Siria e Turchia ad un passo dalla guerra: l’esercito di Assad continua a sconfinare in territorio turco con colpi di mortaio, per fortuna senza altre vittime dopo i cinque morti di mercoledì scorso nella cittadina turca di Akcakale.
Radio Vaticana - A nulla sono valse le condanne internazionali contro Damasco e le vibrate proteste di Ankara che continua a rispondere con la sua artiglieria dalla provincia di Antiochia. Il servizio di Marina Calculli (ascolta)
E' dunque alta la preoccupazione per il rischio che il conflitto in Siria si allarghi oltre i suoi confini. Fausta Speranza ha parlato con Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Milano: (ascolta)
R. - Credo che la ragione dipenda da un fallimento che avevamo già sperimentato in occasione di grandi crisi internazionali degli ultimi anni: il fallimento cioè della politica di cordone sanitario, che ora sta cercando naturalmente di evitare un allargamento della crisi siriana ai Paesi limitrofi. Il problema è che, con il prolungamento della crisi, questo allargamento diventa pressoché inevitabile: o per volontà espressa di qualche attore, oppure semplicemente per effetto di incidenti che non possono essere controllati. Non penso che la Siria e la Turchia abbiano in questo momento un qualche interesse a entrare in un conflitto armato vero e proprio. Il problema è che il conflitto in Siria non è più controllabile all’interno dei confini ,siriani e dai confini siriani quasi fatalmente tende - almeno in piccola parte finora - a tracimare altrove.
D. - Ma si tratta di micce fuori controllo o c’è una strategia, secondo lei?
R. - Una strategia non credo: ce ne sono probabilmente molte. La Siria è sostanzialmente collassata dal punto di vista della capacità statuale del controllo del territorio: quello che sta avvenendo - e questo almeno sembra abbastanza evidente - è l’intromissione di una serie di attori, statuali o non statuali, che stanno penetrando in Siria, ciascuno con strategie diverse e in competizione con quella degli altri. Quindi, potremmo dire che, in questo momento, la guerra civile siriana si è - senza dubbio alcuno - internazionalizzata e, internazionalizzandosi, il rischio di un allargamento del conflitto anche oltre la Siria naturalmente aumenta.
D. - In tutto questo, c’è anche la questione curda, che fa un po’ da sfondo sia per quanto riguarda il territorio turco, sia anche per il territorio siriano…
R. - Sì. Come sempre in questo tipo di conflitti, le minoranze diventano una sorta di arma che ciascuno può impiegare contro gli altri: è una sorta di gruppo di collegamento tra un Paese e l’altro e l’altro ancora. E’ chiaro che, tra le altre cose che teme la Turchia, c’è il rischio che la Siria come atto di disperazione sostenga la minoranza curda più radicale all’interno dei confini turchi per produrre a propria volta problemi al vicino.
Radio Vaticana - A nulla sono valse le condanne internazionali contro Damasco e le vibrate proteste di Ankara che continua a rispondere con la sua artiglieria dalla provincia di Antiochia. Il servizio di Marina Calculli (ascolta)
E' dunque alta la preoccupazione per il rischio che il conflitto in Siria si allarghi oltre i suoi confini. Fausta Speranza ha parlato con Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Milano: (ascolta)
R. - Credo che la ragione dipenda da un fallimento che avevamo già sperimentato in occasione di grandi crisi internazionali degli ultimi anni: il fallimento cioè della politica di cordone sanitario, che ora sta cercando naturalmente di evitare un allargamento della crisi siriana ai Paesi limitrofi. Il problema è che, con il prolungamento della crisi, questo allargamento diventa pressoché inevitabile: o per volontà espressa di qualche attore, oppure semplicemente per effetto di incidenti che non possono essere controllati. Non penso che la Siria e la Turchia abbiano in questo momento un qualche interesse a entrare in un conflitto armato vero e proprio. Il problema è che il conflitto in Siria non è più controllabile all’interno dei confini ,siriani e dai confini siriani quasi fatalmente tende - almeno in piccola parte finora - a tracimare altrove.
D. - Ma si tratta di micce fuori controllo o c’è una strategia, secondo lei?
R. - Una strategia non credo: ce ne sono probabilmente molte. La Siria è sostanzialmente collassata dal punto di vista della capacità statuale del controllo del territorio: quello che sta avvenendo - e questo almeno sembra abbastanza evidente - è l’intromissione di una serie di attori, statuali o non statuali, che stanno penetrando in Siria, ciascuno con strategie diverse e in competizione con quella degli altri. Quindi, potremmo dire che, in questo momento, la guerra civile siriana si è - senza dubbio alcuno - internazionalizzata e, internazionalizzandosi, il rischio di un allargamento del conflitto anche oltre la Siria naturalmente aumenta.
D. - In tutto questo, c’è anche la questione curda, che fa un po’ da sfondo sia per quanto riguarda il territorio turco, sia anche per il territorio siriano…
R. - Sì. Come sempre in questo tipo di conflitti, le minoranze diventano una sorta di arma che ciascuno può impiegare contro gli altri: è una sorta di gruppo di collegamento tra un Paese e l’altro e l’altro ancora. E’ chiaro che, tra le altre cose che teme la Turchia, c’è il rischio che la Siria come atto di disperazione sostenga la minoranza curda più radicale all’interno dei confini turchi per produrre a propria volta problemi al vicino.
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