La popolazione civile sta pagando il prezzo più alto e la diplomazia langue
La lunga lista di attentati contro obiettivi civili compiuti dall’Esercito Siriano Libero (ESL) dimostra che i ‘target’ dell’opposizione armata non sono costituiti solo da obiettivi militari: nell’obiettivo ci sono anche giornalisti, scrittori, politici, scienziati, attori e finanche sportivi. E’nel mirino chiunque abbia espresso critiche verso la rivoluzione o nel passato sia stato in qualche modo legato al governo. Più che un anelito di libertà, a ispirare queste esecuzioni sembra sia un odio settario.
Le cronache testimoniano che le violenze stanno aumentando specialmente verso i cristiani. In una recente intervista di Sussidiarionet , Piero Gheddo, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere, dice: “Ci sono notizie provenienti da più parti della Siria di uccisioni di cristiani. Stiamo assistendo ad una vera e propria pulizia etnica”. Basta leggere la cronaca di questi ultimi giorni per averne contezza: mentre l’esercito governativo (accusato di usare indiscriminatamente la forza aerea nei centri abitati) combatte i ribelli, appare evidente che molte azioni eseguite dall’ESL non sono dirette solo contro l’esercito governativo ma direttamente contro la popolazione di serie “B”, cioè i pro-Assad, e anche contro i cristiani, accusati di essere neutrali e quindi, a torto, conniventi con il regime. I patriarcati cattolici riferiscono che è in atto un vero ‘pogrom’ realizzato con la confisca della casa e dei beni, ma spesso anche con la morte : solo nell’ultima settimana 10 cristiani sono stati sequestrati dai miliziani dell'ESL tra i passeggeri di un bus, a Deir Ezzor ed Aleppo sono state bruciate chiese, ad Homs è stato colpito il convento dei gesuiti, in un sobborgo di Damasco un’autobomba in un quartiere cristiano ha ucciso 47 persone e ne ha ferite 41, il 30 ottobre è stato torturato ed ucciso il sacerdote ortodosso Fadi Jamil Haddad, rapito mentre mediava per il rilascio di altri parrocchiani sequestrati. Secondo la chiesa ortodossa siriana e l’agenzia vaticana ‘Fides’ i combattenti rivoluzionari hanno espulso circa 50.000 cristiani dalla sola città di Homs. Tale cifra è ritenuta rappresentativa di circa il 90% dei cristiani residenti. Anche Human Right riferisce che le milizie si sono macchiate di violenze, abusi, torture.
L’opera di evacuazione forzata dei cristiani a Homs è stata completata alcuni giorni fa. L’agenzia vaticana Fides ha riferito dell’uccisione dell’ultimo cristiano rimasto a Wadi Sayeh, uno dei quartieri più centrali di Homs. Il 27 ottobre un cecchino delle milizie ribelli ha atteso che scendesse in strada per colpirlo a morte. Elias Mansour, cristiano-ortidosso di 84 anni, non aveva voluto romanticamente lasciare la città per rimanere nella sua casa, per non lasciare i suoi ricordi e prendersi cura del figlio disabile. Poco prima del suo assassinio aveva detto che se i ribelli fossero arrivati avrebbe ricordato loro i dieci Comandamenti e le Sacre Scritture. Nonostante i rappresentanti dell’opposizione armata abbiano detto di non voler monopolizzare il potere ma di sostenere uno stato democratico, non si vede come simili azioni possano portare alla sua realizzazione.
L’adozione della guerriglia urbana ha spostato gli scontri nelle città, ma questa tattica è ora criticata dagli stessi sostenitori della ribellione, perché soprattutto provoca devastazione e un maggior numero di vittime civili. Tuttavia il giornale britannico Guardian riferisce che nei loro recenti dibattiti Romney e Obama, d’accordo su pochissime cose, concordano invece che “le sanzioni devono essere aumentate, e deve aumentare il sostegno per l'opposizione armata , mentre le armi devono andare solo ai in moderati”. Non vi è alcuna menzione di un cessate il fuoco, né delle iniziative dell'ONU, né della mediazione di Brahimi, né di una soluzione politica. Questa posizione rispecchia purtroppo quella della comunità internazionale, almeno di quella che conta. La linea decisa da Europa, Stati Uniti e paesi del Golfo dopo i ripetuti veti russo e cinese ad un intervento militare diretto ‘stile Libia’ non ha privilegiato la diplomazia. Anziché sostenere l’opposizione moderata che ha rifiutato la lotta armata, sono stati espulsi gli ambasciatori siriani e sono falliti sul nascere tutti i tentativi riconciliazione e di mediazione. Sono state invece adottate iniziative parallele che hanno discreditato l’ONU e che hanno galvanizzato la guerriglia, sicura di un intervento NATO imminente. Quest’atteggiamento si è tradotto sin dall’inizio in azioni concrete di supporto politico, finanziario e militare. Tenendo conto invece della fallimentare esperienza irachena, si sarebbe dovuta considerare la pericolosità di incoraggiare e mettere in atto processi di cui è difficile prevede gli esiti, ma così non è stato.
