Hugo Chavez si conferma alla presidenza del Venezuela. Nelle elezioni di ieri, il capo dello Stato, già da 14 anni alla guida del Paese, ha avuto la meglio sul candidato liberista, Enrique Capriles, con oltre il 54% delle preferenze.
Radio Vaticana - L’opposizione che ha ottenuto circa il 44% dei voti, ha riconosciuto la sconfitta. Alta l’affluenza ai seggi, secondo i dati ufficiali resi noti dal Comitato nazionale elettorale, il 90,94% degli aventi diritto si è recato alle urne. Massimiliano Menichetti: ascolta
''Grazie al mio amato 'Pueblo!. Viva il Venezuela! Viva Bolivar". E’ il primo commento di Hugo Chavez affidato a Twitter dopo la conferma della sua vittoria alle presidenziali di ieri . Per la quarta volta da capo di Stato, sostenitore del “nuovo socialismo del XXI secolo” e della lotta contro capitalismo e imperialismo, Chavez in serata si è affacciato dal balcone di “Palacio Miraflores”, sede della presidenza a Caracas.
Davanti a migliaia di sostenitori, mostrando la spada del padre della patria, Simon Bolivar, ha ribadito che il Venezuela “è una delle migliori democrazie al mondo” e ha parlato di vittoria “su tutta la linea”, precisando che ha battuto il rivale, Henrique Capriles, in 20 dei 24 Stati del Paese. Si è comunque complimentato con l'opposizione "perché – ha detto – ha riconosciuto la verità della vittoria, la vittoria del popolo”.
Molti gli auguri da parte dei capi di Stato e di governo tra i quali spiccano quelli della presidente dell'Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner: “La tua vittoria è anche la nostra – ha dichiarato – quella dell'America del Sud e dei Caraibi”. Sull’esito del voto, non ha pesato il cancro che gli ha impedito una campagna elettorale intensa come le precedenti.
Ora, dovrà affrontate i due principali problemi del suo Paese, ovvero l'inflazione, fra le più alte nel mondo e l'insicurezza legata al crescere della criminalità. Sul fronte internazionale, sarà impegnato nell’integrazione con i Paesi dell’America Latina, a proseguire l’alleanza con Cuba, i rapporti con l'Iran e l’affermata autonomia dagli Stati Uniti.
Per un’analisi dell’esito elettorale, abbiamo raccolto il commento di Stefano Femminis, direttore del mensile internazionale dei Gesuiti “Popoli”: ascolta
R. – Il dato va letto in una doppia ottica. Da un lato, certamente è una conferma della capacità di Hugo Chavez di continuare ad avere un consenso molto ampio, nonostante queste elezioni fossero state anche segnate dai dubbi sull’efficienza fisica di Chavez, che è stato operato per un tumore. Evidentemente, però, questo non ha scalfito le certezze e l’entusiasmo di molti sostenitori. Il risultato può comunque essere letto anche da un altro punto di vista e cioè come una tendenza che vede una diminuzione dei consensi di Chavez. Basti ricordare che nelle elezioni precedenti, nel 2006, il presidente aveva ottenuto il 63% dei voti e qui siamo al 54%. Questo fa pensare a un’erosione lenta ma progressiva dei consensi, a tutto vantaggio di un’opposizione che, in queste elezioni, esce certamente sconfitta, ma con un risultato non deludente.
D. – Per quanto riguarda le sfide del presidente, molti sono i problemi interni del Venezuela...
R. – Il Venezuela è un Paese in cui c’è una certa crescita economica in ripresa dopo alcuni anni di crisi, ma c’è anche un’inflazione galoppante, un debito pubblico fuori controllo ed è soprattutto un Paese dove l’insicurezza è elevatissima: c’è criminalità e girano molte armi. Si calcola che su 29 milioni di abitanti ci siano 17 milioni di armi da fuoco, quasi tutte illegali. Queste sono sfide che riguardano tutta la popolazione e quindi è nell’interesse del presidente Chavez affrontarle soprattutto in questo mandato, che adesso davvero diventerà lunghissimo. Alla fine di questa scadenza, infatti, saranno quasi 20 anni di potere ininterrotto.
D. – Da più parti, si ribadisce che Chavez lavora all’integrazione dell’America Latina, ma il Venezuela è considerabile come un attore principale in questo senso oppure sta lavorando ad un altro livello?
R. – L’integrazione latinoamericana prosegue indipendentemente da Chavez, nel senso che negli ultimi anni sono stati fatti passi verso un’abolizione dei dazi doganali. Non siamo ancora a un livello paragonabile a quello dell’Unione Europea, non si parla di moneta unica. Tuttavia, certamente il continente latinoamericano è più integrato che dieci o quindici anni fa e questo avviene con il traino, più che del Venezuela, del Brasile. Il Venezuela – Chavez in particolare – è capofila di una coalizione più piccola, che raccoglie Paesi come la Bolivia, l’Ecuador, il Nicaragua, che hanno leader che somigliano a Chavez dal punto di vista delle proposte politiche, da un lato certamente populiste e, dall’altro, comunque attente maggiormente ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione.
D. – Sul fronte internazionale, rimane l’asse con Cuba e la posizione di favore che Chavez ha assunto nei confronti dell’Iran. Questo ha più volte creato tensione con gli Stati Uniti. Come leggere queste posizioni?
R. – Nel caso di Cuba, c’è questo tentativo del Venezuela di fare entrare l’isola nel proprio ambito d’influenza, anche economica. Con l’Iran, l’impressione è che davvero sia una mossa da leggere più in chiave antiamericana. Sappiamo quanto Chavez cerchi sempre di sottolineare la sua distanza dall’amministrazione statunitense. E in questioni di geopolitica, essere amico del nemico è un po’ un messaggio che si dà all’interlocutore, che in questo caso appunto è Washington.
