lunedì, novembre 19, 2012
Proseguono senza sosta i raid israeliani su Gaza e i lanci di razzi di Hamas in territorio ebraico: nella sola mattinata di oggi sono circa 13 i palestinesi uccisi, tra cui un bambino di 5 anni e una donna.  

Radio Vaticana - Finora, in sei giorni di violenze, sono morti 86 palestinesi e tre israeliani. L’Alto rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, si è detta preoccupata ed ha auspicato una soluzione a lungo termine per la regione che preveda due Stati. Il conflitto, intanto, sta provocando quasi esclusivamente vittime civili, tra cui molti bambini. Benedetta Capelli ha parlato con Claudette Habesch, direttrice di Caritas Gerusalemme:

R. – The situation in Gaza has become very difficult. … La situazione a Gaza è diventata molto difficile. Si continuano ad uccidere esseri umani, e questo senza motivo! C’è un’altra soluzione, c’è un’altra via: non la guerra a Gaza!

D. – Qual è l’impegno di Caritas Gerusalemme in questa zona ormai segnata dal conflitto?

R. – Caritas is very busy now, contacting the hospitals. … La Caritas, in questo momento, è impegnata a mantenere il contatto con gli ospedali. Abbiamo un centro medico a Gaza, una clinica mobile in grado di raggiungere sei zone diverse di Gaza. Gli ospedali, insieme al nostro centro medico, hanno lanciato un appello per chiedere medicine, disinfettanti perché ci sono centinaia di feriti già ricoverati negli ospedali. Le strutture sono stracolme di feriti, ma noi dobbiamo poter fornire agli ospedali il materiale di cui hanno bisogno. Abbiamo già comprato gran parte dei medicinali necessari che abbiamo potuto trovare a Gaza; nel frattempo, la Caritas ha lanciato un appello d’emergenza a tutta la rete Caritas, affinché si possa continuare a Gaza la nostra importante opera.

D. – Negli ultimi giorni c’è stata questa grande offensiva e purtroppo tra le vittime ci sono tanti bambini. C’è un progetto preciso a cui Caritas Gerusalemme sta pensando per aiutare quei bambini che sono rimasti traumatizzati dai bombardamenti?

R. – Our children have been traumatized all through, not only today. … I nostri bambini sono traumatizzati da sempre, non è cosa di oggi. Purtroppo, oggi ancora di più perché i bombardamenti non fanno differenza tra un bambino, una donna e gli esseri umani in generale. Sì, i nostri bambini sono traumatizzati ma la Caritas ha già avviato un programma sociale a Gaza per assisterli; abbiamo intenzione di impegnare ancora più assistenti. Il problema più grande che abbiamo incontrato in questi ultimi due-tre anni con i bambini traumatizzati è stato raggiungere quei bambini ai quali sono stati amputati gli arti. Lavoriamo in stretto contatto con un’organizzazione che produce le protesi appositamente per loro. La Caritas sostiene questi bambini non solo perché procura loro le protesi, ma anche perché attraverso i suoi assistenti sociali accompagna i bambini e le mamme, a loro volta profondamente colpite.

D. – Lei è una cristiana palestinese. Cosa sente di dire in questo momento di grande difficoltà del suo popolo?

R. – I am a Palestinian, I am very proud of my identity as Palestinian, and I am … Sono palestinese. Sono orgogliosa della mia identità palestinese, e sono cristiana in Terra Santa, sono cristiana della Chiesa madre e sono molto orgogliosa della mia identità di cristiana. Ma non bisogna dimenticare che noi siamo un popolo unico, e noi cristiani siamo parte integrante della popolazione palestinese. Quello che colpisce il mio fratello musulmano, colpisce anche me, che sono cristiana; colpisce l’intera popolazione. Ma noi come cristiani sappiamo anche di avere un ruolo particolare, quello di testimoniare il messaggio di Cristo, il messaggio di amore e di perdono. E questa è la ragione per cui quando rendiamo un servizio, lo rendiamo a tutti i figli di Dio, senza alcuna discriminazione.


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