Le conseguenze sono terribili: i campi profughi in Libano, Giordania, Iraq e Turchia s’infoltiscono di giorno in giorno di gente che fugge, mentre il numero delle vittime cresce. I generi di prima necessità, già scarsi per il conflitto, con l’embargo sono diventati introvabili e quelli ancora reperibili hanno prezzi vertiginosi che li rendono inaccessibili per la maggior parte della popolazione.
Dire queste cose oggi è impopolare e criticare non le motivazioni della protesta ma la sua attuazione pratica è quasi proibito. Chi suggerire la ragionevolezza e la riconciliazione secondo gli accordi di Ginevra rischia di essere tacciato come pro-Assad. Ognuno insomma considera la parte rivale una malattia da distruggere, ma non si accorge che, accanendosi sulla malattia, il corpo, quello che dovrebbe essere l’oggetto delle cure, è moribondo. Finora ha prevalso l’insensatezza, ma l’unica vera via d’uscita resta una soluzione politica che preveda una transizione democratica, magari succedanea ad una riforma delle istituzioni statali; deve essere quindi avviato un processo politico in cui tutte le componenti sociali siano rappresentate. Se così non fosse le conseguenze materiali si farebbero sentire a lungo, la concordia tra le componenti della variegata società siriana sarebbe sempre più una chimera e la libertà e la democrazia occasioni perdute.
di Patrizio Ricci
La lunga lista di attentati contro obiettivi civili compiuti dall’Esercito Siriano Libero (ESL) dimostra che i ‘target’ dell’opposizione armata non sono costituiti solo da obiettivi militari: nell’obiettivo ci sono anche giornalisti, scrittori, politici, scienziati, attori e finanche sportivi. E’nel mirino chiunque abbia espresso critiche verso la rivoluzione o nel passato sia stato in qualche modo legato al governo. Più che un anelito di libertà, a ispirare queste esecuzioni sembra sia un odio settario.
Le cronache testimoniano che le violenze stanno aumentando specialmente verso i cristiani. In una recente intervista di Sussidiarionet , Piero Gheddo, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere, dice: “Ci sono notizie provenienti da più parti della Siria di uccisioni di cristiani. Stiamo assistendo ad una vera e propria pulizia etnica”. Basta leggere la cronaca di questi ultimi giorni per averne contezza: mentre l’esercito governativo (accusato di usare indiscriminatamente la forza aerea nei centri abitati) combatte i ribelli, appare evidente che molte azioni eseguite dall’ESL non sono dirette solo contro l’esercito governativo ma direttamente contro la popolazione di serie “B”, cioè i pro-Assad, e anche contro i cristiani, accusati di essere neutrali e quindi, a torto, conniventi con il regime. I patriarcati cattolici riferiscono che è in atto un vero ‘pogrom’ realizzato con la confisca della casa e dei beni, ma spesso anche con la morte : solo nell’ultima settimana 10 cristiani sono stati sequestrati dai miliziani dell'ESL tra i passeggeri di un bus, a Deir Ezzor ed Aleppo sono state bruciate chiese, ad Homs è stato colpito il convento dei gesuiti, in un sobborgo di Damasco un’autobomba in un quartiere cristiano ha ucciso 47 persone e ne ha ferite 41, il 30 ottobre è stato torturato ed ucciso il sacerdote ortodosso Fadi Jamil Haddad, rapito mentre mediava per il rilascio di altri parrocchiani sequestrati. Secondo la chiesa ortodossa siriana e l’agenzia vaticana ‘Fides’ i combattenti rivoluzionari hanno espulso circa 50.000 cristiani dalla sola città di Homs. Tale cifra è ritenuta rappresentativa di circa il 90% dei cristiani residenti. Anche Human Right riferisce che le milizie si sono macchiate di violenze, abusi, torture.
