mercoledì, ottobre 24, 2012
Introdotte però norme restrittive alla libertà d’informazione

di Patrizio Ricci

Il caso del direttore Alessandro Sallusti condannato a 14 mesi di carcere per il reato di diffamazione aveva evidenziato l’urgenza di un disegno di legge che eliminasse la pena detentiva da quelle previste dalla legge sulla stampa del ‘48. Il testo approvato dalla Commissione giustizia del Senato è andato ben oltre: la norma elimina la pena detentiva, ma introduce e amplia l’ambito di applicazione del reato di diffamazione.

Se il testo verrà approvato in aula saranno introdotti ulteriori restrizioni non solo ai giornali cartacei ma anche ai siti internet, infatti l’art 3 contiene “misure a tutela del soggetto diffamato o del soggetto leso nell’onore e nella reputazione” che sancisce che la persona offesa ha il diritto di chiedere “ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali”. Osserviamo che si dice genericamente ‘siti internet’, quindi social network, motori di ricerca e blog avranno obbligo di rettifica ed i contravventori rischieranno l’oscuramento e la cancellazione: “in caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati” il diffamato può fare richiesta “al giudice di ordinare ai siti internet e ai motori di ricerca la rimozione delle immagini e dei dati ovvero di inibirne la diffusione”. In caso di morte del diffamato anche gli eredi potranno esercitare tale diritto. Assoluta novità l’estensione delle sanzioni anche alla ‘stampa non periodica’, cioè ai libri (quindi anche quelli d’inchiesta).

Se chi ha pubblicato non provvede, le testate giornalistiche diffuse anche via internet incorrono in una sanzione che va dai 5mila ai 100mila euro, “da stabilire proporzionalmente alla gravità dell’offesa e alla diffusione della testata”. In caso di recidiva il giudice "tiene conto della gravità della violazione e del grado di lesione del diritto alla riservatezza" e scatta la sospensione dalla professione e dall’attività fino a sei mesi e in alcuni casi fino a tre anni. La norma obbliga alla rettifica con pubblicazione entro sette giorni dalla richiesta su non più di due quotidiani a tiratura nazionale.

Se da una parte il DDL interviene a tutela della persona ingiustamente diffamata, è pure vero che chi invece è infastidito da una propaganda scomoda e nel contempo è in possesso di ‘giuste’ risorse finanziarie avrà più possibilità di zittire le voci libere dell’informazione dietro il paravento della privacy e dell’accusa di diffamazione. La conseguenza sarà che chi non ha mezzi sarà dissuaso dall’affrontare gli oneri di un processo (ed il rischio dell’eventuale sanzione), quindi sarà portato forzatamente a tacere.

Chi avrà più da rimetterci dall’applicazione di questa nuova normativa sono le piccole realtà, i giornalisti di frontiera, i blog, le piccole testate. E’ di quest’avviso la giornalista Milena Gabanelli, conduttrice di Report, che ha detto che “la norma imbavaglia tutti al di là di ogni immaginazione” e che “è stata scritta da una persona non competente, lontana dalla realtà e dai principi di democrazia”. Anche per il senatore dell’Italia dei Valori Pancho Pardi si sta percorrendo “una strada terribilmente pericolosa” perché queste modifiche invece di aprire uno spiraglio alla libertà di stampa la inaspriscono “per salvare i propri interessi, in vista della campagna elettorale “, e aggiunge: “Tornano le norme bavaglio per la rete, unico spazio dove spesso è possibile trovare notizie e approfondimenti scevri dal controllo di editori legati a corporazioni e aziende private”. Assai critico anche il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, che commenta: "Il contributo di ogni parlamentare è sempre legittimo ma non possono trovare il mio consenso impostazioni che finiscano per condizionare ancor più l’autonomia dei giornalisti e la stessa libertà di stampa. Se questo, come temo, sarà il risultato finale, toglierò la mia firma dal testo".

L’Ordine dei Giornalisti, nella persona del presidente Enzo Iacopino, ha reagito dicendo che se da una parte non è giusta in certi casi di palese colpevolezza l’impunità, la previsione di norme così devastanti priverà i cittadini dell'informazione fornita da migliaia di giovani giornalisti di testate minori che non si possono permettere l’onere di simili sanzioni.

Si vedrà se il testo sarà corretto alla Camera dei Deputati. Lasciano ben sperare le dichiarazioni di alcuni parlamentari che hanno sottolineato l’eccessiva esosità delle sanzioni e l’assurdità delle regole per la rete.

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