Radio Vaticana - L’opposizione che ha ottenuto circa il 44% dei voti, ha riconosciuto la sconfitta. Alta l’affluenza ai seggi, secondo i dati ufficiali resi noti dal Comitato nazionale elettorale, il 90,94% degli aventi diritto si è recato alle urne. Massimiliano Menichetti: ascolta
''Grazie al mio amato 'Pueblo!. Viva il Venezuela! Viva Bolivar". E’ il primo commento di Hugo Chavez affidato a Twitter dopo la conferma della sua vittoria alle presidenziali di ieri . Per la quarta volta da capo di Stato, sostenitore del “nuovo socialismo del XXI secolo” e della lotta contro capitalismo e imperialismo, Chavez in serata si è affacciato dal balcone di “Palacio Miraflores”, sede della presidenza a Caracas.
Davanti a migliaia di sostenitori, mostrando la spada del padre della patria, Simon Bolivar, ha ribadito che il Venezuela “è una delle migliori democrazie al mondo” e ha parlato di vittoria “su tutta la linea”, precisando che ha battuto il rivale, Henrique Capriles, in 20 dei 24 Stati del Paese. Si è comunque complimentato con l'opposizione "perché – ha detto – ha riconosciuto la verità della vittoria, la vittoria del popolo”.
Molti gli auguri da parte dei capi di Stato e di governo tra i quali spiccano quelli della presidente dell'Argentina, Cristina Fernandez de Kirchner: “La tua vittoria è anche la nostra – ha dichiarato – quella dell'America del Sud e dei Caraibi”. Sull’esito del voto, non ha pesato il cancro che gli ha impedito una campagna elettorale intensa come le precedenti.
Ora, dovrà affrontate i due principali problemi del suo Paese, ovvero l'inflazione, fra le più alte nel mondo e l'insicurezza legata al crescere della criminalità. Sul fronte internazionale, sarà impegnato nell’integrazione con i Paesi dell’America Latina, a proseguire l’alleanza con Cuba, i rapporti con l'Iran e l’affermata autonomia dagli Stati Uniti.
Per un’analisi dell’esito elettorale, abbiamo raccolto il commento di Stefano Femminis, direttore del mensile internazionale dei Gesuiti “Popoli”: ascolta
R. – Il dato va letto in una doppia ottica. Da un lato, certamente è una conferma della capacità di Hugo Chavez di continuare ad avere un consenso molto ampio, nonostante queste elezioni fossero state anche segnate dai dubbi sull’efficienza fisica di Chavez, che è stato operato per un tumore. Evidentemente, però, questo non ha scalfito le certezze e l’entusiasmo di molti sostenitori. Il risultato può comunque essere letto anche da un altro punto di vista e cioè come una tendenza che vede una diminuzione dei consensi di Chavez. Basti ricordare che nelle elezioni precedenti, nel 2006, il presidente aveva ottenuto il 63% dei voti e qui siamo al 54%. Questo fa pensare a un’erosione lenta ma progressiva dei consensi, a tutto vantaggio di un’opposizione che, in queste elezioni, esce certamente sconfitta, ma con un risultato non deludente.
D. – Per quanto riguarda le sfide del presidente, molti sono i problemi interni del Venezuela...
R. – Il Venezuela è un Paese in cui c’è una certa crescita economica in ripresa dopo alcuni anni di crisi, ma c’è anche un’inflazione galoppante, un debito pubblico fuori controllo ed è soprattutto un Paese dove l’insicurezza è elevatissima: c’è criminalità e girano molte armi. Si calcola che su 29 milioni di abitanti ci siano 17 milioni di armi da fuoco, quasi tutte illegali. Queste sono sfide che riguardano tutta la popolazione e quindi è nell’interesse del presidente Chavez affrontarle soprattutto in questo mandato, che adesso davvero diventerà lunghissimo. Alla fine di questa scadenza, infatti, saranno quasi 20 anni di potere ininterrotto.
D. – Da più parti, si ribadisce che Chavez lavora all’integrazione dell’America Latina, ma il Venezuela è considerabile come un attore principale in questo senso oppure sta lavorando ad un altro livello?
R. – L’integrazione latinoamericana prosegue indipendentemente da Chavez, nel senso che negli ultimi anni sono stati fatti passi verso un’abolizione dei dazi doganali. Non siamo ancora a un livello paragonabile a quello dell’Unione Europea, non si parla di moneta unica. Tuttavia, certamente il continente latinoamericano è più integrato che dieci o quindici anni fa e questo avviene con il traino, più che del Venezuela, del Brasile. Il Venezuela – Chavez in particolare – è capofila di una coalizione più piccola, che raccoglie Paesi come la Bolivia, l’Ecuador, il Nicaragua, che hanno leader che somigliano a Chavez dal punto di vista delle proposte politiche, da un lato certamente populiste e, dall’altro, comunque attente maggiormente ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione.
D. – Sul fronte internazionale, rimane l’asse con Cuba e la posizione di favore che Chavez ha assunto nei confronti dell’Iran. Questo ha più volte creato tensione con gli Stati Uniti. Come leggere queste posizioni?
R. – Nel caso di Cuba, c’è questo tentativo del Venezuela di fare entrare l’isola nel proprio ambito d’influenza, anche economica. Con l’Iran, l’impressione è che davvero sia una mossa da leggere più in chiave antiamericana. Sappiamo quanto Chavez cerchi sempre di sottolineare la sua distanza dall’amministrazione statunitense. E in questioni di geopolitica, essere amico del nemico è un po’ un messaggio che si dà all’interlocutore, che in questo caso appunto è Washington.
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