mercoledì, novembre 14, 2012
Si è chiuso, con l'elezione del nuovo Comitato centrale, il 18.mo congresso del Partito comunista cinese. L'assise ha dato il via al ricambio di tutto il gruppo dirigente. Massimiliano Menichetti: ascolta

Radio Vaticana - Xi Jinping, destinato ad essere eletto nelle prossime ore segretario generale del partito comunista al posto di Hu Jintao, e il suo vice Li Keqiang, sono saliti tra gli applausi, questa mattina, sull'enorme palco allestito nella Sala dell' Assemblea del Popolo, a Pechino, per la chiusura dei lavori del congresso del Partito comunista. La cosiddetta “quarta generazione” di leader, che per dieci anni ha guidato il Paese insieme a Hu Jintao, quindi lascia la scena politica. Se tutto andrà come previsto, in primavera, Xi sostituirà Hu Jintao anche come presidente della Repubblica popolare.

Il nuovo Comitato centrale ha da oggi 204 nuovi membri effettivi, 170 quelli supplenti scelti da 2270 delegati. Adesso si terrà l’elezione del nuovo Ufficio politico, che sceglierà i membri del proprio Comitato permanente, considerato il vero attore del potere politico della seconda economia al mondo.

Ma chi è Xi Jinping? Lo abbiamo chiesto a Giovanni Battista Adornino, docente di relazioni internazionali all’Università di Torino, esperto di storia, istituzioni e politica della Cina: ascolta

R. – Xi Jinping è un funzionario del Partito comunista cinese, con grande esperienza di governo a livello locale; è per così dire un figlio d’arte, nel senso che suo padre è stato uno dei grandi che hanno fatto la rivoluzione con Mao: in questo senso viene definito un “principe rosso”, cioè l’erede di una famiglia di potere, inserita nei gangli vitali del funzionamento del Partito della Repubblica popolare dagli anni ’30, quindi prima ancora che Mao riuscisse a prendere il potere. In questo vediamo una tendenza, che è importante rilevare, cioè come la progenie di grandi veterani della rivoluzione che portò Mao al potere, che portò il partito al potere, ora rappresenti una forza non coesa, perché lottano tra di loro, ma predominante all'interno del sistema politico cinese.

D. – Quali sono i cambiamenti tra l’era Hu Jintao e quella di Xi Jinping?

R. – Hu Jintao ha svolto un’attività di consolidamento. La precedente gestione, che era del presidente Jiang Zemin, era stata una gestione che ha portato, fino al 2002, una fortissima crescita economica. Hu Jintano e Wen Jiabao sono riusciti a portare avanti questa crescita economica tra il 2002 e il 2012, in due mandati da cinque anni. Quello che però non hanno saputo, o forse non hanno voluto fare, è stato avviare delle dinamiche di evoluzione del sistema politico, che lo rendessero più trasparente, più partecipativo e quindi più stabile. Ora, quello che ci si attende è che Xi Jinping avvii un processo di riforme delle istituzioni e del sistema politico. Il fatto però che Xi Jinping erediti un’economia un po’ meno forte, in un contesto internazionale molto compromesso, non renderà semplice iniziare un percorso di riforme, perché le riforme sono tanto più agevoli quanto più il contesto è favorevole.

D. – Negli ultimi mesi, si sono viste delle contestazioni nelle piazze cinesi: chi sono queste persone?

R. – Vediamo molte proteste, sì, nelle piazze locali o nelle aree rurali, su problemi contingenti: la terra, la costruzione di una nuova strada, di un impianto chimico e così via. Non vediamo grandi proteste anti-sistema.

D. – C’è chi dice che in piazza ci sia anche la classe media: è così?

R. – No. La classe media, come la chiamiamo noi, è oggi introiettata dentro il partito. All’inizio degli anni 2000, con un’operazione che, per una realtà che ancora si chiama Partito comunista fu straordinaria, Jiang Zemin modificò i principi di rappresentanza, che una volta portava contadini, soldati, operai, mentre da quel momento in poi si aprì anche a quelle che vengono chiamate “le istanze avanzate dell’economia”, ovvero gli imprenditori. Il Partito, con questa operazione, volle far sì che gli imprenditori non fossero un potenziale luogo di opposizione, ma invece fossero leali ad un partito che li rappresentava. Quindi, in realtà, questa “classe media” emergente o ceto medio è, di fatto, un vincitore, dalla gestione del partito. Chi ha perso sono i 200 milioni di lavoratori emigranti, che devono cercare lavoro e lasciare casa. Chi ha perso sono gli uomini giovani che non trovano mogli, perché la politica del figlio unico ha creato una dinamica demografica a sfavore delle ragazze. Chi ha perso sono i contadini che hanno un tenore di vita molto basso e non possono lasciare la terra, perché sono ancorati legalmente a strumenti di residenza, che non consentono loro di andarsene. Tutti costoro non stanno nelle piazze e per la verità non stanno neanche nelle città. E il partito questo lo sa.

D. – Quali sono quindi le sfide principali che il Paese dovrà affrontare?

R. – Alcune sono sfide supercontingenti. Noi abbiamo un’economia europea che va rallentando: tenete presente che l’Unione Europea è il primo mercato di esportazione per la Cina. Anche gli Stati Uniti hanno una crescita molto modesta e sono un altro mercato fondamentale. La domanda quindi è: a chi vendono i prodotto cinesi, se gli europei e gli americani non li comprano? Quindi - primo punto - la Cina ha come sfida quella di modificare l’impianto del suo sistema economico, meno orientato alle esportazioni e più orientato al consumo all’interno. Secondo: la Cina ha bisogno di continuare a essere un attore internazionale rassicurante e in questo momento i segnali sono diversi, perché la crescita dell’acquisto agli armamenti è enorme, perché le tensioni con il Giappone, con le Filippine, nel Sudest asiatico sono diventate più gravi. Inoltre, se la Cina deve essere un Paese davvero “stakeholder” di questo sistema internazionale, deve attingere alle sue forze intellettuali profonde, molte delle quali in questo momento sono tacitate, perché il partito teme la loro capacità critica. Quando Liu Xiaobo vinse il Premio Nobel per la pace – io ero là – i cinesi mi chiesero, mentre parlavo con funzionari governativi di alto livello: “Cosa ne pensi”? E io dissi: “Tenete presente che il giorno che voi riuscirete come popolo a sprigionare le vostre energie intellettuali più liberamente, farete una seconda trasformazione del mondo, così come sprigionando le vostre energie economiche ne avete fatta una prima”. 

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