Il primo ministro britannico, David Cameron e Alex Salmond, primo ministro indipendentista scozzese hanno firmato ieri ad Edimburgo l'accordo per indire entro il 2014 un referendum sull'indipendenza della Scozia.
Radio Vaticana - Si tratta solo dell’ultimo caso di richiesta di secessione, che segue le istanze indipendentiste della Catalogna, delle Fiandre e della Baviera. Cosa sta succedendo, insomma, in Europa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Federiga Bindi, titolare della cattedra Jean Monnet presso l’Università Tor Vergata di Roma: ascolta
R. – Sembra che la gente pensi che “piccolo è bello” e non si renda conto che invece già i Paesi – Stati nazionali – europei sono piccoli e impotenti di fronte alla crisi globale; essere ancora più piccoli diventa pericoloso; è un’illusione, insomma, quella di pensare di fare meglio!
D. – Anche perché noi ci troviamo in un momento in cui la storia ci racconta che anche dal punto di vista economico, più si è globalizzati, meglio è …
R. – Assolutamente: si è globalizzati, punto. C’è poco da fare. E quindi, è meglio farsene una ragione e lavorare con il vento a favore – se vogliamo – piuttosto che con il vento contro.
D. – Un’Europa che si divide al suo interno, si indebolisce ulteriormente – ad esempio di fronte alle politiche economiche che ci mettono sullo stesso piano – rispetto a grandi Paesi che in questi ultimi anni sono entrati come attori principali dell’economia, come la Cina e l’India. Queste divisioni interne, quanto influiscono poi sui rapporti con questi Stati?
R. – Non voglio pensare a quello che potrebbe essere un’Unione Europea invece che a 27 – presto 28 –, a 36-37: sarebbe uno stillicidio, ma soprattutto ci sarebbe l’impossibilità di decidere.
D. – Molti osservatori parlano di questi fenomeni come di un riflesso diretto di un crescente sfasamento tra problemi europei e politiche nazionali. Qual è la sua idea?
R. – Io credo che ci sia uno sfasamento tra politica e cittadini, e questo si riflette ovunque. In questo contesto, chi è meno cittadino del mondo pensa che chiudersi nel proprio angolo protegga di più piuttosto che esporsi, non rendendosi conto che in realtà è proprio essendo piccoli che si è più esposti.
D. – Tra la Scozia, le Fiandre, l’Italia e la Germania, qual è la situazione oggettivamente più preoccupante?
R. – Credo quella delle Fiandre, dopo il voto dello scorso fine settimana. Anche perché qui c’è una lunga storia di revanchismo, anche violento, e quindi sarà interessante vedere cosa succederà, adesso che i nazionalisti hanno preso anche Anversa.
D. – In molti casi sono piuttosto i politici che vogliono proporre queste istanze secessioniste, mentre i cittadini non sono d’accordo. In Scozia, ad esempio, il 60-70 per cento della popolazione non sarebbe d’accordo con la secessione. Quindi, anche in questo caso c’è una divisione?
R. – Spesso sì: il discorso più estremista viene dai politici e poi i cittadini non confermano. Si pensi anche il referendum sulla permanenza nell’Unione Europea dell’Inghilterra. Bisognerà però vedere come andrà la crisi mondiale, in questo periodo: se questo farà soffiare il vento sul fuoco della secessione o meno …
Radio Vaticana - Si tratta solo dell’ultimo caso di richiesta di secessione, che segue le istanze indipendentiste della Catalogna, delle Fiandre e della Baviera. Cosa sta succedendo, insomma, in Europa? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Federiga Bindi, titolare della cattedra Jean Monnet presso l’Università Tor Vergata di Roma: ascolta
R. – Sembra che la gente pensi che “piccolo è bello” e non si renda conto che invece già i Paesi – Stati nazionali – europei sono piccoli e impotenti di fronte alla crisi globale; essere ancora più piccoli diventa pericoloso; è un’illusione, insomma, quella di pensare di fare meglio!
D. – Anche perché noi ci troviamo in un momento in cui la storia ci racconta che anche dal punto di vista economico, più si è globalizzati, meglio è …
R. – Assolutamente: si è globalizzati, punto. C’è poco da fare. E quindi, è meglio farsene una ragione e lavorare con il vento a favore – se vogliamo – piuttosto che con il vento contro.
D. – Un’Europa che si divide al suo interno, si indebolisce ulteriormente – ad esempio di fronte alle politiche economiche che ci mettono sullo stesso piano – rispetto a grandi Paesi che in questi ultimi anni sono entrati come attori principali dell’economia, come la Cina e l’India. Queste divisioni interne, quanto influiscono poi sui rapporti con questi Stati?
R. – Non voglio pensare a quello che potrebbe essere un’Unione Europea invece che a 27 – presto 28 –, a 36-37: sarebbe uno stillicidio, ma soprattutto ci sarebbe l’impossibilità di decidere.
D. – Molti osservatori parlano di questi fenomeni come di un riflesso diretto di un crescente sfasamento tra problemi europei e politiche nazionali. Qual è la sua idea?
R. – Io credo che ci sia uno sfasamento tra politica e cittadini, e questo si riflette ovunque. In questo contesto, chi è meno cittadino del mondo pensa che chiudersi nel proprio angolo protegga di più piuttosto che esporsi, non rendendosi conto che in realtà è proprio essendo piccoli che si è più esposti.
D. – Tra la Scozia, le Fiandre, l’Italia e la Germania, qual è la situazione oggettivamente più preoccupante?
R. – Credo quella delle Fiandre, dopo il voto dello scorso fine settimana. Anche perché qui c’è una lunga storia di revanchismo, anche violento, e quindi sarà interessante vedere cosa succederà, adesso che i nazionalisti hanno preso anche Anversa.
D. – In molti casi sono piuttosto i politici che vogliono proporre queste istanze secessioniste, mentre i cittadini non sono d’accordo. In Scozia, ad esempio, il 60-70 per cento della popolazione non sarebbe d’accordo con la secessione. Quindi, anche in questo caso c’è una divisione?
R. – Spesso sì: il discorso più estremista viene dai politici e poi i cittadini non confermano. Si pensi anche il referendum sulla permanenza nell’Unione Europea dell’Inghilterra. Bisognerà però vedere come andrà la crisi mondiale, in questo periodo: se questo farà soffiare il vento sul fuoco della secessione o meno …
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