martedì, ottobre 02, 2012
Le verità dell'ex cameriere del Papa, interrogato oggi durante il processo. Il segretario di Benedetto XVI smentisce le sue affermazioni su date - e quindi motivazioni - della "raccolta". La Gendarmeria ricorda le condizioni amichevoli con le quali è stato trattato.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Non ha avuto complici, ma è stato "in contatto" con molte persone, ha cominciato a "raccogliere" documenti nel 2010, quando "è emerso il caso di monsignor Carlo Maria Viganò"; a muoverlo "lo stato d'animo e lo sconcerto per una situazione diventata insopportabile e diffusa ad ampio raggio in Vaticano'' e nella "convinzione" che "è facile manipolare la persona che ha un potere decisionale così enorme", cioè il papa.

Oggi era il giorno dell'attesissima deposizione di Paolo Gabriele, il cameriere di Benedetto XVI sotto processo per il furto di documenti del Papa. Che afferma di aver solo fotocopiato. Ma che siano solo fotocopie e che prendano il via dal 2010 viene contestato da mons. Georg Gaenswein, segretario particolare di Benedetto XVI - anch'egli chiamato oggi a deporre - per il quale "quando sono andato con i gendarmi a visionare i documenti sequestrati a Paolo Gabriele, c'erano sia documenti originali che fotocopie, i primi originali che ho visto risalivano all'inizio della presa di servizio di Paolo Gabriele, nel 2006. Ho visto documenti in copia e in originale del 2006, del 2007 e del 2008". Dalle deposizioni dei gendarmi risulta anche che tra le carte sequestrate "moltissime riguardavano la Massoneria e i servizi segreti"

Nel corso dell'udienza Paolo Gabriele ha anche lamentato abusi subiti durante la detenzione: ha sostenuto di essere stato trattenuto per diversi giorni, circa una ventina, in una cella piccolissima con la luce sarebbe accesa notte e giorno, fatto che gli ha causato anche un abbassamento della vista. "Tutte le celle del Vaticano anche le più piccole, rispecchiano gli standard internazionali", ha replicato il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Padre Lombardi ha poi ricordato che in quei giorni Gabriele ha ricevuto diverse visite e appare strano che la questione emerga solo oggi. Da parte sua, la Gendarmeria vaticana, in un comunicato aggiunge che Gabriele "ha avuto costanti contatti, soprattutto anche nei primissimi giorni, con Assistenti spirituali, ha potuto partecipare alla S. Messa con la famiglia, ha altresì usufruito di colloqui senza limiti di orario secondo l'autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria con i propri familiari ed infine di incontri con i propri legali, tutto nel massimo rispetto della persona". Da parte sua, il presidente del tribunale vaticano Giuseppe Dalla Torre ha incaricato il promotore di giustizia Nicola Picardi di aprire un fascicolo, il numero 52/2012,

Gabriele, dunque, afferma di essere innocente, si sente però "colpevole di aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre che sento di amare come un figlio" e dice di aver agito da solo. "Non ho avuto complici nel modo più assoluto nell'azione che mi viene contestata", ha deposto oggi, negando poi di aver ricevuto "soldi o altri benefici", per sé o per altri, in cambio dei documenti riservati di Benedetto XVI. Non ha parlato, invece, dei doni fatti al Papa e trovati nel suo appartamento, come la pepita "apparentemente d'oro", nascosta in una scatola di scarpe, dell'assegno da 100 mila euro "saltato fuori successivamente, quando sono state repertate le carte trovate", così come l'antica edizione dell'Eneide.

Quanto ai motivi che lo hanno spinto, "sono stato suggestionato da circostanze ambientali, in particolare dalla consapevolezza di trovarmi in uno stato in cui c'erano misteri non risolti. Ho avuto molti contatti, confidenze ricevute anche dai cardinali Sardi e Comastri, dal vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, dalla signora Ingrid Stampa", già governante del card. Ratzinger.

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