro che sono recidivi. La Legge sulle tossicodipendenze (Fini-Giovanardi - ndr), che invece che indirizzare verso le comunità e verso la cura, indirizza verso il carcere. La Legge sull’immigrazione (Bossi-Fini - ndr), che rende o reato penale le situazioni irregolari o che ne fa un’aggravante e che è una delle ragioni che ha portato ad aumentare il numero delle persone in carcere. Queste sono alcune delle cose che se fossero fatte aiuterebbero a svuotare le carceri”.
Con le pene alternative, spiega ancora la Commissione, 20 mila persone sarebbero fuori. Inoltre, le statistiche dimostrerebbero che chi ottiene le pene alternative non torna in carcere. Proprio in questi giorni, è in discussione alla Camera il disegno di legge sulle misure alternative. Ancora Marcenaro:
“Noi, in questo Rapporto, utilizziamo l’espressione 'carcere minimo', cioè separare il concetto di pena dal concetto di carcere. Occorre considerare il carcere come soluzione solo quando è necessario, solo quando c’è bisogno di farlo, e naturalmente esistono situazioni così. Ma il carcere non va identificato con la pena. Per certezza della pena, le persone intendono certezza della prigione, certezza del carcere. Invece no, bisogna separare questi due aspetti e, dove è possibile, utilizzare altre forme di pena. La certezza della pena ci deve essere, il rispetto della legge deve essere garantito e chi la viola deve risponderne, io non ho il minimo dubbio su questo, ma questo può essere fatto in vari modi. Può soprattutto essere fatto in un modo che recuperi le persone alla vita civile e non le consegni alla criminalità, perché la criminalità recluta dentro il carcere”.
La situazione carceraria, insiste la Commissione, "ha bisogno di misure di emergenza", tra queste una potrebbe essere "un atto di clemenza":
“Se parte un’azione di riforma strutturale, penso che un atto di clemenza sarebbe giustificato e capito dall’opinione pubblica. Il fatto che pochi giorni fa, poche settimane fa, con l’equilibrio e la cautela che gli è propria, il presidente della Repubblica abbia accennato a questa possibilità, secondo me, è una cosa che dovrebbe fare riflettere”.
Le posizioni "forcaiole" - è la conclusione alla quale vuole far arrivare il Rapporto - non contribuiscono dunque alla sicurezza del Paese.
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