L’opera di evacuazione forzata dei cristiani a Homs è stata completata alcuni giorni fa. L’agenzia vaticana Fides ha riferito dell’uccisione dell’ultimo cristiano rimasto a Wadi Sayeh, uno dei quartieri più centrali di Homs. Il 27 ottobre un cecchino delle milizie ribelli ha atteso che scendesse in strada per colpirlo a morte. Elias Mansour, cristiano-ortidosso di 84 anni, non aveva voluto romanticamente lasciare la città per rimanere nella sua casa, per non lasciare i suoi ricordi e prendersi cura del figlio disabile. Poco prima del suo assassinio aveva detto che se i ribelli fossero arrivati avrebbe ricordato loro i dieci Comandamenti e le Sacre Scritture. Nonostante i rappresentanti dell’opposizione armata abbiano detto di non voler monopolizzare il potere ma di sostenere uno stato democratico, non si vede come simili azioni possano portare alla sua realizzazione.
L’adozione della guerriglia urbana ha spostato gli scontri nelle città, ma questa tattica è ora criticata dagli stessi sostenitori della ribellione, perché soprattutto provoca devastazione e un maggior numero di vittime civili. Tuttavia il giornale britannico Guardian riferisce che nei loro recenti dibattiti Romney e Obama, d’accordo su pochissime cose, concordano invece che “le sanzioni devono essere aumentate, e deve aumentare il sostegno per l'opposizione armata , mentre le armi devono andare solo ai in moderati”. Non vi è alcuna menzione di un cessate il fuoco, né delle iniziative dell'ONU, né della mediazione di Brahimi, né di una soluzione politica. Questa posizione rispecchia purtroppo quella della comunità internazionale, almeno di quella che conta. La linea decisa da Europa, Stati Uniti e paesi del Golfo dopo i ripetuti veti russo e cinese ad un intervento militare diretto ‘stile Libia’ non ha privilegiato la diplomazia. Anziché sostenere l’opposizione moderata che ha rifiutato la lotta armata, sono stati espulsi gli ambasciatori siriani e sono falliti sul nascere tutti i tentativi riconciliazione e di mediazione. Sono state invece adottate iniziative parallele che hanno discreditato l’ONU e che hanno galvanizzato la guerriglia, sicura di un intervento NATO imminente. Quest’atteggiamento si è tradotto sin dall’inizio in azioni concrete di supporto politico, finanziario e militare. Tenendo conto invece della fallimentare esperienza irachena, si sarebbe dovuta considerare la pericolosità di incoraggiare e mettere in atto processi di cui è difficile prevede gli esiti, ma così non è stato.
Le conseguenze sono terribili: i campi profughi in Libano, Giordania, Iraq e Turchia s’infoltiscono di giorno in giorno di gente che fugge, mentre il numero delle vittime cresce. I generi di prima necessità, già scarsi per il conflitto, con l’embargo sono diventati introvabili e quelli ancora reperibili hanno prezzi vertiginosi che li rendono inaccessibili per la maggior parte della popolazione.
Dire queste cose oggi è impopolare e criticare non le motivazioni della protesta ma la sua attuazione pratica è quasi proibito. Chi suggerire la ragionevolezza e la riconciliazione secondo gli accordi di Ginevra rischia di essere tacciato come pro-Assad. Ognuno insomma considera la parte rivale una malattia da distruggere, ma non si accorge che, accanendosi sulla malattia, il corpo, quello che dovrebbe essere l’oggetto delle cure, è moribondo. Finora ha prevalso l’insensatezza, ma l’unica vera via d’uscita resta una soluzione politica che preveda una transizione democratica, magari succedanea ad una riforma delle istituzioni statali; deve essere quindi avviato un processo politico in cui tutte le componenti sociali siano rappresentate. Se così non fosse le conseguenze materiali si farebbero sentire a lungo, la concordia tra le componenti della variegata società siriana sarebbe sempre più una chimera e la libertà e la democrazia occasioni perdute.
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